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Fuga dal tragico — G.A.M.O. Firenze

Fuga dal tragico — G.A.M.O. Firenze

Courtesy Andrea Politi

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Firenze
Murate Art District
G.A.M.O.
1.12.2021



Per la quarantaduesima stagione concertistica del GAMO, una delle istituzioni fiorentine dedite alla musica contemporanea, presso la sala Ketty La Rocca del Murate Art District è stato rappresentato in prima assoluta Fuga dal tragico, opera che si muove su più versanti artistici: la musica, il teatro e la poesia.

Nato da un'idea di Paolo Carradori, che si è poi occupato della selezione dei testi, e realizzato in collaborazione dal GAMO e dal Teatro Arsenale di Milano, il lavoro vedeva impegnati quattro musicisti—Giancarlo Schiaffini al trombone, Walter Prati al violoncello elettrificato, Francesca Gemmo al pianoforte e Sergio Armaroli al vibrafono e alle percussioni—e due attori—Lorena Nocera e Giovanni Di Piano—coordinati dalla regia di Marina Spreafico.

Il testo, come svelato già dal sottotitolo dell'opera "Dialogo immaginario tra i diari di Sylvia Plath e Cesare Pavese," ruotava attorno alle riflessioni di due poeti dalla vita drammatica e dalla fine tragica, che gli attori rappresentavano con una recitazione minimale, quasi sempre di fronte a un leggio che tuttavia portavano con sé, spostandosi tra i musicisti e occasionalmente intrattenendo con essi delle relazioni visive e interpretative. I testi erano di tema mutevole, così da costruire una serie rapsodica, perlopiù individuale ma anche con taluni momenti di coppia.

La musica, tutta rigorosamente improvvisata, prendeva le mosse dal testo: usandolo come bussola, girandogli attorno, fornendogli delle pause, commentandolo, a momenti anche interagendo "a vista" con esso. In particolare spiccavano alcuni momenti di relazione femminile tra la pianista e l'attrice, ma le interazioni tra strumenti e voci erano costanti, anche grazie alle scelte stilistiche e alla cura del suono messe in atto dai musicisti: la musica era infatti quasi sempre lenta e aperta (sarebbe impreciso usare l'aggettivo "rarefatta"), attenta ai silenzi e tessuta sull'ascolto reciproco, tanto dei musicisti quanto degli attori. Solo nei momenti di maggior tensione drammatica, quando il racconto e le voci narranti si facevano più spigolose e dinamicamente intense, anche il suono dei quattro cresceva, diventando in alcuni momenti roboante, a sottolineare la drammaticità del clima.

Ma anche nei diversi quadri in cui la musica fluiva da sola, libera di prodursi con le sole suggestioni proposte dalla narrazione precedente e a venire, si è potuta apprezzare la bravura e la creatività dei quattro musicisti, peraltro usi a collaborare tra loro e autentici maestri dell'improvvisazione. Sarebbe inevitabilmente riduttivo fare una sintesi di quanto da essi prodotto, perché se è vero che Gemmo e Armaroli hanno spesso costruito uno sfondo armonico e colorato sul quale Schiaffini e Prati potevano proporsi come voci espressive, è altrettanto vero che il violoncellista, operando all'archetto o all'elettronica, li sostituiva all'occorrenza, e che la Gemmo ha più volte preso la scena narrativa, mostrando oltretutto grande padronanza di stilemi e notevole inventiva drammaturgica. Insomma, si è assistito a un eccellente spettacolo di improvvisazione corale e interattiva, di grande godibilità, facilitata e arricchita dal contenuto testuale e dalla componente recitativa.

Bella serata di arte contemporanea e di improvvisazione, quest'ultima un po' assente sulla scena fiorentina, almeno nelle sue manifestazioni più rigorose e radicali.

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