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Brad Mehldau
Cavea, Auditorium Parco della MusicaRoma - 05.07.2009
C'ha pensato Brad Mehldau a far luce sulla Cavea dell'Auditorium dopo che, un istante prima del suo ingresso sul palco, l'ultimo raggio di sole di una domenica equatoriale aveva mollato la presa su Roma.
Il pianismo di Mr. Mehldau è messo a fuoco fin dalla prima nota, calibrato e lucido nella sua intenzione. Mehldau è determinato nel ribadire concetti e tangenti di un pensiero jazzistico che vola oltre gli steccati e le catalogazioni, forte di una tecnica pressoché infallibile e capace di emozionare grazie alle maniere e alla spontaneità espressiva tipica dei più grandi.
Sulle tribune il tempo sembra essersi fermato, non vola una mosca, l'aria è tersa e il silenzio è rotto solo dagli applausi decisi che il pubblico, composto e attento, gli riserva tra un brano e l'altro. La strategia del pianista di Jacksonville è semplice e comprensibile nei modi, quanto alta e difficile nello sviluppo. Mostra il tema in apertura, senza sotterfugi e mezzi termini, ne sbriciola le strutture fino a comprometterle seriamente, salvo poi recuperare il tutto a colpi di fantasia cristallina. Il suo approccio ai brani è molto ritmico, mentre suona muove le spalle e il busto quasi come in un ballo sensuale; l'occupazione dello spazio sonoro è totale, ma mai in eccesso; il pianoforte è chiamato a restituirgli vibrazioni importanti, tensioni e melodie che si alternano fino a creare una linea musicale inebriante.
Difficile trovare un artista in grado come lui di far coabitare Gershwin e i Massive Attack - a proposito dei quali ci regala una rilettura di "Tear Drop" che ha del sensazionale, probabilmente il passaggio più ispirato della serata -, il blues e gli standard in un unico discorso, che non fa una piega e apre a un'infinità di soluzioni sostenibili.
Un'ora di concerto di bellezza folgorante, di intensità rara, al termine del quale sulle labbra di Mr. Mehldau si leggono dei ripetuti "Thank You". Il pianista lascia spazio all'esibizione della Parco della Musica Jazz Orchestra, le lancette riprendono a scandire il tempo.
Foto di repertorio di Roberto Cifarelli e Danilo Codazzi, in ordine di pubblicazione
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