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Microscopic Septet: Manhattan Moonrise
ByGli anni passano ma la situazione non cambia: l'onnivoro combo newyorkese, capace di unire Duke Ellington e John Zorn, Albert Ayler e Lounge Lizards, Charles Ives e Anthony Braxton in un meraviglioso e iconoclasta universo fatto di polka, mazurka, jazz convenzionale, blues, avanguardia chicagoana, klezmer, soul, musica per immagini (cinema), Sun Ra e metteteci anche altro delle stesse risme, è ancora lì, pronto a dimostrare che l'entropia dell'universo è infinita e che, innanzitutto, la musica è soprattutto un gioco.
Philip Johnston, Joel Forrester e compagni lo sanno bene: continuano a divertirsi e a far divertire, fregandosene bellamente di critica e pubblico, perpetuando la propria coerente e corretta "way to music" grazie a un'entusiasmante e godibile intelligenza musicale. Come esattamente otto anni fa, mi ritrovo pienamente nelle mie stesse parole di allora, sostenendo che non è nemmeno importante stare qui a snocciolare e analizzare i dodici temi di questo nuovo lavoro uscito per la sempre attiva Cuneiform. Per fortuna, la base, il nucleo filosofico delle scelte di questo gruppo non cambia e resta collegato a filo doppio con la freschezza che l'ha sempre contraddistinto.
Chi li ha visti all'opera a New York in questi lunghi anni sa bene cosa significa "fare musica Micros" (con questo nickname è conosciuto il gruppo) ... vale a dire, musica totale: sfaccettature di suoni moderni davvero a 360°, miscelati con rara bravura e ispirazione. Chiunque se li trovi davanti esce da uno dei loro concerti semplicemente estasiato e domandandosi per quale motivo un gruppo del genere non sia tutti i giorni sulla stampa. Sarà anche per questo motivo che il titolo delle note di copertina di questo Manhattan Moonrise si chiede ironicamente se "il Microscopic Septet sia ancora necessario?" Perchè andare avanti? Se lo domanda Johnston in una sorta di articolo-disanima che riempie diverse pagine del booklet, analizzando la dicotomia che ha dominato il jazz fra il bebop o il neo-tradizionalismo e il free, poi anche denominato "espressionismo jazz."
Ma la cavalcata lungo il tempo, da quel 1980 (anno di nascita della band), parlando del Blue Note piuttosto che lo Sweet Basil o del Village Gate o di Down Beat, della decisione del 1992 di fermarsi e dedicarsi ad altre ipotesi musicali (parlando di se stesso, Johnston cita i Big Trouble, il Transparent Quartet o le tante esperienze di scittura di colonna sonora, l'Australia o Parigi), o del rinnovato stimolo creativo che riunì la band attorno al 2004 che cosa significa? È ovviamente una questione di opportunità che non si comprende per quale motivo debba venire a mancare e, anche se forse non c'è una risposta alla domanda specifica, Johnston chiosa sostenendo che è probabilmente più giusto così e che è sufficiente guardare avanti per capire dove porterà la stessa opportunità.
Ancora una volta mi trovo quindi a scrivere di una fenomenale e unica "random-band," in grado di scrivere meravigliose pagine di musica che restano però probabilmente fini a se stesse. In una celebre intervista il leader raccontò -divertendo non poco -che vivere i Micros per davvero è come ascoltare Duke Ellington dopo avere preso una buona dose di pasticche di acido lisergico arrivando a considerare questa formazione come "una grande jazz band per un non-amante di jazz."
"Seminale e brillante esemplificazione di post-modern jazz," dice di loro l'accreditata rivista Down Beat.
Probabilmente unici, chiudevo io otto anni fa. Sicuramente unici, ripeto otto anni dopo.
Track Listing
Personnel
Microscopic Septet
band / ensemble / orchestraPhillip Johnston: soprano saxophone; Don Davis: alto saxophone; Mike Hashim: tenor saxophone; Dave Sewelson: baritone saxophone; Joel Forrester: piano; Dave Hofstra: bass; Richard Dworkin: drums.
Album information
Title: Manhattan Moonrise | Year Released: 2014 | Record Label: Cuneiform Records
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About Microscopic Septet
Instrument: Band / ensemble / orchestra
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