John King: Allsteel

All'attacco Allsteel ci fa pensare a Derek Baley, o a un certo Pat Metheny in preda agli incubi e ai rimorsi di coscenza... Stiamo comunque calmi, grazie al quartetto amplificato Ethel incline all'improvvisazione, ma pratico di terreni misti si riescono a vivere situazioni le più varie all'interno dello stesso brano, unite però nell'ascolto da una tensione che non scende mai, nemmeno nei momenti più pacati.

Laddove la dinamica non è esasperata intervengono a tenere alto l'interesse contrasti armonici e timbrici molto particolari. Suoni tirati a lungo con l'archetto mescolati a pizzicati amplificati e rarefatti si alternano a cascate di note frantumate e ad andamenti lenti ed ostinati. Ritmi convulsi localmente frastagliati creano il terreno adatto a "colpi" di violino notevoli.

La percezione di una certa coerenza di fondo, ascrivibile in parte all'ottima interpretazione, ci segnala oltretutto l'assenza di silenzio durante tutto il brano.

Un blues lento e quasi minimalista introduce il secondo brano certo in una cornice più tranquilla che lascia spazio e anche tempo per sortite improvvisate del quartetto che apprezziamo ancora nella seconda parte in un clima decisamente diverso e più nervoso.

L'ultima composizione originariamente commissionata dal Kronos Quartet offre ancora e stimola, in un contesto complesso ed elettrizzato, libertà espressiva ed interpretativa ai musicisti che non mancano di farsi valere. Nel finale però, sotto influssi rock e neoclassici, il compositore sembra quasi cedere ed è abile poi nel fermarsi prima di crollare...

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