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Clusone Jazz 2013 - 33a Edizione

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Clusone, 23—27.07.2013

Piazza dell'Orologio gremita. Sul palco, Mauro Ottolini e i Sousaphonix hanno appena eseguito le ultime note di Bix Factor. Il pubblico applaude entusiasta, chiedendo bis a gran voce. Ci piace iniziare da qui, da questo felice momento conclusivo, il racconto di un festival che ha rischiato di non svolgersi.

La crisi economica, i finanziamenti in calo, i budget che svaniscono, avevano infatti seriamente messo in discussione la stessa esistenza di Clusone Jazz. Ma, fortunatamente, là dove non arrivano i soldi possono arrivare la passione, l'orgoglio, l'amore per la musica. I rapporti di amicizia che il festival ha saputo creare, nel corso degli anni, con molti musicisti.

Con la consapevolezza che, nella vita, può capitare di dover ricominciare da zero. O da tre, come diceva Massimo Troisi. Anche se si è un festival di grande tradizione che pure, di cose buone, nel corso della sua storia ultra-trentennale ne ha fatte tante. Ben più delle fatidiche tre di cui sopra.

Messa dunque al bando la grandeur di alcune edizioni precedenti, Clusone Jazz 2013 si è svolto in forma molto ridotta e concentrata ma anche - ci sembra - più autentica e coerente. Riportando la musica in alcuni suoi luoghi storici e particolarmente suggestivi, come la Danza Macabra e la Piazza dell'Orologio. E garantendo l'accesso gratuito a tutti i concerti. Una decisione in linea di principio non condivisibile (il rispetto per la musica! In fondo cosa sono 10 euro? e via teorizzando), e che invece si è rivelata determinante per garantire un'ottima affluenza di pubblico (peraltro molto attento e caloroso) e riconquistare il cuore di una cittadina con cui il festival non sempre ha avuto un rapporto idilliaco.

Il prologo itinerante, che non abbiamo potuto seguire, ha avuto come protagonisti il trio di Luca Aquino, i soli di Fausto Beccalossi e Sabir Mateen, e l'atipico quartetto di chitarre e sax formato da Garrison Fewell, Enrico Merlin, Massimiliano Milesi e Tino Tracanna, di cui colleghi affidabili ci hanno parlato in termini molto positivi.

Il fine settimana conclusivo si è aperto con il concerto dei Guano Padano (Alessandro "Asso" Stefana a chitarra elettrica ed armonica, Danilo Gallo al basso elettrico, Zeno De Rossi alla batteria), gruppo dalle sonorità rock che propone musiche ad ampio spettro (per intenderci, da Ennio Morricone a Santo & Johnny) caratterizzate da una forte componente cinematografica. Certo è una proposta di rilevanza jazzistica trascurabile, ma poco importa. È musica eseguita benissimo, con affetto, che stimola le corde della nostalgia più trash. Riascoltare "Apache" degli Shadows è una vetta di kitsch impagabile. Impossibile non innamorarsene.

A Rovetta, nel giardino di Villa Fantoni, abbiamo invece ascoltato il trio Third Reel (Nicolas Masson a sax e clarino, Roberto Pianca alla chitarra elettrica, Emanuele Maniscalco alla batteria), di cui è recentemente uscito l'omonimo album per l'etichetta ECM. Come spesso accade con le produzioni di Manfred Eicher, la musica è molto curata dal punto di vista formale, gli impasti timbrici sono delicatissimi, l'interplay è fitto ed intenso, il controllo rigoroso e totale. Tutto perfetto ed impeccabile, insomma, ma anche piuttosto freddo. Molta razionalità, poco cuore.

Festosa chiusura di festival con Mauro Ottolini & Sousaphonix, che con il progetto Bix Factor hanno conquistato il pubblico muovendosi tra ricerca filologica e spirito dissacrante, atmosfere retrò e pura contemporaneità, rigore formale e guizzi da avanspettacolo, Stravinski e la Palast Orchester di Max Raabe. Bravi!

Visti i risultati di questa edizione 2013, per molti versi un successo insperato, siamo certi che gli organizzatori di Clusone Jazz guarderanno al futuro della manifestazione con rinnovato ottimismo.

Ci permettiamo, allora, una piccola notazione di carattere motivazionale. L'informale motto del festival: Esiste perchè resiste, resiste perchè esiste (se non andiamo errati, coniato qualche anno fa da Daniele D'Agaro, che così parlò dal palco di Clusone - tra il serio e il faceto - a proposito di se stesso e della propria musica) è indubbiamente suggestivo e di forte impatto ma, ci pare, insufficiente per navigare in questi anni difficili, complessi, di crisi e di transizione.

Del resto Resistance Is Futile, diceva Steve Coleman, tanto per restare in tema di citazioni jazzistiche. Meglio cambiare passo, prospettiva, visione. Ritornare all'essenziale. Reinventarsi. Forti di un gruppo organizzatore compatto e di grande esperienza. Di location suggestive. Di scelte musicali sempre coerenti, intriganti, ed aperte al jazz più imprevedibile.

Foto di Luciano Rossetti.

Altre immagini di questo festival sono disponibili nella galleria immagini.


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