Bolt: Shuffle

Improvvisazione totale per quartetto: ecco quanto ci offre questo album, seguendo una pratica assai diffusa, in cui peraltro—come per l'appunto nel caso specifico—l'ampia conoscenza reciproca dei performer favorisce la messa a punto di forme riconoscibili e, per quanto possibile, risolte.

Aiuta anche il fatto che, bene o male, la configurazione del gruppo segue geometrie sostanzialmente canoniche, con un'ancia, uno strumento armonico, un violoncello (che fa le veci del contrabbasso) e una batteria. Geograficamente, il bacino di provenienza è Boston, però con origini per i quattro musicisti—come suggeriscono i loro nomi—decisamente composite.

E la musica? Diciannove pezzi generalmente brevi (tutti sotto i quattro minuti, tranne il settimo e il decimo, che raggiungono rispettivamente i sette e gli otto), titoli lapidari (lacyani, verrebbe da dire: sarà un caso che Jorrit Dijkstra sia un po' il deus ex machina sia qui che nei Whammies, votati alla rilettura del songbook del grande sopranista?), risultati generalmente felici, pur con tutte le variabili del caso, con momenti meno intellegibili e altri più fruibili (in tal senso emblematico il dittico che comprende "Graze" e "Brace," quinto e sesto episodio del lotto).

Bene i due brani più ampi, e come tali più compiuti. Altrove può nuocere un po' l'eccessivo bozzettismo (cinque episodi stanno sotto il minuto), anche se per altri versi i continui voltapagina scongiurano l'assuefazione (quasi sempre, almeno). L'estetica è sperimentale ma senza particolari iperboli, con un'impennata (qualitativa) nel poker di brani che chiudono il CD. Tendenzialmente nitido e godibile l'intreccio timbrico della quattro voci.

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