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The Studio Recordings of the Miles Davis Quintet, 1965-68 (Keith Waters - Oxford University Press)
di Keith Waters
Oxford University Press
Le trecento pagine di questo volume del professore Keith Waters (insegna Teoria della Musica e Composizione alla Università del Colorado) ci consentono di ripercorrere l'intera opera in studio di uno dei gruppi più noti e più interessanti di tutta la storia del jazz. Stiamo parlando del quintetto di Miles Davis nella sua incarnazione più nota, quella con Wayne Shorter, Herbie Hancock, Ron Carter e Tony Williams. Il quintetto iniziò la sua attività discografica nel 1965 con l'ingresso di Wayne Shorter e la terminò nel 1968, con l'apertura verso gli strumenti elettrici e con l'arrivo di Chick Corea e Dave Holland al posto di Herbie Hancock e Ron Carter. Non a caso le sostituzioni coinvolgevano proprio quella parte della strumentazione che passò progressivamente dalla versione acustica a quella elettrica.
Waters analizza in maniera esaustiva buona parte delle registrazioni in studio del quintetto, aggiungendo anche l'analisi delle alternate takes che negli ultimi anni si sono rese disponibili nei vari cofanetti che la Sony Legacy ha immesso sul mercato. Vengono corretti errori nelle trascrizioni che compaiono nei vari Fake Books, vengono analizzate frasi musicali, progressioni armoniche, arrangiamenti, modulazioni ritmiche. Ma soprattutto viene messo a nudo il modus operandi di uno dei più grandi quintetti che il jazz ha mai espresso. In particolare vengono analizzati i brani degli album ESP, Miles Smiles, Sorcerer, Nefertiti, Miles in the Sky e Filles de Kilimanjaro.
L'analisi di Waters è lucida e ben argomentata, anche se la magia di questo manipolo di musicisti, guidati da un leader carismatico dotato di un magnetismo straordinario, rimane per l'appunto il tratto fondamentale di una manifestazione artistica spesso misteriosa e inesplicabile. Però dopo aver letto questo ottimo testo ne possiamo certamente sapere di più e possiamo certamente apprezzare ancora meglio quello che le nostre orecchie, il nostro cuore, la nostra anima hanno già identificato come musica raffinata, di gradissimo spessore artistico, di eccellenti capacità espressive. Una vera cura per gli sconquassi interiori che la realtà quotidiana ci sta riservando.
In qualche modo, leggendo questo libro, poniamo le basi per capire meglio anche la successiva svolta elettrica di Miles, anche se per comprendere appieno questo non bastano le analisi musicologiche basate sulle trascrizioni della musica stessa, ma vanno aggiunte le considerazioni di scenario che sono indispensabile per situare nel modo corretto qualsiasi forma artistica. Sarebbe molto interessante avere un libro ben realizzato, come questo, anche per i 7 anni successivi (1969-1975), con analisi approfondite, brano per brano, di tutta la produzione del Miles elettrico. Magari, tanto per cominciare, basterebbero anche i tre anni iniziali (1969-1971). Un sogno? Chissà, magari gli amici Enrico Merlin e Veniero Rizzardi possono cominciare a farci un pensierino, visto che su Bitches Brew si sono già portati avanti...
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