Thomas Heberer's Clarino: Cookbook

Ognuno dei dodici brani non fa che ribadire tale assunto, mediante un gioco timbrico quanto mai trasparente e prezioso: la tromba (che è quella canonica ma anche quella a quarto di tono) svela tutto il suo pudore, le sue ritrosie, celandosi spesso dietro la sordina; il clarone evita per quanto possibile screpolature che gli sarebbero persino congeniali (il clarinetto, di suo, si muove lungo altre dinamiche); il contrabbasso procede incruento e ronzante, pur non disdegnando di sottoporci alle malie di una cavata bella e rotonda, sia nel pizzicato che con l'archetto.

L'incedere è assorto, pensoso. Se s'increspa, come accade in "Inselberg" o nel trittico che va da "Tatterrettat" a "Deux," si mantiene sempre mirabilmente in bilico fra camerismo e periodici refoli di antigrazioso. Geometrie e relativi equilibri risultano sempre ferrei ma al tempo stesso cangianti, di regola tutt'altro che prevedibili.

Veramente un signor disco, insomma.

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