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Go: Organic Orchestra - "Murmuration": Adam Rudolph - Ensemble Dissonanzen - Improart Orchestra

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Adam Rudolph non è nuovo a Napoli. Nel festival Caminantes, organizzato dall'Ensemble Dissonanzen nel 2009, il percussionista e compositore americano aveva diretto, in un concerto memorabile, lo stesso Dissonanzen, l'Is Jazz Ensemble, il consort di flauti dolci del Conservatorio di Cosenza e un trio d'archi del Conservatorio di Napoli. Il concerto fu allora realizzato nella Basilica di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta, in uno spazio architettonico e sonoro di particolare bellezza e suggestione, tanto da occupare uno spazio altrettanto da protagonista anche nell'incisione che ne fu realizzata, il CD Pietrasanta Project.

La Settimana di Musica Contemporanea del Festival 'Namusica è stata l'occasione per riproporre una collaborazione "allargata" con un nuovo progetto di Adam Rudolph, la Go: Organic Orchestra e Dissonanzen. All'occasione si è creato un nuovo gruppo orchestrale, la Improart Orchestra, che - unita al nucleo storico dei Dissonanzen - ha dato vita a Murmuration. Le diverse attività collaterali e inserite nel festival ci hanno permesso di conoscere più da vicino il lavoro di Adam Rudolph, di partecipare ad una bella e importante lezione al conservatorio per la scuola jazz, assistere alle prove della Go: Organic Orchestra, chiacchierare con Rudolph [leggi qui l'intervista] e goderci il concerto finale tenutosi alla Sala Sisto V del Complesso Monumentale di San Lorenzo Maggiore con un grado di consapevolezza di quello che musicalmente stava accadendo senz'altro maggiore.

Quella che segue non è dunque la recensione di un singolo evento, bello, ma pur sempre estemporaneo, quanto piuttosto il resoconto del percorso, articolato in varie fasi e sviluppi, che ha portato alla realizzazione di quel momento e del progetto Murmuration.

Lunedì 14 maggio, Conservatorio San Pietro a Majella: ritmo, notazione, verticalismo ciclico.

Si parte da Adam Rudolph, una figura di grande interesse per il jazz, la musica contemporanea, l'improvvisazione, e chiaramente dalla sua lunga esperienza di ricerca. La lezione di Rudolph al Conservatorio San Pietro a Majella è stata l'occasione per esporre agli studenti del corso di jazz teoria e pratica della composizione istantanea e per presentare Pure Rhythm. Rhytm Cycles and Polymetric Patterns for Instrumentalists, Percussionists, Composers and Music Educators [Advance Music 2005]. In questo volume Rudolph ha sintetizzato il suo metodo, chiamato Cyclic Verticalism, frutto di più di trent'anni di ricerche nel campo delle percussioni e delle collaborazioni con vari musicisti jazz e non solo (da Wadada Leo Smith a Yousef Lateef, Don Cherry, Jon Hassell, Sam Rivers, Pharaoh Sanders, L. Shankar, Fred Anderson, Muhal Richard Abrams, Omar Sosa, Hassan Hakmoun, etc.).

Pure Rhythm è un metodo basato sostanzialmente sui ritmi, esposti in una forma "pura," priva di qualsiasi stile e quanto più possibile aritmetica. Per elaborare il metodo del verticalismo ciclico Rudolph racconta di essere partito da due constatazioni. La prima è stata che la musica è un'arte temporale e il ritmo è il mondo che sta lavorando nel tempo. Dunque il ritmo è implicito in ogni gesto musicale. Eppure il ritmo è spesso trascurato nelle lezioni musicali in parte perché è difficile da rendere nella pagina scritta. La seconda è più complessa e tocca il sistema di notazione. Secondo Rudolph il sistema di notazione europeo-occidentale trascura il ritmo essendo essenzialmente "divisivo" [ossia una intera nota (1) è divisa in due seminote (1/2), in quattro quarti (1/4), in ottavi (1/8) e così via], laddove in altre culture musicali (indiana, medio-orientale, europea-orientale soprattutto), che usano invece sistemi "additivi" [unità di 2 e 3 vengono combinate per generare cicli ritmici], ci sono state e ci sono ad oggi maggiori possibilità espressive, maggiore attenzione al ritmo. Per ovviare a questo problema e dare allo stesso tempo luce, colore e sostanza al gesto musicale (ritmo), Rudolph ha dunque elaborato nel corso degli anni un suo sistema di notazione che si basa su battiti o pulsazioni (pulses) - accentate o meno (lasciati senza suono) - che creano dei cicli ritmici (rhythm cycles), alla cui base c'è un concetto "additivo" che prevede che cellule ritmiche di 2 o 3 battiti vengano sommate insieme per costruire per l'appunto ritmi di varie lunghezze.

I due mattonicini con cui si costruisce la cosmografia di Rudolph (da 2 e 3 battiti) sono presentati ai ragazzi nella pratica: battendo le mani a ritmo, sul proprio corpo e usando in contemporanea la voce, essi stessi costruiscono i loro primi ritmi ciclici.

Rudolph spiega poi l'ultizzo del termine "verticalismo," che esprime i poliritmi (polyrhythms), vale a dire quando due (o più) ritmi (variamente composti dai battiti di cui sopra) vengono impilati/accostati uno sopra l'altro e sono suonati simultaneamente. Dice Rudolph: il verticalismo ciclico è il mio tentativo di esplorare alcune delle possibili combinazioni che derivano dal processo di combinazione di questi elementi ciclici (sul piano orizzontale) e verticale (polimetri).

Rudolph illustra alcune pagine dal metodo Pure Rhythm nelle quali sono riprodotti i cicli fondamentali (2 più 3, 3 più due, 3 contro 2), i poliritmi (con le loro molteplici varianti) e le famose "griglie" con indicazioni di suoni alti (H = high pitched sound) o bassi (L = low pitched sound) o silenzio (- = a silent marking of a counted pulse). Alcuni di questi materiali sono stati dati all'Improart Orchestra e all'Ensemble Dissonanzen.

Nella mattinata al Conservatorio Rudolph ha anche parlato di aspetti del ritmo e delle sue manifestazioni attraverso 1) il linguaggio, 2) la danza, 3) e la matematica. Il linguaggio ha a che fare con la relazione della parola parlata e cantata in una cultura della frase ritmica. Il linguaggio è un tamburo, produce ritmi, e questo Rudolph lo sa bene facendo suonare i ragazzi attraverso la voce e il corpo. Sì, perché anche la danza è una fonte per il ritmo, come manifestazione sonora del movimento fisico: musica e danza sono intimamente correlate tra loro. Lo sa bene Rudolph la cui musica produce ritmi ballabili e danzabili. Infine la matematica. Perché il ritmo è matematica e questo permette di pensare in termini neutri, superando lo stile o la cultura, e applicando il metodo a qualsiasi formazione, musicista, contesto.

L'incontro con Rudolph si chiude con una prova d'ensemble che viene effettuata con un gruppo di ragazzi del conservatorio. La pratica della composizione istantanea parte con difficoltà: non è facile ragionare d'improvviso e improvvisando su ritmi ciclici, poliritmi e griglie di Rudolph, ma lui, sempre sorridente, riesce in poco tempo a tirare fuori una bella energia e una musica anche piacevole. Un'occasione rara per molti ragazzi di conoscere i ferri del mestiere di un così importante compositore e teorico.

Martedì-giovedì 15-16 maggio: prove d'orchestra e Organic Orchestra practice per Murmuration.

Il passo dal metodo sopra illustrato alla realizzazione di Murmuration è tutt'altro che breve.

Diverso tempo prima di venire a Napoli Rudolph ha consegnato all'Improart Orchestra e all'Ensemble Dissonanzen dei materiali melodici ed armonici unitamente a delle "linee guida" su cui fare pratica. L'elaborazione di una composizione istantanea parte, infatti, dal sistema di notazione sopra esposto, ma necessariamente passa attraverso l'apprendimento del metodo da parte dei musicisti della Go: Organic Orchestra, per poi arrivare all'elaborazione e anche all'improvvisazione con/su i materiali da concerto. I materiali sono contenuti nelle cosiddette "matrici" che vengono date da Rudolph ai musicisti: non sono altro che tabelle di lettere che contengono note nel sistema anglosassone sulle quali fare pratica, leggendole e suonandole ripetutamente in ogni direzione (dall'alto in basso e viceversa, da destra a sinistra e viceversa), prima lentamente e poi sempre più velocemente, ma solo utizzando le note scritte. Negli esercizi di preparazione Rudolph consiglia, solo dopo aver fatto pratica su ciascuna linea della tabella, di costruire frasi proprie e ripeterle usando inversioni, dinamica, tecnica e ritmo (anche silenzi, se si vuole) personali. Sulle matrici è possibile che ciascun musicista crei combinazioni proprie, tenendo a mente che schemi semplici, chiari, tematici, ripetuti funzionano meglio in dialogo con altri.

Le sette "matrici" (che per il concerto di Napoli sono state rispettivamente mirror, octatonic, hexatonic, tree, pentatonic, rotation, raga) sono il materiale sonoro che Adam Rudolph ha utilizzato per plasmare il suono della Go: Organic Orchestra napoletana.

Mancano ancora due tasselli in questo quadro già straordinariamente complesso. Il "cosmogramma" denominato Triple Diminshed Galaxy, una specie di percorso attraverso le diverse sequenze intervallari e che va utilizzato come le altre tavole. La sua differenza sta nel come viene rappresentata la musica, in un figura geometrica piana costituita da una lettera centrale (nota) e da una serie di raggi sinuosi che si dipanano verso l'esterno dando vita ad una figura vitale (sole? cosmo? albero?). Infine i gesti e i segni (hand signals) che Adam Rudolph fa per guidare l'orchestra nell'agogica e nella dinamica. Il linguaggio della composizione istantanea non può farne a meno poiché è fondamentalmente che si arriva alla musica attraverso di essi. I segnali fatti da Adam Rudolph permettono ai musicisti dell'orchestra di capire quando, cosa e come suonare, se bisogna improvvisare liberamente, suonare forte, piano, staccato. Passare dalla matematica al linguaggio e alla danza.

Le prove della Go: Organic Orchestra rimbombano ed eccheggiano nella sala Sisto V. L'Improart Orchestra è nuova al metodo di Rudolph e soprattutto deve amalgamarsi all'Ensemble Dissonanzen. I ventotto musicisti (molti dei quali sono studenti al conservatorio) e Adam Rudolph si devono conoscere. Non basta lo studio delle matrici, non bastano i gesti, che non sono sempre eloquenti per chi (come molti) non ha alle spalle un'esperienza del genere. Ci vogliono tre giorni di refusi, imprecisioni, incomprensioni, pratica, prove. Staccarsi dalle matrici e passare all'improvvisazione istantaneamente, con libertà, senso del ritmo, bellezza. Marco Cappelli, che peraltro già collabora con la Go: Organic Orchestra newyorkese [si veda una recensione del recente The Sound of a Dream a cui ha partecipato], spiega e traduce per gli altri. Sono prove d'orchestra. Prove d'improvvisazione.

La formazione pensata per Murmuration prevede una sezione di archi allargata, a differenza del "Pietrasanta Project" dove erano invece stati i fiati (flauti dolci in particolare) ad avere uno spazio e un'attenzione particolare. Adesso ci sono poi due giovani contrabbassisti (De Tilla e Grieco), un percussionista e un batterista (Guidobaldi e Costanzo) che devono vedersela con la questione più complessa: Adam Rudolph è ipersensibile al ritmo e a loro spetta una parte di primaria importanza. Le prove sono essenziali per capirsi e per consentire loro di avere un ruolo chiave dal vivo. Lo prove sono anche essenziali perché Rudolph riesca a tirare fuori (in modo davvero maieutico) ritmo da chiunque abbia davanti.

Prima del concerto Rudolph racconta, nella conversazione-intervista avvenuta sotto il portico del Complesso Monumentale di San Lorenzo Maggiore, che l'ispirazione di Murmuration gli è venuta guardando un documentario e vedendo lo spostamento degli uccelli nel cielo. Il termine inglese non indica il mormorio (come potremmo erroneamente tradurre), piuttosto il suono che producono gli uccelli quando creano quelle particolari figure nel cielo e disegnano coreografie straordinarie. Si potrebbe dire che la giornata, guardando il cielo appunto, possa essere una di quelle, terse e luminose, nelle quali anche a Napoli si vedono stormi volteggiare nel cielo. Chissà che Rudolph non s'involi anche lui nel cuore storico di questa Napoli, eccezionalmente silenziosa in questo cortile. È una città di mare, una città di derive e approdi, dice Rudolph, a cui piace questa commistione antico-moderno, caos-quiete. Si vede che è uomo di mondo.

La sala Sisto V del Complesso Monumentale di San Lorenzo Maggiore è straordinaria. Ma Rudolph ne teme l'acustica. A differenza della Basilica di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta, il suono della Sala Sisto V non sale in orizzontale, ma si diffonde in verticale. Rimbalza, dice Rudolph. I suoni elevati e prorompenti della Go: Organic Orchestra nelle prove hanno eccheggiato a lungo. Interrotti, troncati, mozzicati dalle prove, non si sa come saranno nella loro forma completa ed estesa, soprattutto infrangendosi sul pubblico. Il timore è che possano non avvolgerlo così come era stato alla Pietrasanta.

Giovedì 17 maggio 2012 Napoli, Complesso Monumentale di San Lorenzo Maggiore, Sala Sisto V: concerto: Murmuration.

Murmuration parte mormorando e sibilando, è proprio il caso di dirlo. Un attacco di Marco Cappelli alla chitarra, poi le tastiere di Francesco D'Errico, poi gli archi, poi, pian piano, tutto il resto, l'orchestra, questa sinuosa figura che, volteggiando, si delinea delicatamente in una sera che tarda ad arrivare.

Sono figure geometriche sinuose quelle che con lentezza Adam Rudolph disegna nell'aria. Dà e costruisce lui stesso il ritmo, anche per il pubblico. Sono riconoscibili quei battiti e quelle pulsazioni (2 e 3, 3 e 2, 3 contro 2) che ne costituiscono l'essenza. Su ritmo si capisce che si addizionano gli elementi dell'orchestra, ciascuno a suo tempo, anche loro volteggiando in una sera ormai giunta.

Murmuration è poesia ed eleganza insieme. Parte astratto, pensoso, quasi distante. Poi le ali del ritmo finalmente si aprono e la musica di Rudolph s'invola, stagliandosi piena, corposa, coreografica, nell'aria di una sala settecentesca che le conferisce straordinaria potenza. Saranno otto i brani del concerto.

Lo sviluppo iniziale ricorda The Sound of a Dream. Manca l'Africa delle "Dance Drama," ma quel ritmo c'è. Si sentono anche frammenti di "Love's Light". In alcuni brani sembra di assistere a sviluppi alternativi, varianti di varianti, che partono chiaramente da materiali melodici ed armonici noti, per poi prendere strade loro, diverse, vicoli di Napoli per l'esattezza. L'alternativa è data dall'improvvisazione, da Rudolph stesso, dall'anima della Go: Organic Orchestra di Napoli, dal colore che hanno la Improart Orchestra e l'Ensemble Dissonanzen. Non ci sono appigli per chi ascolta. Abbiamo preso moltissimi appunti (ritmi, numeri, sensazioni). Abbiamo seguito la sezione d'archi in particolare, poi i flauti e la chitarra, seguendo i gesti di Rudolph e gli occhi dei musicisti (fasci di nervi che portavano direttamente alle mani e ai suoni). Per concludere che alla fine, anche se è matematica, questa musica è fatta (improvvisata) per divertire e far godere.

Come è raro sentire nei lavori di Rudolph, in Murmuration ci sono anche le voci. Tre voci (Castaldo, Capezzuto, Nasti). A partire dal terzo brano una voce femminile, poi una maschile e ancora una maschile si intersecano all'orchestra. Sono diverse, belle pastose tutte e tre, un blues meridionale che s'interpone a tratti. "Blues in Orbit," come nel bel CD dell'Adam Rudolph's Moving Pictures con l'Organic Orchestra Strings Both/And. L'acustica della sala Sisto V le penalizza un po' (chissà come saranno registrate), ma sono così belle sentite da vicino...

I ritmi a metà concerto si addizionano, sembra di arrivare alla cacofonia. L'orchestra diventa un corpo unico di suono molteplice, composto di varianti, di linee che si incrociano, di possibilità alternative su griglie condivise. Spazi personali molto ridotti, ma assai ben calibrati. In realtà tutto è molto chiaro e lucente e i gesti di Rudolph guidano la Go: Organic Orchestra con certezza. Sa dove vuole arrivare e cosa vuole dire. Rudolph ondeggia anche lui, dà indicazioni e lo fa, ancora una volta, tirando fuori in modo maieutico ritmo e sostanza. Il sesto brano è fluviale. Sembra che Murmuration si sia involato in acqua e che si assista ad un trapasso in un'altra dimensione sonora.

Nell'ottavo brano, l'ultimo, Adam Rudlph ritrova se stesso, musista e percussionista. Anziché improvvisare con l'orchestra, la usa come fosse la pelle dei suoi tamburi, la percuote fino a farle prendere un ritmo travolgente. In questo è davvero brava la giovane sezione dell'Improart Orchestra a stargli dietro. È un crescendo vorticoso quello che porta al finale. Una danza, fatta di passi, 2 e 3, 3 e 2, 3 contro 2, verticalismo ciclico, linee che poi si incrociano, intersecano, allineano. Ritmo sempre più veloce, suono sempre più pieno. L'ultimo battito sull'orchestra vibra a lungo nella sala Sisto V. Sembra in controtempo. Viene accolto da un caloroso ed entusiastico applauso.

Si ringraziano sentitamente Adam Rudolph, Marco Cappelli, Tommaso Rossi e Gianangelo Bettinzoli che ci hanno permesso di seguire il progetto Murmuration nelle sue varie e stimolanti fasi.

Foto di Sabrina Cirillo (la seconda e la terza) e Peter Gannuskin (la quinta).

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