Kevin Hays, Lionel Loueke: Hope
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Kevin Hays e Lionel Loueke sono ormai da diversi anni considerati due fra i più affermati musicisti della loro generazione, avendo alle spalle numerosi dischi e concerti in collaborazione con artisti del calibro di Brad Mehldau, David Holland, Chris Potter, Bill Stewart, Sonny Rollins, John Scofield, Herbie Hancock, Wayne Shorter e Charlie Haden, solo per nominarne alcuni fra i più importanti.
Pur provenendo da culture e percorsi musicali totalmente differenti (il melting pot della scena jazz newyorchese per il pianista, il contesto dell'Africa subsahariana con influenze francesi per il chitarrista), il duo ha trovato un'affinità e un'unicità sorprendenti nel dare vita al loro primo album dal titolo Hope. Originariamente pubblicato in vinile nel 2017 dalla Newvelle Records, e poi ripubblicato in versione estesa con tre tracce in più e rimasterizzata in CD dalla Edition Records nel 2019, il disco è fondato su una relazione profonda di ascolto che Hays e Loueke riescono a instaurare grazie a una notevole apertura di spirito e di mente e a un talento espressivo cristallino. Come ha affermato Hays successivamente alla pubblicazione del disco, "A volte ci guardavamo durante la registrazione e cominciavamo a ridere per il sincronismo straordinario che ascoltavamo. È qualcosa che non puoi pianificare. O c'è o non c'è."
Quelli che considerano l'innovazione nella musica contemporanea strettamente legata all'utilizzo dell'elettronica, della computer music o dei suoni digitali, non potranno che ricredersi ascoltando un disco come Hope. Nell'arco delle 12 tracce che compongono l'album, Hays e Loueke dimostrano che l'innovazione è oggi soprattutto una questione di emozioni che possono essere generate da combinazioni inedite e complesse di diversi elementi musicali e concettuali.
Il calore dei suoni puramente acustici innanzitutto, intensificato da un approccio ritmico agli strumenti, come accade in particolare nella gioiosa traccia iniziale "Violeta" e in quella malinconica ballata world- folk che è la title track. Fondamentale è l'interplay che per intensità e sincronismo sfiora la simbiosi, raggiungendo l'apice espressivo in "Veuve Malienne" e "Twins," brani dalle strutture sonore talmente ricche e stratificate che si fa fatica a credere che i musicisti in gioco siano solo due.
Il ritmo è al centro di tutto il processo creativo, soprattutto nei momenti più turbolenti come l'irresistibile ballata andalusa "Aziza Dance" e l'esotica "Ghana Boy," in cui viene fuori tutto il talento ritmico-percussivo da Django Reinhardt subsahariano di Loueke. Non mancano comunque le stasi avvolgenti di tracce come "Milton," straordinaria per come si estingue nel silenzio attraverso gli arpeggi sincopati della chitarra e dopo un'espansione luminosa del piano, e "Feuilles-O," ipnotica canzone tradizionale haitiana in cui Hays emoziona cantando in lingua creola.
Un elemento che merita una menzione a parte è l'utilizzo della voce come strumento musicale capace di espandere e rendere imprevedibile il paesaggio sonoro. Sia Hays che Loueke si cimentano nel canto, utilizzando lingue straniere e lontane, sussurrando, gemendo, evocando tramonti africani mozzafiato ("All I Have") o lo street spirit della dolce vita newyorchese ("Sweet Caroline").
È proprio questo il senso di speranza presente nel titolo e in ogni frammento musicale del disco: infondere gioia connettendo persone, luoghi e culture solo in apparenza lontani.
Pur provenendo da culture e percorsi musicali totalmente differenti (il melting pot della scena jazz newyorchese per il pianista, il contesto dell'Africa subsahariana con influenze francesi per il chitarrista), il duo ha trovato un'affinità e un'unicità sorprendenti nel dare vita al loro primo album dal titolo Hope. Originariamente pubblicato in vinile nel 2017 dalla Newvelle Records, e poi ripubblicato in versione estesa con tre tracce in più e rimasterizzata in CD dalla Edition Records nel 2019, il disco è fondato su una relazione profonda di ascolto che Hays e Loueke riescono a instaurare grazie a una notevole apertura di spirito e di mente e a un talento espressivo cristallino. Come ha affermato Hays successivamente alla pubblicazione del disco, "A volte ci guardavamo durante la registrazione e cominciavamo a ridere per il sincronismo straordinario che ascoltavamo. È qualcosa che non puoi pianificare. O c'è o non c'è."
Quelli che considerano l'innovazione nella musica contemporanea strettamente legata all'utilizzo dell'elettronica, della computer music o dei suoni digitali, non potranno che ricredersi ascoltando un disco come Hope. Nell'arco delle 12 tracce che compongono l'album, Hays e Loueke dimostrano che l'innovazione è oggi soprattutto una questione di emozioni che possono essere generate da combinazioni inedite e complesse di diversi elementi musicali e concettuali.
Il calore dei suoni puramente acustici innanzitutto, intensificato da un approccio ritmico agli strumenti, come accade in particolare nella gioiosa traccia iniziale "Violeta" e in quella malinconica ballata world- folk che è la title track. Fondamentale è l'interplay che per intensità e sincronismo sfiora la simbiosi, raggiungendo l'apice espressivo in "Veuve Malienne" e "Twins," brani dalle strutture sonore talmente ricche e stratificate che si fa fatica a credere che i musicisti in gioco siano solo due.
Il ritmo è al centro di tutto il processo creativo, soprattutto nei momenti più turbolenti come l'irresistibile ballata andalusa "Aziza Dance" e l'esotica "Ghana Boy," in cui viene fuori tutto il talento ritmico-percussivo da Django Reinhardt subsahariano di Loueke. Non mancano comunque le stasi avvolgenti di tracce come "Milton," straordinaria per come si estingue nel silenzio attraverso gli arpeggi sincopati della chitarra e dopo un'espansione luminosa del piano, e "Feuilles-O," ipnotica canzone tradizionale haitiana in cui Hays emoziona cantando in lingua creola.
Un elemento che merita una menzione a parte è l'utilizzo della voce come strumento musicale capace di espandere e rendere imprevedibile il paesaggio sonoro. Sia Hays che Loueke si cimentano nel canto, utilizzando lingue straniere e lontane, sussurrando, gemendo, evocando tramonti africani mozzafiato ("All I Have") o lo street spirit della dolce vita newyorchese ("Sweet Caroline").
È proprio questo il senso di speranza presente nel titolo e in ogni frammento musicale del disco: infondere gioia connettendo persone, luoghi e culture solo in apparenza lontani.
Track Listing
Violeta; Hope; Aziza; Feuilles-O; Milton; Twins; Veuve Malienne; All I Have; Ghana Boy; Loving You; Sweet Caroline.
Personnel
Kevin Hays: piano; Lionel Loueke: guitar, acoustic.
Additional Instrumentation
Kevin Hays: voice; Lionel Loueke: voice.
Album information
Title: Hope | Year Released: 2019 | Record Label: Edition Records
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