Home » Articoli » Interview » Taylor Haskins: Fiato alla tromba!
Taylor Haskins: Fiato alla tromba!
ByTaylor Haskins si sta costruendo qualcosa di più di una semplice carriera nel panorama jazzistico, grazie alla sua abilità come musicista e alla naturalezza con cui suona la tromba. Ha un tono forte e deciso, delle solide basi e l'apporto di numerose influenze, che lo fanno sentire a proprio agio ed eccellere in una moltitudine di stili, e che lo portano a cimentarsi in svariati progetti. Oltre a farsi notare come solista, lo si è visto esibirsi nel recente passato con personaggi del calibro di Richard Bona, Guillermo Klein, Jamie Baum, nonché con la Big Band di Dave Holland.
E si è anche fatto conoscere nell'ambito della musica per la pubblicitàjingles e altre forme di musica digitale per importanti campagne pubblicitariecosa che rappresenta ancora la voce più i mportante delle entrate di Haskins.
Il musicista trentottenne, originario del New Hampshire, calca le scene sin dalla fine degli anni Novanta, ma è solo di recente che si è focalizzato su quest'aspetto più "nobile" della sua carriera. Sta trovando una sua collocazione. E una sua precisa caratterizzazione.
In American Dream (Sunnyside Records, 2010), il suo terzo album da leader, Haskins ci regala una serie di brani relativamente brevi rispetto al solito, che durano due o tre minuti al massimo, e un pezzo relativamente lungo, intorno agli otto minuti; il che tutto sommato dà un senso di originalità. Questi brani si rifanno ad alcuni aspetti del mondo di oggi: l'esaurimento, la distruzione e l'abbandono. Affrontano anche il concetto che Haskins ha dell'idealequalcosa che difficilmente accadràe la tenace capacità che la mente ha di ricordare.
La tromba di Haskins, sia tradizionale sia elettrificata, si insinua con intelligenza in questi aspetti cogliendone gli umori cangianti. E l'uso della tromba elettrica non deve stupire poiché Haskins considera Miles Davis il suo principale ispiratore, specialmente il Miles elettrico.
Va detto che il modo di suonare di Haskins non è quello tipico, un po' ostentato e provocatorio, di chi ha studiato musica classica all'Università del New Hampshire e si è poi trasferito a New York per studiare alla Manhattan School of Music. "Cerco di usare la tromba come una voce," dice Haskins, che è pure un abile tastierista e che nel disco utilizza anche la melodica. "L'unica differenza è che è il mio corpo che produce il suono. Secondo me, chiunque suoni uno strumento sta in realtà cercando di cantare. È una specie di sostituto della voce. Questo è il mio scopo. Non suonare lo strumento in sé, ma trascenderlo. Cantare, non suonare. Esattamente come riesce a fare Joe Lovano. Lui canta. Fa musica, solo musica, non importa in quanti suonino. È uno dei miei preferiti."
Inoltre non gli importa granché esprimersi usando i canoni tipici del Jazz. Certo sa farlo, e lo fa. Ma, "Non so davvero se posso definirmi un musicista Jazz." dice Haskins. "Certo, in pratica lo sono. L'ho fatto nei miei lavori per la pubblicità, e ho avuto l'opportunità di esplorare molti stili differenti. E in fondo, tutto contribuisce alla mia musica. Penso che il Jazz ne sia solo un aspetto."
"Essendo il mio terzo disco, mi fa pensare a una specie di ciclo ternario," prosegue Haskins. "In un certo senso è stato catartico. Questo progetto è nato dopo aver finito un progetto che uscirà a Dicembre [2010; Recombination, 19/8 Records]. È un progetto che guarda avanti, che pensa positivo. Un lavoro elettro-acustico. Dopo averlo completato, mi son reso conto che non rappresentava ciò che sentivo, ma più che altro come avrei voluto sentirmi. Così prima di andare oltre, dal punto di vista musicale, ho sentito di dover far qualcosa [American Dream] per esorcizzare il senso di oscurità che aleggiava. Tutti i sentimenti contrastanti che provavo riguardo a ciò che accadeva nel Paese. Tutti quei problemi che avevamo.
"Dovevo far qualcosa che riflettesse ciò che stavo vivendo," conclude Haskins. "È partito tutto da lì. Da un punto di vista specifico e molto personale. Ho allargato gradualmente lo sguardo per avere una panoramica di quello che l'America è, per capire cosa sia questo sogno che ci hanno messo davanti agli occhi come la classica carota per 50 anni e più. Cosa abbia rappresentato e cosa ne pensasse la gente. Un sogno è qualcosa che per definizione non accade. Un'illuminazione che ho avuto non appena ho cominciato a rifletterci su. È ovvio, lampante. Lo chiamano il Sogno Americano. I sogni son sogni. Si dice il Mondo dei Sogni, no? Sogno e Realtà, due mondi che non si possono incontrare. Ci hanno preso in giro. E volevo farlo sapere nel miglior modo che conosco: con la musica."
Riguardo alla durata di alcuni pezzi, sono deliberatamente brevi. "Ultimamente ho una capacità di concentrazione abbastanza ridotta. Che è anche nella natura della nostra cultura. Volevo riuscire a concentrarmi su specifiche emozioni in ogni brano, e per farlo basta poco tempo. Per esporre un'idea invece ti serve più tempo. Molti dischi Jazz sviluppano variazioni sul tema, e quindi si allungano, il che non è negativo, anzi. Ma in questo progetto volevo essere molto conciso, tutto qui."
"Invocation: American Dream" è un brano di apertura etereo, nel quale Haskins suona basandosi su un ritmo delicato ma persistente. La sua tromba spicca grazie a una linea melodica molto calma, sottolineata dalla chitarra di Ben Monder. Concisa ma raffinata. "Theme from 'Dead Man,'" un brano di Neil Young, vede Monder e Haskins suonare intrecci all'unisono su di un tema da film. "Secondo me quel film incarna esattamente il messaggio che cerco di trasmettere con questo disco," dice Haskins.
Anche "Mustangs (Steve McQueen)" potrebbe essere usato come colonna sonora; e in effetti nasce proprio da lì, come conferma lo stesso Haskins, che dice: "mi sono ispirato alla sequenza dell'inseguimento del film del 1968 Bullitt [in quella scena il protagonista, interpretato da Steve McQueen, guidava una potente Ford Mustang GT]. Sono un grande fan di Lalo Schifrin [che compose la colonna sonora del film], adoro il suo modo di comporre. È una mia grande aspirazione, un'aspirazione nascosta, quella di comporre colonne sonore, prima o poi. Mi stavo concentrando su quella scena, e mi rimase impressa. La sua perentorietà. Cercavo di catturare quella sensazione in maniera molto astratta. E mentre ci provavo, capii il motivo dell'importanza di quella sequenza nel contesto dell'intero film: rappresentava esattamente l'animo di Steve McQueen in quel preciso momento. Un momento di estrema tensione, che veniva mantenuta e sostenuta. E volevo esplorare quella sensazione."
"Black Boxes" risente dell'influsso del Miles elettrico. Un semplice, querelante esordio di tromba in sordina, e a mano a mano che la musica assume corpo e intensità, l'irruzione impetuosa della chitarra di Monder. Con l'impeto del rock, con tanto di distorsioni e spigolosità. Il suono di Haskins è squillante, ma conserva un tono diverso da quello della maggior parte delle trombe elettriche; battute acute, ma quasi orchestrali. ("Suono usando un pedale distorsore e un phaser," sottolinea.)
"Quella musica mi ha molto influenzato," dice Haskins parlando del Miles di quel periodo. "Devo ammettere che è la mia musica preferita. Se deste un'occhiata alla mia libreria di brani su iTunes, vedreste che quelli più ascoltati sono tutti di Miles, dal '67 al '75. Ma mi piace anche la musica elettrica successiva. Un'influenza notevole, certamente. Cerco di non renderla totalmente palese. Anche se talvolta è inevitabile incappare in qualcosa già fatto da altri... Adoro ascoltarlo. Si trasforma in qualcos'altro. Nel disco Get Up With It (Columbia, 1974), ad esempio, mi fa impazzire quel suo modo di usare il wah-wah che camuffa la tromba. La tromba non serve in quel disco, non è necessariamente un disco per tromba. È quest'altra cosa. E in quel disco gli riesce proprio bene."
Si può pensare che "The Ballad of Michael Jackson" sia una cosa funky, ma non è così. Haskins suona meravigliosamente in questa ballad leggera, dimostrando una melodiosità deliziosa, e altrettanto vale per Monder. "Pensavo alle vecchie ballate Western. Una canzone per onorare le azioni di qualcuno che conosci bene. Per descriverlo e per riassumerlo. Adoro Michael Jackson. È il mio idolo, sin da quando ero bambino. Per un certo periodo non l'ho più seguito, ma l'ho sempre apprezzato," dice Haskins. "Certi suoi pezzi sono incredibili. Volevo tributargli l'onore che si merita, e ho scritto questa ballad. Facendo del mio meglio per onorarlo con la musica,e per incarnare alcuni dei sentimenti che cercava di comunicare."
Il contrabbassista Ben Street e il batterista Jeff Hirschfield danno il loro contributo prezioso in ogni brano. Ritmi delicati e atmosfere cangianti, un accompagnamento superbo che lascia Haskins libero di esprimersi.
"Mi piace come è venuto, anche se non sapevo bene cosa farci appena finite le sessioni. Ma conosco questi musicisti da così tanto tempo e so quanto bene suonano... Così ho composto tenendo conto del loro modo di suonare e immaginando il risultato finale. Ed è andato tutto liscio fino al momento di registrare, ero convinto che sarebbe stata una cosa veloce. Un giorno in studio e via, pensavo. In realtà non è bastato. È passato un mese, e abbiamo fatto un'altra giornata in studio. Insomma, due giorni molto intensi riascoltando questa musica, senza prove, e alla fine è andata alla grande."
Il primo strumento di Haskins fu il pianoforte, non la trombaa quattro anni provava a suonare la musica che ascoltava in televisione. Ironia della sorte, il primo pezzo che riuscì a suonare fu un jingle della McDonald's. "Ricordo che non vedevo i tasti, riuscivo a sentirne il bordo e li schiacciavo. E destino volle che a 27 o 28 anni mi mettessi a scrivere musica per spot pubblicitari, e il primo pezzo che riuscii a vendere fu proprio per McDonald's."
Cominciò a prendere lezioni di piano a cinque anni, e intorno ai dieci iniziò con la tromba. Vinse borse di studio che gli permisero di frequentare scuole di musica di grado crescente, così da perfezionarsi. Ma il giovane Haskins non si può definire un grande ascoltatore di Jazz né alla radio né alla TV. Comprò due audiocassette al centro commerciale, un'offerta "due al prezzo di una". Una degli Aerosmith, l'altra con i grandi successi di Miles Davis.
"Le ho ascoltate fino a consumarle, suonandole sul mio stereo portatile mentre giocavo a pallacanestro nel vialetto di casa. Gli Aerosmith erano molto famosi, e quindi li conoscevo e sapevo molto di loro. Ma su Miles Davis, dato che Internet ancora non c'era, sapevo poco o nulla. E così fu finché non andai al college. Imparai qualcosa al liceo, ma cose molto superficiali, stereotipate, ma niente di approfondito."
Maynard Ferguson fu un altro che lo influenzò molto, ma "al college mi ero fissato con Miles. Con quel nastro. Che conteneva un po' di tutto. Un paio di brani del suo periodo elettrico, un paio degli anni Cinquanta. C'era un brano tratto da Decoy (Columbia, 1984), 'What It Is.' Lo suonavo in continuazione, perché era molto simile alla musica che mi prendeva allora, il Progressive Rock, i Genesis, i Rush eccetera. Per me è stato un passaggio graduale."
Da Davis, passò a John Coltrane e poi a chitarristi come Pat Metheny. E Wynton Marsalis, che ai tempi si dedicava al crossover tra Classica e Jazz. "Stavo studiando tromba classica e i primi rudimenti del jazz, e quindi mi influenzò parecchio."
Alla Manhattan School of Music, incontrò lo straordinario trombettista Lew Soloff. "È un grande. Ha una conoscenza incredibile dello strumento. Il tipo di cose che volevo imparare allora. Io suono a istinto. Non ho una profonda educazione formale. Anzi, lo studio mi costa molta fatica, all'inizio. Ma dopo un po' ci ritorno su, correggendo gli errori che faccio mentre affino la tecnica, seguendo i consigli degli altri. O recupero alcuni concetti e li faccio miei. Ma in generale, lo studio non mi ha aiutato granché. Specie le cose dogmatiche. 'Ripeti questo esercizio più e più volte, e vedrai che riuscirai.' Non faceva per me. Ero affascinato dal metodo 'Carmine Caruso,' secondo cui era tutta una questione di calistenia. Concentrarsi sulla respirazione, su come usarla al meglio. Il che ha senso, no? Un metodo davvero efficace."
Dopo la laurea, cominciò a lavorare a New York. "Cominciai a suonare negli spettacoli di Broadway, sostituivo gli assenti qua e là. Ero sempre alle prove delle band. La prima grande occasione fu con Maynard Ferguson. Durò solo un paio di mesi. Ma essere chiamato a suonare con lui fu una cosa davvero speciale per me. E suonare con lui, anche solo per un paio di mesi, fu davvero grande. Poi iniziai a suonare con la band di Maria Schneider quando si esibiva al Visiones [un club di New York]. E questo mi fece incontrare molte persone interessanti, e mi feci un nome, il che mi aiutò parecchio."
Ma sempre alla fine degli anni Novanta si presentò un'altra occasione.
"Un semplice annuncio sul New York Times. E prima di allora non avevo mai guardato gli annunci di lavoro sul New York Times. Cercavano qualcuno che trascrivesse brani MIDI, e mi sembrava una cosa interessante. Così risposi all'annuncio e cominciai a lavorare alla trascrizione in MIDI di canzoni famose. E la compagnia stava anche cominciando a scrivere software musicale che componesse musica a partire da algoritmi; lo pubblicizzavano come una specie di creazione musicale basata sull'intelligenza artificiale. E andò in porto. Era un progetto affascinante. Cominciai a lavorarci su, e scoprii che la ditta che finanziava il progetto era la tomandandy, una grande casa di produzione per jingle pubblicitari di New York. E fu così che entrai in contatto con loro. Per un colpo di fortuna. Perché entrarci è davvero difficilissimo altrimenti.
"Ci ho lavorato a tempo pieno per quattro o cinque anni. Molte delle persone con cui lavoravo hanno fondato la propria casa di produzione, perciò da allora ho lavorato come freelance per molti amici. È un bel lavoro, e puoi farlo da casa," dice Haskins, che è sposato e ha un figlio di quattro mesi, col quale passa moltissimo tempo. "È un vero spasso. ... Lavorarci a tempo pieno era abbastanza pesante, perché talvolta dovevi interagire direttamente con i clienti, sentire le loro opinioni sulla tua musica e cercare di spiegargliela in termini a loro comprensibili. Una cosa abbastanza tediosa. E anche impegnativa. È meglio adesso, lavorando da casa."
A differenza di molti jazzisti, Haskins non insegna musica, per cui i progetti legati agli spot costituiscono una parte importante del suo reddito. "Sono stato in giro a lungo, e fino a non molto tempo fa, con Richard Bona. E continuavo a scrivere per gli spot. Ma ora ho smesso di andare in giro e ho ripreso il lavoro nella pubblicità. È comodo, perché è un'attività che non interferisce con le esibizioni. Che non si limitano alla tromba. Capita spesso di non poter chiamare qualcuno a suonare con te, e quindi suono anche la chitarra, il contrabbasso e la batteria, o quantomeno le preparo come base." Ha scritto e prodotto musica per clienti quali Diet Coke, Diet Pepsi, Target, AT&T, Buick, Smirnoff e MasterCard, Bounty, LL Bean, Canon, così come musiche per stazioni televisive. Ha anche composto dei brani per piccole case di produzione cinematografiche indipendenti. "È stato tramite la tomandandy, che produceva anche quello. Si erano occupati anche della colonna sonora di Killing Zoe (1993), scritto e diretto da Roger Avery. Ogni tanto s'imbattevano in qualche regista mezzo matto... così capitava di scrivere musica assurda che non ci aspettavamo potesse piacere ad anima viva, figuriamoci usarla in un film. Ma alla fine se ne faceva comunque qualcosa. Da allora, ho fatto un paio di cosette, musica per cortometraggi e pellicole indipendenti."
Ma il sogno nel cassetto è comporre per un grande film.
"Accarezzo l'idea di comporre la colonna sonora per un film sin dai tempi del primo Guerre Stellari, nel 1978. Quella musica era come un'ossessione. Proprio allora cominciavo a suonare la tromba, e ce ne sono di trombe in quella colonna sonora!"
Oltre a tutte le altre attività, Haskins si dedicò alla musica Jazz con crescente successo. Nel 2003 pubblicò il suo album d'esordio, Wake Up Call (Fresh Sound/New Talent). E realizzò anche dischi in collaborazione con altri musicisti. E veniva chiamato a suonare da musicisti famosi, come la volta che Dave Holland lo volle nella sua Big Band. "Fu una grande opportunità. Non sapevo se la mia carriera nel Jazz sarebbe proseguita o meno," ricorda. "Mi divertivo molto, suonavo con la band di Guillermo Klein, quando ancora era poco conosciuto. Facevamo anche cose non per i soldi, ma solo per il piacere di suonare, e mi andava bene così. Un po' di Jazz, un po' di musica per gli spot. Ma poi mi chiamò Dave Holland e mi chiese se volessi andare in tour con la sua Big Band. Fu una risposta ai miei dubbi, mi fece recuperare la giusta prospettiva, stavo componendo troppo per gli spot e mi dedicavo poco alla tromba. Insomma, ritrovai il giusto equilibrio."
Haskins suona nel disco Overtime (Dare2, 2005), che è valso un Grammy alla Big Band.
E ora continua a esibirsi nella Grande Mela con musicisti quali Baum, Andy Rathbun e Alan Ferber. "Sono stato abbastanza impegnato con la tromba," dice Haskins.
A dicembre uscirà un disco nel quale suona con Monder, Henry Hey, Todd Sickafoose e Nate Smith. "È una cosa elettro-acustica," commenta Haskins. "E durante l'inverno registrerò altri pezzi con il mio American Dream Quartet. Sto andando incontro a un periodo molto intenso, e l'attività legata alla pubblicità rimarrà in secondo piano. ma sono contento, non farei a cambio. E d'altro canto non ho la pazienza necessaria per insegnare. Quindi ho trovato la cosa migliore da fare."
Intanto guarda già al prossimo album, e "Proprio adesso sto cominciando a pensare al prossimo progetto."
Discografia Selezionata
Taylor Haskins, American Dream (Sunnyside Records, 2010)
Richard Bona, Bona Makes You Sweat (Universal, 2008)
Guillermo Klein, Filtros (Sunnyside, 2008)
Taylor Haskins, Metaview (Fresh Sound, New Talent, 2006)
Dave Holland Big Band, Overtime (Dare2, 2005)
Taylor Haskins, Wake Up Call (Fresh Sound, New Talent, 2003)
Guillermo Klein, Los Gauchos 3 (Sunnyside, 2003)
Andrew Rathbun, True Stories (Fresh Sound, New Talent, 2001)
Foto di Chris Drukker, Hekli Andi, e Catherine Ross, per gentile concessione di Taylor Haskins
Tags
Comments
PREVIOUS / NEXT
Support All About Jazz
