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Stefano Zenni: Storia del Jazz. Una prospettiva globale
Dopo anni di "egemonia" del classico manuale di Polillo, i lettori italiani si ritrovano nel giro di pochi mesi con due storie del jazz nuove di zecca sugli scaffali delle librerie. Di quella di Shipton tradotta da Einaudi abbiamo già parlato e in quella sede avevamo anticipato che non sarebbe rimasta da sola per molto: ecco infatti giungere, per Stampa Alternativa, il lavoro di Stefano Zenni, musicologo e firma che i lettori italiani conoscono bene.
Sin dal titolo è esplicitata la prospettiva "globale" con cui Zenni affronta un secolo [e più] di jazz, in un disegno culturale di vasta portata che la musicologia afroamericana più avanzata già pratica da tempo, ma che finora non aveva trovato - specialmente nel nostro paese - una sistematicità di questa portata. Ecco dunque che il discorso di Zenni ingloba con naturale necessità il ruolo della danza, della musica stampata, dell'apporto dei compositori, della radio, nell'articolato sviluppo storico e linguistico del jazz. In questo disegno un bel po' di luoghi comuni vengono demoliti con argomentazioni convincenti, lasciando così il giusto spazio al jazz europeo e extra-americano in genere, tratteggiando con asciutta efficacia i percorsi artistici dei grandi maestri [di cui vengono elencati e analizzati i capolavori, pur in mancanza di una discografia consigliata in appendice] e fornendo chiavi essenziali per la comprensione di tanti stili e epoche.
Il libro integra dichiaratamente il precedente lavoro di Zenni per Stampa Alternativa, I segreti del jazz, a cui si fa spesso riferimento per gli aspetti più specificamente linguistici e si pone certamente come punto di riferimento per chiunque voglia accostarsi con strumenti nuovi alla storia del jazz. E preziosissime sono le tabelle e i diagrammi che funzionano da mappe di orientamento nel testo, in un vero e proprio affresco a molti colori che scorre come lettura, ma che diventa presto prezioso oggetto di consultazione.
Se qualche appunto si può muovere al lavoro, ma si tratta di dettagli, si deve rivolgere alla parte cronologicamente più vicina a noi: Zenni pone nei confronti delle tendenze più recenti una distanza corretta dal punto di vista storico, ma spiace un po' che un osservatore acuto e aggiornato come lui non abbia voluto dare conto in modo più approfondito delle tante contraddizioni [creativamente stimolanti] che stiamo vivendo in questi anni. E forse, dato che comunque le cinquecento pagine sono abbondantemente superate, si poteva lasciare un po' più di briglia alla facondia dell'autore nell'impastare narrativamente - la fortuna di Polillo passò anche da qui - gli aspetti umani di tante vicende artistiche.
Benvenuta prospettiva globale. Difficile che d'ora in avanti chi è curioso del jazz possa non tenerne conto!
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