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101 micro-lezioni di jazz

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101 micro-lezioni di jazz

di Filippo Bianchi

22 publishing

Questo ottimo volumetto, edito dalla milanese 22 publishing, infila pazientemente, nel solido filo di una collana lunga e sapientemente arrotolata, ben 115 perle di saggezza che ci aiutano, per via spesso indiretta, a capire il mood, e se volete anche il mondo, del jazz. Un mondo che si è materializzato nel secolo scorso ma che non vuole saperne di scomparire dalle nostre vite, anche in momenti drammatici e brutali, come quelli che stiamo vivendo.

Le perle sono 115 perché Filippo Bianchi, in un afflato di generosità, si è concesso 14 alternate takes che si vanno ad aggiungere alle canoniche 101 micro-lezioni indicate dal titolo. E ha fatto bene, perché di perle di saggezza non se ne dovrebbe avere mai abbastanza.

La frase di James Sallis (scrittore americano che si sposta elegantemente dal giallo raffinato alla musica più ruvida e verace), posta in testa alla prefazione di Filippo Bianchi (direttore di Musica Jazz, produttore, critico, ispiratore e quando serve fustigatore), dice già tutto: "We are the things that happen to us, the people we've known, nothing more" (Siamo quello che ci accade, le persone che abbiamo conosciuto, niente di più).

E spesso delle persone che abbiamo conosciuto direttamente o indirettamente, ci rimangono dentro, come viatico per interpretare le situazioni che ci apprestiamo a vivere, poche frasi, pochi episodi, una sintesi brillante che coglie il loro prezioso contributo e lo cristallizza nel nostro bagaglio di esperienze.

Esattamente questo è il ruolo che possiamo assegnare a queste 115 micro-lezioni, micro-contributi, micro-esperienze, micro-riflessioni. Dove il prefisso micro non segnala assolutamente un piccolo valore, ma indica semplicemente una benedetta grande capacità di sintesi.

Non è un caso che le frasi più lapidarie e cariche di suggestioni siano proprio quelle degli artisti più importanti (Miles Davis, Thelonious Monk, Charles Mingus, Gil Evans, Duke Ellingtn, Charlie Parker, Bill Evans). Quando ci spostiamo nel territorio dei critici la tendenza è invece quella di allargarsi sia come lunghezza che come fumosità. Non ne siamo sorpresi.

Le scelte di Filippo Bianchi sono molto ben calibrate e vengono assistite da un ottimo lavoro grafico di Pier Paolo Pitocco che sa aggiungere ulteriori spunti di riflessione attraverso un lettering sempre ben selezionato e attraverso immagini suggestive e raffinate che alternano sapientemente il bianco e nero al colore.

Non possiamo chiudere senza citare l'anonimo che ha chiesto a Paolo Fresu: "Ma il jazz le note le ha?". God bless you, amico mio...

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