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10 album
ByAA.VV.
Tropicália: ou Panis et Circensis
Philips, 38'38"
Sorta di battesimo/manifesto del cosiddetto tropicalismo, vede all'opera tutti insieme (o separati, o a coppie) Gilberto Gil, Caetano Veloso, Tom Zé, Nara Leão, Os Mutantes e Gal Costa, tutti più o meno agli albori della carriera. A parte Tom Zé (classe 1936), si va infatti dai sedici anni (sic) di Sergio Baptista (Os Mutantes) ai ventisei di Gil e Veloso, destinati a diventare negli anni punti di riferimento della musica non solo brasiliana.
Beatles
White Album
EMI Apple, 93'43" (doppio)
Trenta canzoni su quattro facce di LP; fra esse "Dear Prudence" e "Honey Pie," "Blackbird" e "Rocky Raccoon," "Julia" e un paio di "Revolution". L'opera più monumentale (anche se magari non la più celebrata, ma comunque lì vicino) dei Fab Four, freschi reduci dall'India. Fra le curiosità, il fatto che in alcuni brani alla batteria sieda Paul McCartney (Ringo se n'era andato in vacanza in Sardegna...). Com'è arcinoto, il titolo - sedicente - deriva dal colore della copertina (di Richard Hamilton): altrimenti sarebbe stato, molto semplicemente, The Beatles.
Cream
Wheels of Fire
Polydor, 84'23" (doppio)
Alla vigilia dello scioglimento (ultimo concerto il 26 novembre '68), la premiata ditta Clapton, Bruce & Baker sforna questo ambizioso doppio album (sessionman di lusso Felix Pappalardi), metà in studio e metà dal vivo (con due brani oltre il quarto d'ora, fatto per l'epoca alquanto anomalo), a mettere in chiaro una volta di più quanto ciascuno sia "re" del proprio strumento. E forse proprio per questo destinato a separarsi dagli altri.
Fabrizio De Andrè
Volume 3
Bluebell, 27'19"
Sei brani preesistenti ("Marinella," "La ballata dell'eroe," "Amore che vieni amore che vai," "La guerra di Piero," "Il testamento" e "La ballata del Miché") e quattro nuovi (tutti "derivativi," a partire dai Brassens del "Gorilla" e "Nell'acqua della chiara fontana") compongono questo album, breve quanto succoso: buona parte del miglior De André d'antan vi dimora infatti senza tema di smentite.
Jimi Hendrix Experience
Electric Ladyland
Polydor, 75'28" (doppio)
Da molti ritenuto il capolavoro di Hendrix, comprende sedici brani, alcuni brevissimi, altri frutto di live sessions in studio che arrivano al quarto d'ora, come "1983" e soprattutto "Voodoo Chile" (da non confondersi con la quasi omonima "Voodoo Child," pure presente). Ci sono poi "Crosstown Traffic," "All Along the Watchtower" di Bob Dylan, "Gipsy Eyes," di cui pare siano state registrare oltre cinquanta takes, ecc. Celebre il polverone sollevato dalla copertina inglese (qui riprodotta), diversa da quella americana, presto censurata e quindi ritirata.
Jethro Tull
This Was
Crysalis / Island, 37'31"
Opera prima del gruppo diretto da Ian Anderson, piuttosto blueseggiante, specie per la presenza, alla chitarra, di Mick Abrahams (che se ne andrà di lì a poco), senza dimenticare il mai sconfessato amore di Anderson per Roland Kirk (di cui compare "Serenade to a Cuckoo"), né quelle reminiscenze folk che rimarranno una costante nella produzione dei Jethro Tull DOC. Da citare, ancora, brani quali "Beggar's Farm," "Song for Jeffrey" e "Christmas Song".
Pink Floyd
A Saucerful of Secrets
Columbia, 38'48"
Decisamente più radicale dell'inaugurale The Piper at the Gates of Dawn (1967), vede ancora all'opera, sia pure a singhiozzo (in vari frangenti lo rimpiazza già Dave Gilmour), il genio malefico di Syd Barrett. I due brani trainanti sono "Set the Controls for the Heart of the Sun" e la titletrack, entrambi ripresi (ampliati) l'anno seguente nella sezione live in Ummagumma, vertice dello sperimentalismo targato Pink Floyd e non solo.
Ravi Shankar
The Sounds of India
Columbia, 53'40"
Fra Monterey '67 (anno in cui pubblica la bellezza di cinque LP!), Woodstock '69 e il Concert for Bangla Desh del '71, a cui lo invita l'amico George Harrison, Ravi Shankar, oggetto di culto anche nel jazz (com'è noto fin dal '65 Coltrane chiama Ravi il figlio futuro sassofonista), inserisce in questo album (in trio con tabla e tambura, icone della musica indiana quasi quanto il suo sitar) cinque, per lo più ampi, brani, che danno la misura del suo indiscusso magistero. Uno dei suoi capolavori. Prodotto da George Avakian.
Karlheinz Stockhausen
Prozession
Candide, 49'08"
Del più incidente, fra i "colti," sui fermenti sessantottini (con John Cage), ecco una pagina per sestetto prevalentemente elettronico-percussivo di cui fa parte lo stesso autore (all'epoca quarantenne). Messa a punto nel maggio '67 e piuttosto aleatoria, la composizione vanta diverse altre esecuzioni, precedenti e successive, a loro volta documentate su disco.
Frank Zappa & Mothers of Invention
We're Only in It for the Money
Verve, 37'12"
Consueto crogiuolo/ricettacolo di stili, umori e input diversi, vede il geniaccio di Baltimora parafrasare (o decisamente parodiare?) il St. Pepper beatlesiano, fin dalla copertina (in cui compare anche Jimi Hendrix). Finito con larghezza nel tritacarne della censura, l'album offre versioni differenti di svariati brani ("Who Needs the Peace Corps?," "Concentration Moon," "Absolutely Free," "Let's Make the Water Turn Black," "Mother People") a seconda dell'edizione. Il recupero del tutto avverrà solo a partire dal 1986.
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