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Rob Mazurek Quintet
ByRob Mazurek è stato uno dei protagonisti di quella scena musicale di Chicago che, fra la seconda metà degli anni '90 e il decennio appena trascorso, ha realizzato una sorta di fusione fra il jazz più avventuroso e il rock desideroso di spingersi oltre i propri confini ordinari; una fusione - si potrebbe dire - all'insegna del post-moderno: non a caso è proprio a quel tipo di rock a cui qui si allude che stata affibbiata la famigerata etichetta di "post-rock".
Mazurek in particolare, col proprio retroterra musicale, ha concentrato nella sua persona il ruolo di ponte fra i due mondi del jazz e del rock che andavano a convergere in questa scena. Erede della tradizione chicagoana dell'AACM e della poetica di Don Cherry, ha portato questi elementi all'interno delle varie formazioni di matrice rock a cui ha collaborato o di cui ha fatto parte, dai Gastr del Sol ai Tortoise e agli Isotope 217, fino a dare una forma compiuta a questo ibrido nei progetti di propria creazione, come Chicago Underground ed Exploding Star Orchestra.
Trasferitosi da alcuni anni in Brasile, dove ha dato vita al Sao Paulo Underground - un altro ibrido, questa volta fra jazz, elettronica e ritmi carioca -, Mazurek è infine approdato nel 2009 a un progetto solista: un quintetto in cui la sua cornetta ed elettronica sono affiancate dal vibrafono di Jason Abasiewicz, il contrabbasso di Josh Abrams, il basso elettrico di Matthew Lux (già Isotope 217) e la batteria di John Herndon (Tortoise); dunque, si rimescolano le carte, ma si resta nel cuore di quella scena di Chicago.
Dopo aver prodotto il CD d'esordio Sound Is nel 2009, il Rob Mazurek Quintet si è imbarcato ora in un tour che è passato la scorsa settimana dall'Area Sismica.
La performance è stata (forse anche un po' sorprendentemente) molto energica, i musicisti si sono dati generosamente e non si sono per nulla risparmiati. Il che, come ogni cosa, ha avuto pro e contro.
Il calore e l'intensità del concerto hanno riscattato la musica del quintetto da una leggera nebulosità che aleggia fra le tracce del CD (e che, a dire il vero, è presente in diverse proposte della scena di cui i musicisti fanno parte). Per converso, l'energia e fisicità del live hanno cancellato un po' di quella magia e di quelle atmosfere sognanti e sospese che sono una delle qualità migliori della musica di Mazurek, e che nel CD sono invece rappresentate. Questo lo si può sentire ad esempio in brani come "The Star Splitter" e "Cinnamon Tree," che dal vivo hanno perso un po' di quella magia. Altro elemento che forse ha concorso a questo effetto è la sostanziale assenza di elettronica nel concerto, il cui uso invece è molto importante nella sonorità dei progetti di Mazurek, compreso il CD di questo quintetto.
Il cuore pulsante della band in questo concerto è stato probabilmente John Herndon, con un ritmo rotolante, energico e incessante. I due bassi di Lux e Abrams si fondevano in fraseggi fluidi e flessuosi; l'alto volume - voluto dalla band stessa - ha però impedito di coglierne appieno i dettagli.
Anche il vibrafono di Abasiewicz è stato preciso ed energico, ma è stato forse lo strumento più penalizzato da questa scelta, in termini di perdita di magia ed atmosfera, dato che nell'economia del quintetto è la sua voce ad apportare maggiormente questi colori.
Infine, Mazurek è parso molto in forma, coi suoi toni dall'acido al morbido, dall'aspro al sognante. Si nota anche una maturazione dello stile nel corso degli anni, coi fraseggi che sono diventati più incisivi, definiti e puliti.
In definitiva, un progetto con ottime carte, che però sembra non aver ancora raggiunto un grado ottimale di focalizzazione della propria sonorità.
Foto di Claudio Casanova
Ulteriori immagini di questo concerto sono disponibili nella galleria immagini.
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