Drew Gress: 7 Black Butterflies

Niente affatto, se l’ensemble in questione è formato da alcuni dei musicisti più avventurosi e iconoclasti del jazz newyorchese.

Perché nelle nove tracce dell’album, tutte ad opera del contrabbassista di Trenton, NJ, lo swing è più che altro filosofia interpretativa e non tanto regolare e coinvolgente scansione metrica. E’ un filo rosso sottile, a volte impalpabile, sotterraneo, spesso portato in superficie e imbrigliato da accidenti, improvvise deviazioni, inaspettate diramazioni.

Mentre il suono orchestrale non arriva tanto dalla pienezza della massa sonora o dalla ricchezza degli strumenti, quanto da una occupazione strategica dello spazio, da una magmatica tessitura timbrica e da sofisticati intrecci delle linee melodiche nei quali i nostri si rivelano veri maestri. Basti ascoltare come la tromba spiritata di Ralph Alessi ed il sax ipnotico di Tim Berne siano in grado di alimentare una tensione crescente, conservando il lirismo dell’esecuzione e rispettando gli equilibri formali delle composizioni.

Quella contenuta in 7 Black Butterflies è musica densa, viscosa con un riuscito dosaggio tra scrittura e improvvisazione, un lirismo quasi old fashioned associato ad una spregiudicata esuberanza armonica. E‘ un disco che rappresenta bene una certa visione della musica improvvisata e mette in risalto la personalità di Gress, miracolosamente in bilico tra passato e futuro.

Anche se sembra mancare quel colpo d’ala, quell’invenzione geniale necessaria a trasformare un’ottima incisione in un disco memorabile...

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