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Michelangelo Scandroglio e Simone Quatrana a Empoli Jazz 2020

Michelangelo Scandroglio e Simone Quatrana a Empoli Jazz 2020
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Michelangelo Scandroglio Quintetto e Simone Quatrana Piano Solo
Empoli Jazz 2020
Empoli
Giardino del Torrione di S. Brigida
6.8.2020

Empoli Jazz ha pervicacemente resistito alle misure restrittive post-pandemia e—pur con posti ridotti e minori date—non ha abdicato alla sua edizione 2020, che presentava in chiusura un doppio concerto, che aveva per protagonisti due interessantissime giovani leve del jazz nazionale: il pianista Simone Quatrana, presentatosi in solitudine, e il contrabbassista Michelangelo Scandroglio, in scena con il quintetto alla testa del quale ha pubblicato l'eccellente album In the Eyes of the Whale.

Formazione classica e frequentazioni importanti nel campo dell'improvvisazione (tra gli altri, Peter Brötzmann e Ken Vandermark), nel suo breve concerto Quatrana ha proposto una varietà di modi di affrontare la tastiera, entro i quali ha riversato con misura molteplici stilemi, ora più propriamente jazzistici—percussività monkiane, passaggi stride—ora più prossimi alla contemporanea—lavoro sulle corde, clusters di note a cascata ---sempre comunque con estrema libertà e sostanziale assenza di discorso melodico. Bel concerto, la forte intensità del quale—trasmessa sia dal lavoro ritmico-dinamico, sia dalla palpabile concentrazione dell'artista—ha permesso di mantenere alta l'attenzione anche nei momenti più astratti.

Il quintetto del contrabbassista grossetano, salito sul palco subito dopo, ha presentato tutti i brani del recente album, vedeva accanto al leader Hermon Mehari alla tromba, Michele Tino al sax contralto, Alessandro Lanzoni al pianoforte e Bernardo Guerra alla batteria. Nel disco, tuttavia, metà delle composizioni erano interpretate da un sestetto che vedeva l'ingresso della chitarra di Peter Wilson (oltre all'avvicendarsi di Logan Richardson al sassofono); questa modifica, assieme all'ampliarsi dal vivo di spazi e libertà, ha fatto sì che un po' di dinamiche cambiassero e lo sviluppo dei brani prendesse direzioni parzialmente diverse.

In particolare, è in questo caso risaltato in modo particolarmente marcato il ruolo del trio piano-basso-batteria, forte da un lato dell'antica, divertita e ormai telepatica intesa tra Lanzoni e Guerra (il quale è stato il primo batterista del pianista, allora enfant prodige che si affacciava sul jazz), dall'altro del ruolo più diretto che vi giocava Scandroglio, maggiormente libero dagli impegni direttivi rispetto ai momenti in quintetto. Così, laddove i fiati si facevano da parte, l'imprevedibilità della musica cresceva, così come la distanza dai suoni del disco, mettendo in luce un Guerra estroverso e aggressivo—per quanto più dal punto di vista dei tempi e dei timbri, che da quello dei volumi sonori —, un Lanzoni capace di inventare soluzioni sempre nuove, anche su tempi più veloci e atmosfere diverse rispetto alle cose a proprio nome, e uno Scandroglio più protagonista allo strumento rispetto al lavoro registrato.

Ciò niente ha tolto al lavoro di Tino e Mehari, già ottimi sul disco e qui non da meno—teso nel timbro e preciso negli assoli il primo, più sporco nel suono ma estroverso il secondo —, ma ha aggiunto qualcosa alla musica dal vivo che era assente in quella registrata, rinnovandone il piacere senza riprenderla il modo pedissequo.

Concerto estremamente apprezzabile, quindi, auspicio di una ripresa, ad autunno, ricca di qualità e—ci auguriamo—di occasioni per il pubblico di poterne beneficiare.

Photo: Annamaria Lucchetti.

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