Nicole Mitchell’s Ice Crystal: Aquarius

La formazione, specialmente per l'abbinamento di flauto e vibrafono, non può che evocare riferimenti precisi, sonorità liriche e taglienti al tempo stesso, che rimandano a Eric Dolphy e Bobby Hutcherson e in generale a tutto quell'ambito di ricerca tra tradizione e rottura dei parametri formali che ha trovato le migliori declinazioni, negli anni Sessanta, in alcune delle pagine più memorabili del catalogo Blue Note.

La scelta dei compagni d'avventura è azzeccata, specie per la presenza di Jason Adasiewicz al vibrafono e di una coppia ritmica telepatica come quella composta da Joshua Abrams al contrabbasso e Frank Rosaly alla batteria.

Si avverte così sin dalle prime note di "Aqua Blue" una grande attenzione ai rapporti tra gli elementi strutturali del tema, angoloso ma capace di sapienti sospensioni, mentre l'ostinato sgocciolio del vibrafono che apre "Today, Today" è quasi una pioggerella danzante sui riflessi delle cui pozzanghere la Mitchell si lancia in un assolo semplice e bellissimo. Nel brano conclusivo, accorata dedica al compianto Fred Anderson, c'è anche la voce di Calvin Gantt a offrire un momento di poesia civile.

Piace e funziona la flessibilità delle strutture, riconoscibili e forti, ma mai prevaricanti, anche se non mancano momenti in cui prevale l'astrazione, come nella splendida "Diga Diga". Piace in particolar modo l'equilibrio tra danzabilità e ricerca, tra sensualità e tessiture apollinee, piace il dialogo con la tradizione giocato sotto il profilo di un rispetto che non è mai imitazione, ma che è stimolo continuo. Piace il disco di Nicole Mitchell, uno di quelli che - se non fosse comodo a qualcuno ergersi a difensore della "purezza" e a altri trovare identità in una perenne avanguardia che ha perso spesso di urgenza - sarebbe il perfetto disco "mainstream" dei nostri giorni. All'AACM l'hanno capito da decenni... nel resto del mondo mica tanto.

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