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Intervista a David Tronzo (parte terza)

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... tutte le scelte che ho fatto, nel modo di suonare, non si limitano alla chitarra, fa tutto parte di una mia visione della musica in generale. Per questo non riesco ad adattarmi nei gruppi altrui...
Parte terza [per leggere la prima parte clicca qui, per la seconda parte clicca qui]

All About Jazz: Dopo il tour con John Hiatt, la mancata consacrazione discografica e il conseguente 'licenziamento' improvviso, cosa è successo?

David Tronzo: Tornai a New York. Non in città ma nei dintorni, e ho fatto un po' di tutto, abbandonando per un paio d'anni la musica che mi piaceva fare... per poi tornare a farla, e allora incontrai John Cale e lavorammo insieme ad un paio di dischi... Dave Sanborn mi chiese di suonare nel suo disco Another Hand, e anche con Gavin Friday, e fu la volta di Shortcuts, o fu poco dopo. Nell'88 formammo gli Spanish Fly, e per fortuna andammo avanti. Marcus Rojas era con i Threadgill, Bernstein con i Lounge Lizards e un anno dopo che Hiatt mi licenziò entrai nei Lounge Lizards per la prima volta e ci suonai per un anno, e poi John Lourie mi licenziò [ride]. Che posso dire... Per la cronaca, tutte le scelte che ho fatto, nel modo di suonare, non si limitano alla chitarra, fa tutto parte di una mia visione della musica in generale. Per questo non riesco ad adattarmi nei gruppi altrui: quel che succede è che comincio a suonare sopra le righe, e al leader non piace; ci proviamo, ma inevitabilmente non ci riusciamo! Insomma, tu stai crescendo, e non puoi impedirlo! E nessuno di questi gruppi rappresenta una carriera... non è come se, per dire, David Bowie ti dicesse "dammi 10 anni della tua vita"... [ride] "e ti renderò ricco." È come con i Lounge Lizards, ci lavoravo un paio di volte all'anno... ma alla fine tornavo a far cose con gli Spanish Fly e con il mio Trio, e ad occuparmi degli altri progetti che sono durati nel tempo, resistendo a tutto... gli Spanish Fly sono andati avanti per otto anni! E gli Slow Poke cinque anni... e il mio Trio è in piedi da sedici anni... il Trio... suoniamo ancora, no? E suoniamo meglio che mai...

AAJ: Ma il primo batterista del Trio...?

D.T.: Neanche lo conosci. Anzi non conosci nessuno dei primi tre batteristi del Trio. Il primo del quale hai sentito parlare è stato Jeff Hirshfield, che fu il sesto batterista, e da allora è stato sempre lui, anche se per un po' ci sono stati anche Dougie Bowne e Brad Jones.

AAJ: Ah, Brad Jones...

D.T.: Ben Perowski, Matt Wilson, Kenny Wolleson, un ragazzo di nome Mike Mazur, che è di New York.

AAJ: Ah già!

D.T.: Già, è un grande...

AAJ: Ha suonato anche con Michael Blake...

D.T.: Esatto!

AAJ: Bobby Previte! Anche Bobby Previte...

D.T.: Sì, anche Previte ha suonato con me... e ci conosciamo bene, e lavoriamo ancora insieme... Bobby mi ha chiesto di fare un pezzo in un disco, un anno e mezzo fa. Comunque, siamo arrivati al '91, mi pare, quando uscì il primo disco degli Spanish Fly, il primo disco del Trio ed il secondo disco degli Spanish Fly. Nel '94, '95 e '96 siamo andati un sacco in tour per l'Europa. E nel '96 all'improvviso la situazione per gli Americani in Europa cambiò dal punto di vista economico, a causa della fine di un accordo, il primo Gennaio del '96... Era un accordo stipulato dopo la Seconda Guerra Mondiale... scaduto il quale, all'improvviso, gli Europei ci dissero che dovevamo lavorare meno! [ride] e pagare un sacco di tasse... quadruplicate... Comunque continuai a lavorare per tutto il '96, '97 e '98, in queste condizioni. Voli più cari, musicisti più cari, viaggi più cari...

AAJ: ...e il dollaro che saliva.

D.T.: Il dollaro saliva, si facevano meno concerti, e i guadagni calavano, anche del 50 o 60 per cento, così per la prima volta in vita mia mi ritrovavo in perdita alla fine dei tour. E dopo tre anni in quelle condizioni mi sono detto... "Basta!" Stavo per andare in fallimento!... [ride] e la musica era meglio che mai... E questo è sempre stato il problema, non avere alle spalle una casa discografica di peso. Avevo fatto un disco con il Trio per la Knitting Factory, un altro disco dal vivo del Trio per l'etichetta della Radio Bremen... due dischi degli Spanish Fly, poi avevamo scritto per l'Opera di San Francisco...

AAJ: Per la Accurate Records?

D.T.: Esatto. E altri dischi e altri progetti, nel frattempo...

AAJ: Amnesia!

D.T.: "Amnesia," con Gabrels Reeves. Suonavamo negli States, provammo anche a fare un tour, ma non trovammo nessuno disposto a sostenerci... così non se ne fece nulla.

AAJ: Avevate in animo di fare un tour dopo il disco, e non se ne fece nulla?

D.T.: Proprio così! Io e Reeves organizzavamo le nostre serate con la band, facendo il tutto esaurito, ci dividevamo il compenso... ma non puoi farlo per sempre. Non riuscivamo a fare come ad esempio faceva John Medeski, che viveva in un furgone andando in giro per il Paese per un anno... non ci interessava farlo... o meglio, io e Reeves l'avremmo fatto come duo, ma la band non voleva... e quindi facevamo qualche concerto per conto nostro.

AAJ: Ma hai vissuto ad Amsterdam per un po'?

D.T.: Esatto, ho vissuto ad Amsterdam perché uno dei progetti che avevo messo su con Radio Bremen prevedeva che io scrivessi musica per la radio... e quindi mi dissero "perché non ti trasferisci qui vicino, dove vuoi tu, così riusciamo a lavorare sul progetto?"

AAJ: Questo in che anno?

D.T.: Dal Settembre '97 al Settembre '98... Mi trasferii ad Amsterdam, insieme agli Spanish Fly e al Trio, per lavorare con i ragazzi della radio Tedesca, ma alla fine c'erano un sacco di altre cose da fare in America, e quindi dopo un anno dovevo decidere se andare avanti lì o tornare... e non presi mai una decisione, la cosa venne da se, perché ci sarebbero voluti due anni per trasformare il progetto che stavamo facendo ad Amsterdam in un tour, mentre c'erano cose che in America avremmo potuto fare immediatamente... sempre quelle questioni economiche...

AAJ: Quindi siamo ai tempi del disco del Paul Weiling Trio intitolato New Amsterdam Reflections, e pubblicato su CD da Via Records?

D.T.: Beh, il progetto con Weiling era una specie di attività collaterale. Una cosa niente male, ma la novità in anteprima è il progetto del quale discutevo ieri sera con Michael Moore, vale a dire un trio con Ernst Glerum ed un quartetto con con Han Bennink... ne ho parlato con loro ieri sera e gli ho detto "dobbiamo rifarlo": abbiamo questi nastri di alcune esibizioni fatte in Belgio, Germania e Olanda, che sono davvero forti... non essendoci le percussioni, sono concerti che sembrano di musica da camera... è stato come uno Slow Poke all'Europea. Abbiamo suonato canzoni folk e pop alla Bob Dylan...

AAJ: Però...

D.T.: Quindi sto tentando... ne ho parlato con loro, e gli ho detto che sarei venuto per mettere in piedi una cosa del genere.

AAJ: Ma hai fatto dei dischi con quella band, che appunto hai chiamato Slow Poke all'Europea?

D.T.: Dischi? No...

AAJ: Però hai dei nastri...

D.T.: Sì, ho dei nastri, ma niente che si possa pubblicare... sono tutti brani dal vivo e non sono affatto male, ma la questione è quanto ti costa... quanto ti puoi permettere per pubblicare i tuoi dischi... voglio dire, la questione del far dischi per me è sempre stato qualcosa... qualcosa che non scatta, non so come dire. Quando salgo sul palco per suonare davanti ad un pubblico, capisco subito se scatta la sintonia o meno. E sono certo di poter dire che nel 95% dei concerti che ho fatto negli ultimi 15 anni il pubblico è tornato a casa con l'idea di voler assistere di nuovo a qualcosa del genere. Insomma, una risposta decisamente positiva da parte del pubblico. Mai da parte delle case discografiche. Mai! Anche a New York, dove gira un sacco di gente che ti dice "questo concerto è notevole!" o "tu sei davvero notevole!," ma quando gli chiedi "allora ne possiamo fare un disco" ti freddano con un "no, non è possibile, questa è musica che non si vende". A quel punto tu gli dici "Ma di che parli? Tu produci il disco, io vado in tour per un anno, e vedrai se non la vendiamo!"

AAJ: Però se aspetti troppo...

D.T.: Esatto. La cosa che ha reso gli ultimi 20 anni davvero difficili è il ritardo con il quale la gente ascolta i dischi... ad esempio, quando finalmente ascolti il disco che abbiamo fatto come Slow Poke ...

AAJ: Già, gli Slow Poke sono ormai altrove...

D.T.: Gli Slow Poke sono andati, finiti! Come Slow Poke eravamo all'apice quando abbiamo realizzato il nostro disco, dopo un anno di discussioni per arrivare ad un accordo. E per il secondo disco c'è voluto un altro anno e mezzo prima che fosse pubblicato! Insomma, è entrato in testa alla gente con un ritardo di tre anni e mezzo. E se fossimo ancora stati insieme non avremmo neanche più suonato quel tipo di musica, anche se era quello che la gente ti chiedeva, e tu dicevi di no! Ne ho discusso con un sacco di gente, è come se potessi prendere il mio trio e suonare quella musica ed avere un'idea migliore circa il significato della musica nel disco. E se adesso suonassimo come Slow Poke non suoneremmo neanche più in quel modo. Tony Scherr è impegnato con le sue canzoni, suona la chitarra, vuole suonarla invece del basso. Del resto per quanto tempo un bassista sta su a suonare il basso? Suona per non più di 15 minuti... e se vuole suonare il basso, allora suona con Frisell, questa è la realtà. E te lo dico perché lui è un vecchio amico, e ne parliamo spesso. La sua carriera ora è qui, Michael Blake ha il suo gruppo che è qui, e anche io sono qui adesso... va così. Gli Spanish Fly sono stati l'unico gruppo con il quale siamo davvero riusciti a fare dei dischi mentre eravamo all'apice, seguiti poi dal tour. E questo grazie alla Knitting Factory; a Saalfelden e ai festival in Canada...

AAJ: Ma l'avventura degli Spanish Fly è finita, oppure no?

D.T.: Sì, assolutamente.

AAJ: ...perché so che hanno fatto un tour in Italia con Dave Fiuczynski, forse perché tu non eri più interessato...

D.T.: Esatto...

AAJ: Quindi è finita?

D.T.: Sì. Sai, per tutto il tempo, Marcus Rojas stava creandosi una carriera di musicista classico a New York, ed è una cosa che ti assorbe parecchio tempo. Non mi va di parlarne molto, ma quel che posso dire è che in ogni gruppo, eccezion fatta per il mio Trio [ride]... no, seriamente, quasi ogni gruppo ha sempre un lato oscuro, problemi che ti rodono dentro, anche se all'apparenza vai e suoni come se nulla fosse. Anche nei Lounge Lizards, è incredibile quello che si nasconde, che piano piano erode il gruppo dall'interno, come un fiume sotterraneo. Non voglio scendere in dettagli, ma è qualcosa contro cui tutti si trovano a combattere. E il peggio è che nessuno al di fuori del gruppo si immagina che ci sia qualcosa che lo mina sotto sotto.

AAJ: Già.

D.T.: La gente pensa "è un buon gruppo, sono bravi ragazzi, tutto andrà bene, finché al pubblico piace..." beh, non è affatto così!

AAJ: Capisco...

D.T.: Dio solo sa quanto vorrei che fosse diverso! Il Trio è il mio gruppo più longevo - 16 anni, e ancora siamo insieme...

AAJ: Nel tuo Trio Stomu Takeishi è stato il bassista fin dall'inizio.

D.T.: Proprio così.

AAJ: Solo il batterista è cambiato, molte volte.

D.T.: Il batterista... beh, in realtà anche il bassista era un altro, all'inizio. Forse ne hai sentito parlare - Joe Gallant. Quando era con me suonava il basso acustico - incredibile - in puro stile Charlie Haden. Davvero un grande... dagli in mano qualunque strumento e lo suonerà con una naturalezza incredibile. Ad un certo punto Joe ha creato la sua band, gli Illuminati, che in origine era formata da lui e da un trio d'archi. Io ne ho fatto parte per 6 mesi, poi c'è stato David Soldier per altri 6 mesi... aveva questa idea di avere persone diverse a seconda del momento. Quando diventò quella grande band, sapevamo già che ci saremmo separati... a New York succede. E non so cosa sarebbe successo se qualcuno avesse preso il gruppo dicendo "questo è il gruppo, lo gestiremo e lo costruiremo," avrebbe dovuto confrontarsi con la visione di Joe, che era quella di un gruppo molto numeroso. Certo, gli ci sono voluti dieci anni per costruirlo come voleva, e lo finanzia con i suoi guadagni di produttore televisivo.

AAJ: Già.

D.T.: Perché ogni esibizione gli costa 2500 dollari solo di compenso per i musicisti [ride]. Nessun club a New York pagherebbe quella cifra [ride] Ecco come siamo ridotti.

AAJ: Davvero - ora che siamo qui a Saalfelden, parliamo un po' dei progetti che hai in cantiere per quando tornerai a New York?

D.T.: Al momento ci sono progetti in duo e progetti da solo. Quelli da solo sono concerti o realizzazione di colonne sonore, un po' scritte, un po' basate su musica elettronica e per il resto improvvisate. Riguardo ai duo, ce ne sono 3: uno con Peter Herbert, un altro con Chris Dahlgren, che è un tipo incredibile! Suona il basso acustico, sia preparato sia normale, fa musica elettronica... e capita anche di trasformarci in un trio, con Matt Wilson o Mike Sarin.

AAJ: Ok.

D.T.: Poi c'è il quartetto di Chris, Guitarello, con me, Brad Shepik e Mike Sarin, che soffre un po' il fatto che Brad sia così impegnato...

AAJ: Già.

D.T.: Insomma, prenderemo la musica di questo Guitarello e suoneremo con Peter Epstein al sax, oppure prenderemo la musica del gruppo di Chris, Best Intensions, che include due sax, e io suonerò con la chitarra la parte di uno dei sax!

AAJ: [ride]

D.T.: Poi c'è il mio Trio, con Matt o Mike Mazur o Kenny... e Stomu. E poi... basta, direi che ci siamo... però mi sta venendo voglia di rimettere in pista quel progetto Olandese.

AAJ: Aha... e che mi dici del progetto con Granelli e Epstein?

D.T.: Oh, giusto! Sì, io e Granelli abbiamo questo gruppo con Peter, e abbiamo pubblicato un disco, Crunch. Peter è davvero impegnato in un sacco di cose - ha anche messo in piedi questa scuola con Ralph Alessi. Questo progetto sta crescendo e ci sta dedicando molte energie. Non solo, Peter è anche impegnato insieme a J.A. Granelli in un altro progetto chiamato "Mr. Lucky" con Jamie Saft e suo padre alle percussioni. Mi capita di esibirmi in trio con J.A. e suo padre. Qualche volta suoniamo come "Mr. Lucky," ci siamo appena esibiti in trio con Matt [ride]... una cosa un po' incestuosa, no? Beh, J.A. incide per la sua stessa etichetta, su internet. Lo stesso fa Peter. E non ci sono molte riviste che recensiscono le uscite su internet...

AAJ: Noi lo facciamo abitualmente!

D.T.: Davvero? Beh, siete delle mosche bianche!

AAJ: Beh, sai...

D.T.: Conosco giornalisti, sia negli States che qui, che da 20 anni mi dicono "sono 5 anni che non riesco a recensire un tuo disco, perché pubblichi per case discografiche troppo piccole. Non vengono distribuiti." E ti vien voglia di dirgli "beh, quando inciderò per la maledetta Blue Note, cosa che non avverrà mai, allora chissà"... insomma, sveglia!

AAJ: [ride]

D.T.: Hai sentito che la Tower Records vuole chiudere?

AAJ: Già, è incredibile...

D.T.: Vogliono eliminare i negozi e vendere solo via internet. E poi mi dicono che non riescono a recensire le uscite su internet? Semplicemente assurdo!

AAJ: Vero

D.T.: Vabbè, proseguiamo... però, stavo pensando che non rilascio interviste dal '95... o dal '96?

Foto di Claudio Casanova

Continua... quarta parte.

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