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Janis: Little Girl Blue

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Amy Berg
Janis: Little Girl Blue
MVD Visual
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L'industria cinematografica aveva in agenda un documentario su Janis Joplin da decine e decine di anni. La sua storia dal tragico finale e i suoi immensi talenti artistici erano troppo intriganti per poter passare inosservati. Eppure ci sono voluti oltre quarant'anni per giungere finalmente a questo eccellente 'docubiopic' firmato da Amy Berg. Un lavoro che diventa automaticamente, fin da ora, un benchmark col quale ci si dovrà confrontare per raggiungere lo status di eccellenza in questa forma di racconto che mischia immagini con suoni e testimonianze orali.

Se qualcuno non avesse ben chiaro quanto fenomenale fosse la cantante di Port Arthur, città marinara nella parte bassa del Texas con vista sul Golfo del Messico, basteranno pochi minuti nella parte iniziale di questo documentario per capirlo: il frammento di "Tell Mama" dice già tutto e lascia a bocca aperta. Una splendida apertura per un racconto appassionato di una vita durata troppo poco, ma capace di regalarci grandi canzoni, grandi album e soprattutto grandi esibizioni sul palco.
Nel narrare questa storia affascinante, il racconto si fa minuzioso e spettacolare, vengono intervistati i familiari e gli amici di infanzia, i colleghi degli inizi, i sognatori che hanno condiviso con Janis quella strada complicata che la portò rapidamente al successo su scala mondiale ma anche all'auto distruzione. La sua musica è la colonna sonora perfetta e inevitabile per raccontare questo percorso esistenziale che proprio con la musica è strettamente abbracciato. Una musica formidabile che regala brividi ed emozioni, un blues elettrico e moderno che non dimentica mai la tradizione e che si sposa perfettamente con il rock fresco e stimolante dell'epoca. Quello di Janis e dei suoi compagni di strada è un approccio innovativo al blues ma allo stesso tempo il risultato è pieno di rispetto per quello che ci avevano lasciato le grandi voci nere degli anni trenta e dintorni. Voci che fecero da elemento fortemente formativo per la parte iniziale della carriera artistica di Janis, per poi diventare inevitabile punto di confronto.

Diventa subito chiaro che questa ragazza anticonformista, pur essendo decisamente bianca e appartenente ad una cultura piuttosto rigida e piena di remore razziste, ha avuto in dono una voce nerissima, capace di esprimere i sentimenti che albergano nel fondo dell'anima. Janis non teme confronti, non teme il rischio. Anzi, si direbbe che il rischio lo cerca e lo stimola, senza paure. Una vita sempre vissuta sulla lama del rasoio, pronta a cibarsi dell'energia che nella tradizione del blues si fa risalire agli accordi presi a mezzanotte con il diavolo, in qualche polveroso incrocio nel profondo sud. Un patto con il lato oscuro della forza che inevitabilmente comprende usi e abusi, eccessi e incapacità di prendere in considerazione ogni limite, neppure quelli inevitabilmente oggettivi.

La sua vita terrena trovò una fine molto prematura nel mese di ottobre del 1970. Per fortuna la sua arte rimane cristallina e le due ore dense e appassionate di questo imperdibile documentario ci permettono di rileggere una storia che ha certamente moltissimi spunti da proporre, fornendo una spinta inevitabile a riascoltare tutta la splendida musica che Janis ci ha lasciato.

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