Home » Articoli » Interview » Dipingere con le corde: intervista a Luigi Tessarollo
Dipingere con le corde: intervista a Luigi Tessarollo
Ho avuto difficoltà nella graduale presa di coscienza che la propria arte venga tenuta in considerazione troppo spesso per motivi casuali, in una realtà in cui manca in abbondanza cultura, competenza e cognizione di causa.
All About Jazz: Sul tuo sito si legge il complimento di Franco Cerri: "In Italia i chitarristi jazz bravi si contano sulle dita di una mano. Luigi Tessarollo è uno di questi". A tuo avviso è effettivamente così?
Luigi Tessarollo: Questo è ciò che ha affermato Franco Cerri. Mi pare una persona credibile. Potrebbe essere proprio così.
AAJ: Da Franco Cerri alla stretta attualità, in che modo si è evoluto il linguaggio chitarristico in ambito jazz in Italia?
L.T.: Perché? Si è evoluto? A parte gli scherzi, in ogni linguaggio - nel senso etimologico del termine - ci sono neologismi che più che un'evoluzione ne determinano il cambiamento rendendolo più contemporaneo, non sempre o necessariamente migliore.
AAJ: Esiste un "jazz italiano," inteso come stile distinguibile da altri?
L.T.: Intendi quello senza swing, l'abolizione delle bluenotes e l'interesse per il "battere"? È una grossa fetta di jazz italiano. Non esattamente quella a cui appartengo, come risulta dalle mie numerose produzioni basate su un'estetica non coincidente con i parametri del jazz classico, ma in cui fortissima è la sua influenza e appartenenza, a cominciare dal lavoro discografico Musica del Piemonte tra Passato e Presente.
AAJ: Come mai sempre più jazz band annoverano nel loro organico la chitarra?
L.T.: Le proporzioni sono cambiate: i chitarristi jazz che si interessano, che si avvicinano o tentano la musica jazz sono centuplicati, anche per il crescente interesse e popolarità che il jazz attraversa. Star quali George Benson, Pat Metheny o John Scofield hanno fatto la loro parte nell'incrementare l'interesse verso lo strumento. Inoltre musicisti come Miles Davis e altri rinomati leader (Benny Goodman con Charlie Christian) hanno dimostrato l'efficacia e il successo artistico di organici con la chitarra influenzando i musicisti e il pubblico del jazz. Non ultimo fattore da considerare è il fatto che la chitarra è uno strumento armonico più agile e meno problematico a livello organizzativo dell'impiego di un bel pianoforte.
AAJ: Di recente hai realizzato un lavoro in duo con il chitarrista Roberto Taufic dal titolo Painting with Strings. Come è nato questo sodalizio?
L.T.: Io e Roberto abbiamo la fortuna di abitare nella stessa città: Torino. Una cantante con cui lui suonava gli ha chiesto a quale altro chitarrista avrebbe voluto affiancarsi, per estendere l'organico. Roberto ha fatto il mio nome e mi hanno chiamato. Da lì è poi nato il nostro duo, dodici o tredici anni fa.
AAJ: Qual è stato l'ostacolo maggiore da superare per arrivare a costruire una buona amalgama sonora?
L.T.: Molto spesso succedeva in concerto che uno dei due prevalesse sull'altro, quasi per tutta l'esecuzione del concerto: a volte ero io, a volte era lui. Questo non ci soddisfaceva. Abbiamo lavorato con molta perizia e attenzione nell'equilibrio del nostro rapporto tendendo a sublimare il concetto di duo in una sorta di "mono a due": nella scrittura, nell'equilibrio degli spazi e nella fusione dei volumi. La mia idea del duo è alla Joaquìn Rodrigo: se togli una chitarra l'altra non sta in piedi da sola, le due chitarre si fondono e diventano un unico strumento.
AAJ: Che significato c'è nel titolo?
L.T.: Come un pittore esprime emozioni, gioia, poesia con i colori e il pennello, noi lo realizziamo con le note e le corde del nostro strumento.
AAJ: Un album del genere a che tipo di pubblico è rivolto?
L.T.: Come ha subito colto Abercrombie, chiunque abbia "orecchie" per ascoltare ne sarà deliziato: dai bambini agli anziani, dai non musicisti ai raffinati intenditori.
AAJ: In che modo scegli i musicisti con i quali collaborare?
L.T.: A questo punto della mia carriera è imprescindibile l'ottimo rapporto fuori dal palco. Rifiuto collaborazione, anche con talento o nomi, se manca questo requisito. Dopodichè mi concentro sulle caratteristiche espressive dei miei partner e scrivo la musica in funzione di questo. Il Mediterranean Trio con Rolle e Deidda e i lavori con Gorge Garzone ne sono un ottimo esempio.
AAJ: Il suono della chitarra classica richiama il mondo latino e sudamericano. Che rapporto hai con questo tipo di culture?
L.T.: Posso dire di aver studiato, ascoltato e praticato molto e in modo approfondito la più significativa letteratura sudamericana. Ha influenzato in maniera determinante la mia passione e il gusto per quel modo di portare l'armonia.
AAJ: Abitualmente - quando ti esibisci dal vivo - quale chitarra utilizzi?
L.T.: Ultimamente utilizzo due tipi di chitarre: una è la Gibson 175 per situazioni più "straight jazz," ad esempio con Rachel Gould, con Mattia Cigalini, nel quartetto di Fulvio Albano, nel quartetto con Vincent e Azzolina, nel Tribute to Charlie Parker, nel progetto Christmas in Jazz, nel trio con l'hammondista Gurrisi. L'altra è una Fraterno Brio, liutaio brasiliano di Natal, costruitami appositamente un anno fa. È una chitarra classica eccezionale. La uso in duo con Roberto Taufic, anche nel nostro ultimo disco, in duo con Fulvio Chiara, e ,alternata alla Gibson 175, sia nel trio con Dalla Porta e Manhù Roche che nel Mediterranean Trio.
AAJ: Nella tua discografia ci sono diversi lavori in duo, con Stefano Bollani, Fulvio Chiara ed altri. È una dimensione che ti affascina molto? Come ti sei posto, dal punto di vista espressivo, di volta in volta nei confronti del tuo collega?
L.T.: Parte della risposta è già stata data parlando del duo con Taufic. Aggiungo che il peso specifico del risultato musicale è suddiviso al cinquanta percento. Ma ciò non te lo ritrovi in automatico. Mi affascina ottenere questo difficile risultato proprio perché, a mio avviso, è la caratteristica peculiare di un duo ben riuscito.
AAJ: Nel corso degli anni hai militato e dato vita a diverse band con diversi tipi di organico. Qual è il tuo ideale e perché?
L.T.: Ho equa predilezione dal duo al quintetto anche se l'esperienza di guest star in alcune big band come quelle a Umbria Jazz con la Millenium Bugs Orchestra di Mirko Guerrini mi entusiasma sempre molto.
AAJ: Dal punto di vista compositivo, qual è la principale caratteristica che emerge dai brani che scrivi?
L.T.: Lo ha egregiamente rilevato Maurizio Franco: "la musica di un artista abituato a viaggiare nelle più varie lande sonore, dalle quali trae umori e ispirazione: elementi neutri, ai quali solo la sincerità dell'espressione e l'intelligenza dell'invenzione danno un senso in grado di proiettarli al di là di qualunque categoria stilistica". Potrei aggiungere anche che è spesso musica descrittiva, quella che in ambito classico viene definita "Musica a Programma". A volte i titoli delle mie composizioni ne rispecchiano il carattere evocativo: "Therasia," "Il mondo di Fabio," "Attimi," "Floating in the Breeze".
AAJ: Sono passati diversi anni dal tuo esordio in ambito jazzistico. In questo percorso quali sono stati i momenti di maggiore difficoltà?
L.T.: Ho avuto difficoltà nella graduale presa di coscienza che la propria arte venga tenuta in considerazione troppo spesso per motivi casuali, in una realtà in cui manca abbondanza di cultura, competenza e cognizione di causa. E ciò su diversi fronti: operatori culturali, pubblico, musicisti, organizzatori, giornalisti... Riscontro inoltre una personale difficoltà nell'assumere come valore preponderante lo sviluppo della propria immagine rispetto all'importanza del valore artistico della propria produzione. Un'altra difficoltà che ho avuto è accettare e soddisfare la necessità di un alto virtuosismo (cosa che ho per altro acquisito in fretta) richiestomi per avere riscontri positivi soprattutto in situazioni da club o ambienti più profani. Dover essere anche "molto bravo" piuttosto che fare cose "belle," che non è per niente la stessa cosa.
AAJ: Ti è stata di maggiore insegnamento l'esperienza formativa del conservatorio o gli incontri con i grandi maestri del jazz quali Jim Hall e John Scofield?
L.T.: Entrambi. Effetti formativi diversi ma complementari.
AAJ: Quale è stata la tua più grande gratificazione a livello artistico?
L.T.: Una tra tante è certamente l'essere stato chiamato a suonare a Boston, in quanto vincitore con un CD (No More Mr "Nice Guys") registrato con George Garzone, Bob Gullotti, Matt Wilson e Lello Molinari di un contest discografico (Best of Boston Jazz Search) indetto nel 1993 nello Stato del Massachussets
AAJ: Tra i giovani chitarristi in circolazione c'è qualcuno che ti somiglia come approccio e stile?
L.T.: Al momento non saprei proprio dirti.
AAJ: Hai interessi extra musicali?
L.T.: Non è che ci sia tutto quel tempo per dedicarsi ad altre attività. Mio figlio di dieci anni e la mia compagna Lorella sono gli unici due interessi extramusicali. Con loro gioco a scacchi, a pallone, vado in piscina, a sciare, in bicicletta e spesso al cinema.
Foto di Roberto Cifarelli (la prima, la quarta e la quinta).
Tags
PREVIOUS / NEXT
Support All About Jazz
All About Jazz has been a pillar of jazz since 1995, championing it as an art form and, more importantly, supporting the musicians who make it. Our enduring commitment has made "AAJ" one of the most culturally important websites of its kind, read by hundreds of thousands of fans, musicians and industry figures every month.



_(1).jpg)




