Livio Minafra: La fiamma e il cristallo

Il disco, che ha riscosso grandi plausi da parte della critica, è tutt'altro che semplice; tuttavia, esso ha egualmente un grande impatto già al primo ascolto. Ciò avviene grazie ad una spontaneità - si potrebbe dire, al cuore - che emerge e si percepisce ora nell'irruenza ("Muezzin," "Bulgaria"), ora nella sentita delicatezza ("Polvere," "Nella notte il cristallo") dell'interpretazione, mentre la complessità - che si fa sentire subito, ma si svela lentamente - sta invece nella ricchezza di riferimenti colti (esplicito quello ad Alfredo Casella, impliciti quelli a Debussy, Prokofiev, Shostakovich) ed extracolti (frequente il riferimento alla musica araba), talvolta perfino biografici (Minafra, afferma il pianista, si è rivelato essere un cognome di derivazione araba, lingua in cui significa "che viene dall'Africa") che costellano le composizioni.

Ne scaturisce un opera sorprendentemente matura, sfaccettata, priva di ridondanze. Che svela sempre nuovi aspetti ai successivi ascolti. Poco jazzistica, verrebbe da dire, se questo non significasse una volta di più vincolare a ben determinati stilemi una musica—il jazz—che sul superamento degli stilemi vive da un secolo. E in questo, la musica di Livio Minafra è senz'altro pienamente jazzistica.

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