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John Escreet: Musica per l'Oggi

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Bisogna solo essere aperti e accogliere le novità. Bisogna accettare tutta la buona musica, di qualunque genere. Perché fare altrimenti? Perché essere contrari alla buona musica?
Intervista di R.J. DELUKE

Guardare avanti—andare avanti—sono due caratteristiche peculiari del pianista John Escreet, Britannico di nascita e Americano di adozione, essendosi trasferito a New York nel 2008 per frequentare la Manhattan School of Music.

Escreet, che aveva 22 anni quando lasciò l'Inghilterra, si cimenta con il Jazz contemporaneo suonando con artisti quali David Binney, Ambrose Akinmusire e Tyshawn Sorey—musicisti che combinano l'improvvisazione con molteplici influenze per creare suoni innovativi. New York ferve di attività in questo senso, e vede Escreet tra gli elementi più attivi, ansioso di forgiare una propria voce per il suo strumento attraverso le sue composizioni.

"L'obiettivo è creare un mio genere senza rischiare di apparire arrogante. È quello che sono riusciti a fare gli artisti che ammiro e stimo," dice Escreet. "Anche se la gente la vede diversamente, dal punto di vista tecnico è quello che si fa. E se non si è in grado di farlo, si fallisce. Perché se ti cercano per fare un disco o per esibirti e tu sei il solo in grado di suonare in un certo modo, allora puoi essere sicuro che ti ingaggeranno.

"Se provi a suonare come un altro, per quanto bene ti riesca beh, stai sicuro che salterà fuori qualcun altro più in gamba di te nel modo di suonare, nel modo di atteggiarsi e di intrattenere il pubblico. Ma se sviluppi un tuo stile con impegno, allora avrai fatto qualcosa di unico con un suo spessore. Come Dave [Binney] o Wayne Krantz, perché non trovi in giro altri che suonino come loro, neanche lontanamente. Se voglio il suono di Wayne, devo chiamare Wayne. E se non fosse disponibile, il progetto morirebbe sul nascere. Non potrei trovare un sostituto per Wayne, perché non esiste un altro Wayne. E lo stesso vale per Dave."

Escreet ha voluto proprio i due musicisti per il suo terzo album da leader, The Age We Live In (Mythology Records, 2011). Oltre a Binney, con il quale ha già lavorato parecchio da quando è in America, e Krantz, nel disco suona anche il batterista Marcus Gilmore. È un album intenso che piacerà a chi apprezza la musica intelligente, il Folk Rock, l'Indie Rock e qualunque altro genere alternativo alla musica pop.

Escreet ha il pregio di guardare la musica sotto una luce nuova, leggermente differente da come ti aspetteresti. Ha cominciato a suonare il piano da bambino con un'impostazione fortemente classica, ma è comunque attratto da suoni e approcci particolari. Anche se non lo dice apertamente, sembra quasi aver perso l'interesse per il Jazz mainstream—quanto meno quello contemporaneo.

"Non sento l'influenza della musica di oggi. Anzi, per la maggior parte non mi piace granché. Una cosa o la adoro, e mi ci impegno al cento per cento, o non mi interessa per niente," spiega. "La maggior parte della musica che si ascolta in giro per New York non mi interessa. Ci sono però delle eccezioni, musica che considero molto interessante che costituisce la quasi totalità sia del mio ascolto sia del mio orizzonte musicale. Tutto ciò può sembrare un po' estremo, e non vorrei dare questa impressione. Di certo a New York si ascolta musica davvero interessante, nella quale mi voglio immergere, della quale voglio far parte. Voglio imparare qualcosa da questa musica e voglio rimanerne influenzato."

The Age We Live In è un buon esempio che rappresenta il modo di essere di Escreet, oggi. Ma domani potrebbe essere diverso. Escreet ha un approccio molto fluido alla musica. È aperto ad ogni tipo di suono. Qualcuno lo scarta, qualcun altro lo utilizza, guidato dal suo intuito e non certo dalle mode del momento.

E la musica che ne risulta è molto stimolante, affatto scontata, fonte di riflessione.

Escreet dice che il nuovo CD "riflette me stesso, oggi. Rappresenta la musica che mi ha colpito in questi ultimi anni, la musica che mi piace suonare. Alcuni dei brani sono composizioni molto convolute e complesse. Rappresentano il mio modo di suonare e di comporre." E subito chiosa, "Ma non crediate che sarà sempre così. Il prossimo album non so ancora come sarà, ma probabilmente sarà diverso. Mi piace cambiare. Mi piace muovermi. Non voglio fare album che siano copie dei precedenti. Volevo un progetto che fosse nettamente differente in termini di partecipanti, di estetica, insomma in tutti i sensi. Volevo un album diverso."

Il pianista suona con musicisti quali Binney, Akinmusire, Matt Brewer e Nasheet Waits. Ha anche un trio con il batterista Sorey e il contrabbassista John Hébert. The Age We Live In nasce da una esibizione del Febbraio del 2010 particolarmente riuscita.

"È stato un evento casuale, nato in maniera così fortuita che il mio primo pensiero è stato 'Wow. Bisogna documentarla.' Il mio album precedente stava per uscire [Don't Fight the Inevitable (Mythology, 2010)]. Stavo già pensando oltre. E con quell'esibizione si presentò l'occasione giusta," dice. A causa di altri impegni si arrivò al Dicembre del 2010 e alla fine registrammo appena prima di Natale. Il gruppo fu messo in piedi apposta per il disco, non era una band consolidata. Escreet era certo che quei musicisti sarebbero stati quelli adatti per la sua idea. E il risultato gli diede ragione.

"Fu una sorpresa, tutto si concentrò in quell'appuntamento. Tutto nacque dalla voglia di suonare con Wayne. In passato avevo lavorato insieme a Wayne nel disco di Dave intitolato Aliso (Criss Cross, 2010). Volevo suonare di nuovo con lui, e decisi di non ingaggiare un contrabbassista perché tra la chitarra di Wayne e la mia mano sinistra i bassi erano già più che sufficienti," dice Escreet. "Volevo fare una cosa un po' diversa. E volevo coinvolgere Dave perché Wayne e Dave vanno molto d'accordo musicalmente, e Dave suona in modo coerente con la mia visione musicale. E infine chiesi a Marcus di partecipare: è un caro amico e uno dei miei batteristi preferiti, ha un'abilità formidabile, un gran senso del groove. Sapevo che si sarebbe adattato allo stile del disco come un guanto."

Escreet ha composto avendo già in mente sia i membri della band sia la sua idea. "Anche se la musica era abbastanza complessa e già composta, almeno in parte, ho voluto lasciare molto spazio a ciascun membro del gruppo per esprimersi al meglio. Volevo un equilibrio tra la parte già composta, di per sé corposa, e l'espressione individuale. Per esperienza è così che si ottiene la miglior musica possibile, lasciando esprimere i singoli al loro meglio," dice.

Ne risulta un insieme di brani intensi e variegati nei quali si innestano feroci assoli, come in "Domino Effect" e "The Age We Live In," così come interessanti groove come in "Half Baked." Gli assoli sono potenti e il piano di Escreet, ora acustico, ora elettrico, percorre strade intricate e differenti.

"Abbiamo provato nel mio appartamento per due giorni di fila," ricorda. "Subito dopo le prove abbiamo suonato per un fine settimana al "55 Bar" [a New York]. Quindi abbiamo potuto provare per due giorni e suonare per altri due giorni: al che siamo andati in studio ["The Clubhouse" a Rhinebeck] per altri due giorni. Insomma, tutto s'è svolto in sei giorni, nei quali abbiamo sviscerato per bene la musica. Non è stato facile, perché alcuni brani sono proprio complessi. Ognuno ha dato il 110 per cento e i risultati parlano da soli.

"Insieme a Dave ho anche lavorato molto alla post-produzione. Gli devo molto per questo disco perché è stato un lavoro di post-produzione davvero complesso. Overdub degli archi, degli ottoni, delle voci, delle percussioni. Ci abbiamo speso parecchio tempo ed è un aspetto che mi interessa davvero approfondire. Credo che dal punto di vista creativo sia un'attività molto interessante, che secondo me non riceve l'attenzione che si meriterebbe."

Parlando della composizione, Escreet dice di attingere da un ampio ventaglio di esperienze. "Non vorrei apparire troppo vago, ma ascolto veramente tantissimi generi musicali differenti. Negli ultimi anni i miei gusti si sono ampliati parecchio, e ogni genere mi ha lasciato la sua impronta: musica elettronica, come i Flying Lotus e simili. E suono moltissima musica classica. Compositori Francesi come [Olivier] Messiaen influenzano il mio modo di suonare in maniera diretta. Anche se la musica non ha niente a che fare con al musica classica del Ventesimo secolo, va oltre. Ma in termini di intervalli e armonia, ci sono molti spunti cui attingo. Il mio modo di comporre risente di molteplici influenze."

Molta della musica che arriva dai jazzisti contemporanei non deriva dalla tradizione canonica, e per Escreet questo è un aspetto positivo.

"È comprensibile: oggi abbiamo a disposizione moltissimi spunti e informazioni facilmente accessibili. Che mano a mano si accumulano. Andando avanti nuova musica si sedimenta sulla precedente. E la riserva alla quale attingere cresce sempre più e si amplia. È naturale che la musica si ispiri ad ampio raggio sempre più. E secondo me è un fenomeno che continuerà."

Dice che prima di arrivare a New York, "c'era moltissima musica della quale ignoravo l'esistenza. E che una volta scoperta ha influenzato davvero il mio modo di suonare. Da quando sono qui, ho ascoltato musicisti che non conoscevo. Bisogna essere aperti ad ogni nuova esperienza." E chi non vuole tenere occhi e orecchie ben aperti, "peggio per loro. Alla loro musica mancherà sempre qualcosa. Bisogna accettare tutta la buona musica, di qualunque genere. Perché fare altrimenti? Perché essere contrari alla buona musica? Non ha senso."

Il ventiseienne Escreet ha cominciato prestissimo a suonare un pianoforte giocattolo che aveva in casa. Chiese di poter frequentare delle lezioni di piano, e per il suo quarto compleanno fu accontentato. "Fu un colpo di fulmine. E non ho più smesso di suonare." Negli anni Novanta la TV Inglese trasmetteva moltissima musica dal vivo, il che contribuì a tenere accesa la passione. "Guardavo quei musicisti alla televisione che suonavano dal vivo, e mi convincevo sempre più che quella fosse la mia strada."

Escreet, che ha il dono di avere l'orecchio assoluto, era capace di improvvisare ancor prima di sapere cosa fosse la musica Jazz. Ascoltava e capiva la musica in un modo intuitivo che gli consentiva di "non essere vincolato allo spartito che avevo di fronte. Lo usavo come base per suonare ciò che sentivo. E questo mi portò a studiare l'improvvisazione con metodo e ad avvicinarmi al Jazz. Fu così che tutto incominciò."

Si unì ad una big band e prese confidenza con quel tipo di stile Jazz. Quindi, a 14 anni, andò a studiare alla Chetham's School of Music, un collegio dove lo studio della musica era particolarmente curato. "Arrivai a quella scuola per via dei miei studi classici, anche se ormai ero interessato al Jazz, e sin da subito era chiaro che ne sarei uscito con un diploma in Jazz. Si trattava di una scuola di musica per ragazzi dagli 8 ai 18 anni. Ne frequentai gli ultimi quattro anni." Fu lì che ascoltando artisti come Keith Jarrett, Herbie Hancock e Chick Corea gettò le basi della sua cultura Jazz, i cui influssi sono sempre presenti nei suoi lavori. A 18 anni si trasferì a Londra per perfezionarsi ulteriormente. I suoi insegnanti gli fecero conoscere quei pianisti che avrebbero influito così tanto sul suo stile e sul suo senso di esplorazione musicale, quali Paul Bley, Cecil Taylor e Jason Moran. Viveva a Londra, "ma sentivo che non era il mio posto. Dovevo crescere ancora. Dovevo andare a New York perché volevo suonare con alcuni dei musicisti di quella scena. Non avevo finito di imparare."

Allora si trasferì e decise di frequentare la Manhattan School of Music, presso la quale si diplomò. Ma la vera educazione l'ha ricevuta al di fuori della scuola. "Sono qui da cinque anni e ho avuto ottime opportunità, una dopo l'altra," dice Escreet. "È stato fantastico. Questi ultimi cinque anni sono stati quelli nei quali ho imparato di più in vita mia. Ho imparato tantissimo."

Da allora Escreet lavora sodo per costruire la propria carriera al meglio. Ha avuto alti e bassi, ma non si è mai perso d'animo.

"Mi ritengo fortunato ad aver avuto molte opportunità di lavoro," dice. "Il lavoro devi trovartelo da solo. Non puoi vivere di sussidi. Non puoi dare per scontato che qualcuno ti offrirà un lavoro. Troppi studenti si diplomano e si aspettano che il lavoro sia loro dovuto, e se questo non succede non riescono a farsene una ragione. Perché dovrebbero darti un lavoro? Cosa puoi offrire di diverso e interessante rispetto agli altri? Per la maggior parte, niente. Sì e no il dieci per cento degli studenti che si diplomano hanno qualcosa di davvero unico e nuovo da offrire. E specialmente adesso, dato lo stato disastroso in cui versa l'industria discografica di questi tempi, le cose sono davvero complicate. Paradossalmente è anche un bene, perché fa emergere il vero talento. Solo proponendo qualcosa di unico e di diverso puoi riuscire ad avere successo e a perseguire una buona carriera, altrimenti sei finito prima di cominciare."

Uno degli obiettivi primari della sua ricerca musicale è quello di diventare un compositore completo. "Voglio sviluppare la mia idea dal punto di vista stilistico. Non voglio omologarmi, altrimenti finirò per avere meno ingaggi; oppure dovrò adattarmi a suonare anche dove e quando non vorrei. Il punto è sempre quello. Se hai una proposta originale e forte, non avrai problemi a lavorare. Molto semplice, ma più facile a dirsi che a farsi. Ci vuole impegno e convinzione, ma il risultato è garantito. Non dico di buttare alle ortiche la tradizione. Ma bisogna comunque offrire qualcosa di nuovo e convincente."

Escreet ricorda che quando si diplomò nel 2008 l'economia era messa male e le occasioni di esibirsi sempre meno. Era anche difficile trovare posizioni da insegnante. Senza contare che la gente compra sempre meno CD. Ma tutto ciò "è un incentivo per lavorare ancor più duramente, per far del proprio meglio. Non si fanno sconti a nessuno. Non puoi più pensare di diplomarti e automaticamente trovare un ingaggio. Negli anni Ottanta potevi ancora sperare di essere preso da qualche leggenda del Jazz assicurandoti esibizioni e tournée. Ma oggi persone così ce ne sono sempre meno," ammette. "Devi inventarti una maniera di lavorare e sbarcare il lunario. Con ogni mezzo: con la tecnica, con l'aiuto dei social network, qualunque cosa. Devi stare al passo coi tempi. Devi essere aperto, non conservatore. Devi lavorare molto duramente ed essere disponibile a considerare qualsiasi tipo di musica e di influenza. Fare del tuo meglio. Senza alcuna garanzia di successo. Devi solo fare buona, ottima musica."

Discografia Selezionata

John Escreet, The Age We Live In (Mythology Records, 2011)

John Escreet, Don't Fight the Inevitable (Mythology Records, 2010)

David Binney, Aliso (Criss Cross, 2010)

David Binney - Allan Ferber, In the Paint (Posi-Tone, 2009)

John Escreet, Consequences (Posi-Tone Records, 2008)

Foto di Alice Zulkarnain (la prima) e Maarten Mooijman (l'ultima).

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