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Charbel Haber: It Ended Up Being a Great Day, Mr. Allende

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Charbel Haber: It Ended Up Being a Great Day, Mr. Allende
Mentre fuori c'è una qualsiasi guerra, nelle viscere di una nazione la vita continua. Miracolosamente (per molti) anche arte e cultura, anche se la cosa fa un po' ridere, cercano di sopravvivere. Anche se molti abitanti del mondo occidentale non lo sospettano nemmeno (potenza di una non ben accertata "pace" che da qualche generazione copre il tempo dopo i cinquant'anni non proprio edificanti che sono arrivati a lambire la metà del secolo scorso), l'assioma vale per tutti i popoli dell'universo e a tutte le latitudini. Dopo il fuoco, i fiori rispuntano. Sempre. Ed è stato proprio attorno al 2000, dopo quindici anni di una guerra civile che sta oggi invece attorniando il paese, che il Libano ha cominciato a riprendersi. Ora, dopo il primo decennio di "riabilitazione," anche i fiori più rari, come quelli dell'avanguardia e dell'arte alternativa, stanno iniziando ad attecchire nel terreno di una cultura ovviamente impoverita da anni di odio e conflitto.

Anche grazie al signor Johnny Kafta, musicista di origini libanesi dapprima conosciuto spacciatore del miglior Kebab di mezzo Texas e poi alla guida di un improbabile "Anti-Vegetarian Orchestra", dalle parti della casa dei nonni, nel nome del prodotto che lo aveva fatto sopravvivere, nasce la Al Maslakh che in arabo significa "il macello" o "la macelleria". Etichetta con un sottotitolo da premio che recita "un UFO creato per pubblicare l'impubblicabile sulla scena artistica libanese".

Fra i diversi interessanti numeri del catalogo della mirabile officina (spesso, come avveniva dalle nostre parti durante gli anni Settanta, in edizioni artigianali e limitate numericamente), appare ora il lavoro solistico del signor Charbel Haber, che soltanto pochissimi iper-appassionati che passano il loro tempo alla ricerca delle novità extra-occidentali, possono forse ricordare a capo di un'emblematica rock band libanese chiamata Scrambled Eggs. Sgombriamo subito il campo da ciò che potrebbe sembrare ovvio: nulla, nella musica di Haber di questo disco, appare in qualche modo "arabeggiante," "arabizzato" o - che sarebbe anche peggio - "occidentalizzato". Il fascino, semmai, è quello di molti lavori di pura avanguardia davvero 70's e se per forza si è malati di "etichettismo" sono allora i nomi di Robert Fripp, Oren Ambarchi, Jim O'Rourke, Lee Ranaldo, Thurston Moore, Glen Branca o del duo Taylor Deupree, quelli da citare.

Nominato dalla sempre intelligente rivista Wire, quale uno dei dischi più belli del 2012, il lavoro di Haber è davvero di quelli da ricordare. Il chitarrista affronta quattro lunghe cavalcate sull'onda sonora assai vicina all'home-taping del famoso underground di un tempo. Ma non si tratta di un omaggio o di una rivisitazione. La freschezza è davvero notevole e colpisce a fondo. In un mondo dove sembrano scomparsi i festival di "vera" musica contemporanea, alternativa e pulsante, la creatività messa in gioco da Haber indica nuovamente una strada di cui si erano perse le tracce.

Trionfatore di una delle ultime edizioni di Irtijal, vale a dire il più importante e amato festival di musica contemporanea di tutta la regione del Medio Oriente e delle terre arabe per antonomasia, Haber cesella un progetto fra i più interessanti degli ultimi anni, sondando territori sonori obliqui. Gli stessi che piacerebbero sicuramente ad esempio a uno come Rob Mazurek che, anche ad esempio grazie alle sue frequentazioni brasiliane, è riuscito a creare uno dei progetti musicali più interessanti del contemporaneo musicale. Quella di Haber non è "musica," bensì una "esperienza musicale". Forse innanzitutto interessante poiché si tratta di un "newcomer" e non di un ricercatore tout-court in senso storico. I titoli dei brani sono tutti tratti da "Nazi Literature in the Americas," una novella dello scrittore cileno Roberto Bolaño.

È forse per questo che Haber ha scelto un'effettistica per certi versi "storica": una sorta di cocktail sonoro fatto di catene, feedback, note armoniche con dominanti prolungate come appunto Fripp o per altri versi alcuni musicisti vicini al minimalismo hanno insegnato. È musica in qualche modo delicata, pensante, godibile anche quando stridente. Masse sonore che somigliano a un magma in lento movimento, senza particolari apparenti evoluzioni che - qui si che l'aspetto arabo finalmente trionfa - ipnotizzano senza mai stordire. Arte. In una forma peculiare che - se la si vuole analizzare da un punto di vista prettamente storico - assomiglia davvero a una sorta di moderno requiem elettrico. Attenzione però: ho scritto "elettrico" non "elettronico". E ciò è davvero quello che dà la cifra del lavoro. Una sorta di compendio finale di ciò che è stata la ricerca chitarristica prima del diluvio delle digital guitars e dei suoni di "altra plastica" che hanno poi inondato la storia di questi ultimi vent'anni.

Quattro lunghi brani che giubilano il minimalismo strumentale. Non toglietegli mai la corrente!

Track Listing

01. Itinerant Heroes or the Fragility of Mirrors (18:06); 02. Wandering Women of Letters (10:27); 03. Two Germans at the End of the Earth (5:17); 04. Magicians, Mercenaries and Miserable Creatures (11:52).

Personnel

Charbel Haber - chitarra elettrica.

Album information

Title: It Ended Up Being a Great Day, Mr. Allende | Year Released: 2013 | Record Label: Percaso Productions


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