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Sesto Jazz 2025

Courtesy Sara Lombardi
Teatro Della Limonaia
Sesto Fiorentino
7-9 marzo 2025
Come ogni anno, la Scuola di Musica Bruno Bartoletti e Music Pool portano il grande jazz a Sesto Fiorentino con le tre serate di Sesto Jazz, grazie anche alla direzione artistica di Alessandro Lanzoni, che invita i migliori musicisti incontrati sui palcoscenici internazionali.
Ad aprire il festival, venerdì 7 marzo, è stato lo straordinario pianista statunitense Danny Grissett, che si è esibito in solitudine. Cinquant'anni portati con leggerezza, collaboratore abituale di Tom Harrell, vari dischi all'attivo anche con la presenza di musicisti come Ambrose Akinmusire e Seamus Blake, il pianista ha proposto un concerto molto tradizionale, eseguendo brani originali alternati a standard da Thelonious Monk a Duke Ellington, passando per Mulgrew Miller, uno dei modelli a cui si ispiraeseguiti senza sperimentazioni o "effetti speciali," ma interpretando con molta intensità e mostrando un grande controllo della tastiera. La delicatezza del tocco, la cura delle variazioni dinamiche, le raffinate armonizzazioni, la concentrazione dell'artista stesso nel corso dell'esecuzione, assieme a un piacevole scambio verbale con il pubblico tra brano e brano, hanno in questo caso fatto la differenza tra un concerto che poteva risultare banale e uno, com'è di fatto stato, che non faceva mai cadere l'attenzione dell'ascoltatore: si sapeva benissimo dove la musica sarebbe andata a parare, ma non era mai per niente scontato come ci sarebbe arrivata. Una cosa di cui non tutti gli artisti sono capaci e che perciò ha rivelato la superiore caratura di Grissett. Quando il mainstream riesce a farsi apprezzare anche da chi non lo ami più di tanto.
Qualcosa di non molto diverso si può dire del concerto del sabato, di scena la giovane cantante Deelee Dube, in duo con il pianista Juan Galiardo. Figlia d'arte il padre Jabu Nkosi, pianista e tastierista, era uno dei musicisti della "diaspora sudafricana" in Inghilterra , la londinese Diabé è stata la prima inglese a vincere la prestigiosa Sarah Vaughan International Jazz Vocal Competition, mentre il quarantanovenne Galiardo, spagnolo di Siviglia, ha alle spalle una carriera dalle tantissime collaborazioni, tra le quali spiccano gli accompagnamenti di cantanti quali Sheila Jordan, Norma Winstone e Maria Joao. Anche in questo caso ne è scaturito un concerto molto tradizionale sia per scelta di brani, sia per modalità interpretative, che prevedevano inderogabilmente l'apertura con il tema, l'improvvisazione della cantante, quella del pianista e la ripresa conclusiva. La Dubé ha mostrato impressionanti capacità vocali, con un tono basso molto nitido e una cristallinità per tutta l'estensione, cosa che le ha concesso anche nelle improvvisazioni di lavorare soprattutto sull'espressività, dando l'impressione di una grande freschezza; dal canto suo Galiardo ha invece mostrato una componente classico-contemporanea radicata nella tradizione del suo paese che ha fatto da contrappunto alla freschezza della cantante, grazie a un accompagnamento e a degli assoli tradizionali, sì, ma anche astratti e colti. Anche stavolta, come il giorno precedente, ne è venuto fuori un concerto che certo non stupiva, ma riusciva ad affascinare e a colpire l'ascoltatore per la sua ristretta, ma ben marcata originalità.
Il concerto conclusivo, e anche quello di maggior richiamo, si è svolto la domenica ed era per così dire "fatto in casa": di scena infatti il trio composto dal direttore artistico Alessandro Lanzoni al pianoforte, Gabriele Evangelista al contrabbasso e Jeff Ballard alla batteria un artista che, come ci raccontava nella recente intervista, di fatto vive ormai proprio a Sesto Fiorentino. I tre, infatti, dopo aver avuto varie occasioni di collaborare sul territorio, hanno messo a punto assieme un vero e proprio progetto artistico che è già passato per la sala di registrazione e che vedrà l'uscita di un CD in estate. Il loro spettacolo non era perciò qualcosa di occasionale o estemporaneo, come si è infatti potuto apprezzare all'ascolto.
Il concerto è iniziato con una lunga, rarefatta e bellissima improvvisazione, che tuttavia è poi sfociata in un brano scritto, quali sono poi stati anche quelli che hanno dato vita all'ora e mezzo di musica: molti originali, perlopiù di Lanzoni, ma anche degli altri due membri della formazione, e qualche brano della storia del jazz, sempre comunque suonati con incredibile libertà e costante creatività. Quest'ultima proveniente da tutti e tre i musicisti, perché se Lanzoni ha certo figurato maggiormente grazie alla naturale dominanza del pianoforte sugli altri strumenti, l'interplay tra gli artisti è sempre rimasto stringente, così da permettere in ogni momento che ciascuno aggiungesse del suo alle trame che venivano sviluppate. Così, se il piano ha esplorato dimensioni oniriche, astratte e atonali, lasciando gli spettatori sospesi sulle onde della musica, il contrabbasso di Evangelista è rimasto costantemente in contrappunto, avventurandosi a sua volta in mirabili universi sonori durante gli assoli e uno dei brani era appunto in solitudine, cosa ch'è raro vedere in un piano trio mentre la batteria era sempre presente ora con le spazzole, ora con le bacchette che si alternavano tra pelli e spigoli per "spostare" l'universo timbrico, oltre a un paio di lunghi assolo, potenti come si conviene, ma anche variopinti e attenti all'aspetto timbrico più che a quello dinamico.
Un gran concerto, alla fine, giustamente acclamato a lungo e con i musicisti richiamati in sala due volte e felicissimi di rientrare perchécome ci ha detto lo stesso Ballard poco dopoera stato un concerto di grande ascolto reciproco, in cui si volava alto. Sperando che possa essere ascoltato spesso nei festival che vanno ad aprirsi in primavera e aspettando con interesse il disco in uscita, questo splendido trio ha intanto concluso degnamente l'edizione 2025 di Sesto Jazz, un festival piccolo nel numero di date, ma non nella qualità delle proposte.
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