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Fausto Amodei: canzoni di satira e di rivolta

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Fausto Amodei: canzoni di satira e di rivolta

di Margherita Zorzi

Editrice Zona

pag. 220

Dal punto di vista formale, le canzoni militanti di Fausto Amodei non appartengono certo alla tradizione del jazz o del blues ma se ampliamo, appena un po,' la prospettiva troviamo tanti elementi di convergenza con la storia sociale da cui nasce la visione alternativa e spesso antagonista dell'universo musicale afro-americano.

Fausto Amodei, per chi non lo sapesse, è stato uno dei protagonisti del movimento "Cantacronache," che per la prima volta in Italia usò la canzone popolare per esprimere contenuti di forte impegno sociale. Negli anni successivi l'autore ha accentuato la sua prospettiva politica, scrivendo molte canzoni di denuncia: la più famosa resta "Per i morti di Reggio Emilia," divenuto un vero e proprio inno delle rivolte studentesche e operaie degli anni sessanta/settanta.

Era il 3 maggio 1958 e in una sala del Palazzo Carignano di Torino un gruppo di giovani presentava lo spettacolo 13 canzoni 13, narrando in parole e musica i problemi dell'Italia di allora a cui era negata pubblica espressione. Di quel gruppo, assieme al giovane Amodei, facevano parte Sergio Liberovici e Michele Straniero mentre tra i collaboratori c'erano il critico e saggista Franco Fortini e lo scrittore Italo Calvino: tutti non sopportavano più gli standard della canzonetta stupida, basata su testi banali e facilissime melodie.

La storia ufficiale di Amodei nasce allora, come illustra con attenzione e affetto Margherita Zorzi, intellettuale eclettica (è anche ricercatrice al Dipartimento di Informatica dell'Università di Verona) ed essa stessa brava cantautrice.

Nel volume, che è anche la prima monografia uscita sull'autore, Margherita ripercorre la sua vita artistica, scavando nelle fonti d'ispirazione (oltre a George Brassens, la musica tradizionale piemontese, le canzoni anarchiche dell'Ottocento e l'opera di Angelo Brofferio e Ignazio Isler) e analizzando una ad una le sue composizioni, soprattutto nella parte testuale.

Tornano alla luce (o alla memoria, per chi le ha conosciute) titoli importanti: "La zolfara" portata al successo da Ornella Vanoni, l'inno antimilitarista "La canzone del popolo algerino," "Partigiani fratelli maggiori," "Il Gallo," "Il fazzoletto rosso" o "Il tarlo".

Quest'ultima paragona il vorace impegno di un tarlo, spinto a divorare un intero mobile, con la logica distruttiva del capitalismo. Una canzone che Umberto Eco definì "Una perfetta divulgazione del Capitale di Marx" e risulta oggi quanto mai attuale. La strofa finale recita: "Per l'ideale nobile / di divorarsi tutto quanto un mobile / chiaro monito per i posteri / questo tarlo visse e morì".

Il periodo meno noto (ma non meno creativo) di Amodei è quello recente, con le canzoni pubblicate nell'album "Per fortuna c'è il Cavaliere".

Il volume, accurato nella veste critica e piacevole nella scrittura, si conclude con un divertente fumetto di Sergio Staino ispirato alla canzone "padreterno@aldilà.com" e una discografia curata dal giornalista Enrico De Angelis, responsabile artistico del Club Tenco.


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