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Stefano Tamborrino: Seacup
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Seacup nasce dalla profonda e sincera esigenza, da parte del batterista fiorentino Stefano Tamborrino, di allargare la propria tavolozza, i propri orizzonti espressivi e artistici, mettendo in scena un organico con quattro archi. Il contrabbasso, invece del secondo violino di un quartetto d'archi classico, compie la somma. Dal lavoro scaturisce uno Stefano Tamborrino inedito e lontano da una facile collocazione, che lavora sulla composizione, ponendosi su un crinale tra generi, stili e approcci differenti, giungendo a un risultato che non fa riferimento diretto né alla musica accademica, né agli ambiti di improvvisazione, jazz e musica di oggi che il musicista abitualmente frequenta, pur con costante originalità.
Alla prima lettura sulla carta della formazione, si potrebbe dire che è all'opera un doppio trio, con i tre archi di tradizione classica e tre strumenti tipici del jazz, come sax tenore, contrabbasso e batteria. Potrebbe essere evocato un riferimento al Double Quartet di Max Roach. Ma le possibili analogie si fermano qui, perché Tamborrino parte da questo organico per ingaggiare un proprio itinerario personale, concentrato sulla scrittura, dove gli strumenti sono trattati nell'integrazione delle proprie voci, nella costruzione di architetture coerenti a una serie di idee compositive. E dove, tra l'altro, la batteria compare raramente e in situazioni del tutto funzionali alla fisionomia compositiva.
Il musicista mette in scena questo proprio mondo segreto con ispirazione concentrata, convinta e convincente, aprendo un capitolo di assoluto interesse nella propria produzione. Mettendo in risalto ciò che osservava Joachim Berendt nel suo celebre testo Il libro del jazz: dal momento della rivoluzione bebop, il batterista diventa uno degli elementi più colti e profondi del combo. Gli esempi sono diffusi nel jazz moderno e contemporaneo, dallo stesso Roach a Tony Williams, Jack DeJohnette, fino a John Hollenbeck e Tyshawn Sorey.
In Tamborrino incontriamo solo parzialmente una scrittura fortemente impregnata dal parametro ritmico e dalle sue stratificazioni poliritmiche, polimetriche, come ci si potrebbe aspettare da un batterista. Le trame si presentano nella loro accezione più ampia, che in certe soluzioni possono ricordare il minimalismo storico, affiorante in brani quali "Arcadia," "Gamelan" e "Jakarta." Si tratta solo di episodi, delle tessere di un mosaico globale ben più ampio, dove non manca una forte ispirazione di carattere melodico, come risalta nel brano di apertura, denominato "Coda" anche per sottolineare un atteggiamento sottilmente dissacratorio e divertito.
Già in "Escher" la costruzione si tuffa in un gioco del violino che sale e scende in un avvitamento illusionistico, alla ricerca di una sintonia con il grande artista olandese cui fa riferimento il titolo del brano. Tamborrino cerca l'assimilazione, l'amalgama costante e ricco di umori, di sfumature, di chiaroscuri e di voci secondarie che affiorano fino a diventare principali. Lo stesso sax tenore di Dan Kinzelman è mimetizzato spesso nell'impasto degli archi, alla ricerca del melange più che del contrasto. Solo alcuni episodi danno evidenza a uno strumento sugli altri, come in "Purple Whales," dove all'improvviso emerge il contrabbasso di Gabriele Evangelista, con possanza che ricorda Charlie Haden.
In "Olifante / The Kinzelman" il gioco mimetico si sviluppa al massimo della potenzialità di svelamento e rimpiattino, con intermezzo ritmicamente acceso, ove compare il magistero della batteria, e una seconda parte affidata al tenore: una nota singola, lunga, percorsa da varianti timbriche e lente metamorfosi della dinamica. "Noli Me Tangere" e "Almost Jesus" ci ricordano la vena spirituale e corale che percorre tutto il lavoro. Anche qui la scrittura di Tamborrino tocca punte elevate. Grande intensità nell'intreccio delle voci incontriamo pure in "Bird Vertigo," che si risolve in una massa di ondate poderose.
A proposito di ondate: nelle note di copertina Tamborrino sottolinea che il titolo dell'album, "tazza di acqua marina," rappresenta "la sintesi di un mare interiore." Un elogio va alla formazione, che interpreta magistralmente le idee del leader.
Album della settimana.
Alla prima lettura sulla carta della formazione, si potrebbe dire che è all'opera un doppio trio, con i tre archi di tradizione classica e tre strumenti tipici del jazz, come sax tenore, contrabbasso e batteria. Potrebbe essere evocato un riferimento al Double Quartet di Max Roach. Ma le possibili analogie si fermano qui, perché Tamborrino parte da questo organico per ingaggiare un proprio itinerario personale, concentrato sulla scrittura, dove gli strumenti sono trattati nell'integrazione delle proprie voci, nella costruzione di architetture coerenti a una serie di idee compositive. E dove, tra l'altro, la batteria compare raramente e in situazioni del tutto funzionali alla fisionomia compositiva.
Il musicista mette in scena questo proprio mondo segreto con ispirazione concentrata, convinta e convincente, aprendo un capitolo di assoluto interesse nella propria produzione. Mettendo in risalto ciò che osservava Joachim Berendt nel suo celebre testo Il libro del jazz: dal momento della rivoluzione bebop, il batterista diventa uno degli elementi più colti e profondi del combo. Gli esempi sono diffusi nel jazz moderno e contemporaneo, dallo stesso Roach a Tony Williams, Jack DeJohnette, fino a John Hollenbeck e Tyshawn Sorey.
In Tamborrino incontriamo solo parzialmente una scrittura fortemente impregnata dal parametro ritmico e dalle sue stratificazioni poliritmiche, polimetriche, come ci si potrebbe aspettare da un batterista. Le trame si presentano nella loro accezione più ampia, che in certe soluzioni possono ricordare il minimalismo storico, affiorante in brani quali "Arcadia," "Gamelan" e "Jakarta." Si tratta solo di episodi, delle tessere di un mosaico globale ben più ampio, dove non manca una forte ispirazione di carattere melodico, come risalta nel brano di apertura, denominato "Coda" anche per sottolineare un atteggiamento sottilmente dissacratorio e divertito.
Già in "Escher" la costruzione si tuffa in un gioco del violino che sale e scende in un avvitamento illusionistico, alla ricerca di una sintonia con il grande artista olandese cui fa riferimento il titolo del brano. Tamborrino cerca l'assimilazione, l'amalgama costante e ricco di umori, di sfumature, di chiaroscuri e di voci secondarie che affiorano fino a diventare principali. Lo stesso sax tenore di Dan Kinzelman è mimetizzato spesso nell'impasto degli archi, alla ricerca del melange più che del contrasto. Solo alcuni episodi danno evidenza a uno strumento sugli altri, come in "Purple Whales," dove all'improvviso emerge il contrabbasso di Gabriele Evangelista, con possanza che ricorda Charlie Haden.
In "Olifante / The Kinzelman" il gioco mimetico si sviluppa al massimo della potenzialità di svelamento e rimpiattino, con intermezzo ritmicamente acceso, ove compare il magistero della batteria, e una seconda parte affidata al tenore: una nota singola, lunga, percorsa da varianti timbriche e lente metamorfosi della dinamica. "Noli Me Tangere" e "Almost Jesus" ci ricordano la vena spirituale e corale che percorre tutto il lavoro. Anche qui la scrittura di Tamborrino tocca punte elevate. Grande intensità nell'intreccio delle voci incontriamo pure in "Bird Vertigo," che si risolve in una massa di ondate poderose.
A proposito di ondate: nelle note di copertina Tamborrino sottolinea che il titolo dell'album, "tazza di acqua marina," rappresenta "la sintesi di un mare interiore." Un elogio va alla formazione, che interpreta magistralmente le idee del leader.
Album della settimana.
Track Listing
Coda; Escher; Purple Whales; Olifante / The Kinzelman; Noli Me Tangere; Bird Vertigo; Jakarta; Arcadia; Gamelan; Almost Jesus.
Personnel
Stefano Tamborrino
drumsDan Kinzelman
saxophone, tenorGabriele Evangelista
bassIlaria Lanzoni
violinKatia Moling
violaAndrea Beninati
celloAdditional Instrumentation
Stefano Tamborrino: compositions, voice, electronics, lap steel; Naomi Berrill, voice on Purple Whales.
Album information
Title: Seacup | Year Released: 2020 | Record Label: Tuk Music
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About Stefano Tamborrino
Instrument: Drums
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Giuseppe Segala
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