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Paolo Angeli

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JazzWide Summer 2013

Argini e Margini—Pisa—21.06.2013

Difficilmente le esibizioni in solo di Angeli falliscono nel catturare il pubblico e suscitare emozioni profonde quanto condivise: è stato così anche a Pisa (sulla riva sabbiosa dell'Arno, per la rassegna Jazz Wide Summer), dove Angeli è tornato nell'ambito di un minitour di poco seguente l'uscita del suo ultimo disco, Sale quanto basta.

Stavolta è nella forma più libera, spesso meditativa, della lunga suite improvvisata che Angeli ha presentato la sua ricerca tecnica e musicale più recente, in cui è ancora più sensibile il respiro di musiche assorbite dal bacino immaginario del Mediterraneo (dal flamenco alle sonorità di oud e di tamburi ottenute tramite nuove applicazioni meccaniche sulle corde della sua chitarra sarda preparata). Sembra che in questa dimensione più fluida, priva della strutturazione definita in pezzi, ad Angeli riesca ancora meglio l'esplorazione del suo ormai quasi leggendario strumento: i temi vecchi e nuovi, i diversi mondi stilistici o le suggestioni musicali del momento si trovano accennati e vengono più o meno sviluppati in una specie di catena di associazioni libere, in cui aree emozionali e fonti sonore diverse della chitarra sono attivate alternativamente o si sovrappongono con una densità a volte stupefacente.

Basta seguire la lunga suite iniziale per rendersi conto di tutto questo. Suggestioni spagnole e accenti mediorientali scivolano gli uni negli altri aprendo la strada, attraverso la magnifica naturalezza di snodi che tengono spesso in sospeso il riconoscimento del punto d'arrivo, ai canti tradizionali sardi (il Canto in fa diesis logudorese, poi la Corsicana del repertorio gallurese), fino a che tutto è proiettato in una forma corale, quasi struggente, dall'irrompere dell'elettrificazione e delle eliche semoventi.

Gli effetti della chitarra e le fonti sonore attivate contemporaneamente (l'uso dei pedali che battono sulle corde, l'archetto che fende il sistema supplementare di corde) si dispiegano provocando un sussulto profondo, che è anche il risultato della capacità gestuale di Angeli di impiegare tutto il potenziale scenico della sua creatura. La passione per la melodia semplice, suonata bloccando d'anticipo i riverberi o cantata da una voce nuda, così diretta da mettere quasi a disagio e capace intaccare ogni certezza dell'ascoltatore, si alterna senza fatica alle fasi di stratificazione sonora, in cui Angeli ha approfondito ancora le sue tecniche multiple: come nei nuovi pezzi "Mascaratu" e "Satiro danzante," in cui colpisce l'intreccio del pizzicato di entrambe le mani, che realizza in modi nuovi l'attitudine tipica di Angeli di mettere insieme musiche popolari e sperimentazioni postindustriali e contemporanee.

Angeli affronta a suo modo il problema che è in fondo di ogni improvvisatore, e che in particolare è al centro di ogni performance in solo, per quanto ampio sia il ventaglio delle proprie soluzioni espressive: il confronto inevitabile con i propri cliché (un brano del nuovo disco fa riferimento proprio a questo: "Frasi fatte"), col peso naturale della ripetizione. Lo fa scoprendo cose nuove sulla sua chitarra e approfondendo tradizioni contigue, ma sembra farlo soprattutto con un approccio improvvisativo molto personale, che ha molto di compositivo, modulare, quasi arcaico. Anche in questo è molto vicino alle culture orali del Mediterraneo che tanto ama.

Foto di Antonio Pellicori.

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