Newyorchese, settant'anni compiuti da pochi mesi, Phil Markowitz si è fatto le ossa accanto a Chet Baker per poi legare il suo nome soprattutto a Dave Liebman. Il classico pianista accompagnatore? Sì e no, perché se è vero che, come molti colleghi di strumento, eccelle nel far risaltare le doti del solista che occupa il centro della scena, è anche vero che la sua personalità di leader ha avuto modo di precisarsi in pochi (cinque, prima di questo, salvo errori) quanto calibrati album, di cui quest'ultimo, riflesso di una remota performance solitaria datata 9 maggio 2006 all'Auditorium Parco della Musica di Roma, costituisce un po' la quintessenza, la quadratura del cerchio.
La partenza ("Sweet and Lovely") è scintillante, a testimoniare un approccio solido, deciso, compatto, alla tastiera, peraltro sempre dall'alto di una capacità di saper sfruttare le varie sfumature, i vari registri espressivi, dello strumento, tutto ciò che ce lo fa definire un pianista enciclopedico, forse persino riepilogativo, nel senso che molto del pianismo succedutosi nel corso dei decenni trova nel fluireappuntoenciclopedico del suo un riscontro assolutamente pieno, vivace, testimonianza di una forte tensione verso lo strumento e la sua storia.
In quest'ora e venti abbondante di musica si ha quindi la gioia, la gratificazione, di poter ascoltare qualcosa che magari non ci sorprende ma ci illumina e ci appaga, fra standard celebratissimi e (molte) pagine originali, il tutto miscelato in un cocktail assolutamente calibrato, equilibrato, brillante, ricco di carica vitale, che sa peraltro esprimersi anche attraverso ripiegamenti verso atmosfere più parsimoniose, liquide, riflessive. Un'utilissima lezione di pianoforte jazz.
Track Listing
CD 1:
Sweet and Lovely; Eaves / Beloved; Off by One; Sno' Peas Variations.
CD 2:
Mahoning; City Verticals; In a Sentimental Mood / Spring Is Here; What's New; Forgiveness.
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Ecumenico ma (abbastanza) esclusivo, non sopporta la musica – e l’arte in generale – di routine, rassicurante e dozzinale, preferendo, se proprio deve, il brutto all’inutile. Un ideale spaccato dei suoi amori musicali (che non si limitano al jazz; e più o