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BMC: la punta di diamante del jazz ungherese

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Nei tempi bui del regime, il jazz godeva in Ungheria di una discreta popolarità. Musica dei neri, della parte debole dell'America, il jazz era in qualche modo una musica di lotta al capitalismo e dunque compatibile con la propaganda comunista. Naturalmente entro certi limiti. Le dittature non hanno mai amato l'arte che si esprime troppo liberamente. Ma il jazz mainstream, con la sua aurea un po' rassicurante, aveva comunque un suo spazio.

Poi le cose sono cambiate, e nel corso degli ultimi anni il jazz magiaro ha perso parte del suo pubblico. Oggi, da questo punto di vista, c'è molto da costruire. Di positivo, c'è il fatto che in Ungheria esiste un solido nucleo di giovani musicisti dalle idee molto chiare, ed una casa discografica locale (la BMC - Budapest Music Center) che li produce e li supporta nello sviluppare contatti internazionali, soprattutto con la Francia. Un tempo definita La Parigi dell'Est, Budapest ha mantenuto dunque in ambito jazzistico una forte affinità con la ville lumière. Frequenti sono gli incontri tra jazzisti ungheresi e francesi, ed alcuni musicisti magiari risiedono in Francia. Del resto, si tratta di un amore ricambiato, visto che il chitarrista Gábor Gadó è stato eletto nel 2003 jazzista europeo dell'anno dalla francese Académie du Jazz, mentre nel 2002 l'album Corners of My Mind del cantante Gábor Winand ha vinto lo Choc de l'Année della rivista Jazzman.

Veniamo dunque ad alcuni titoli recentemente pubblicati (o in via di pubblicazione) presso la BMC, partendo dall'album che più di ogni altro risente appunto di questa impostazione “francese”.

Gábor Winand with the Gábor Gadó quintet

Opera Budapest

BMC Records

(2006)

Gábor Winand è il vocalist più importante della scena jazzistica magiara contemporanea, Gábor Gadó il suo corrispettivo alla chitarra (naturalmente, non vogliamo con questo dimenticare il grandissimo Ferenc Snétberger, che tuttavia è cittadino tedesco dal lontano 1988). Il chitarrista si fa qui carico di tutte le composizioni, che nonostante la formazione imponente e carica di fiati mantengono un'impostazione molto leggera, quasi cameristica. Merito degli arrangiamenti estremamente curati, e di un attento uso degli unisoni, che conferiscono appunto levità al tutto (ma quando c'è da spingere, la sezione fiati non si tira indietro). Il jazz è assai presente nelle parti solistiche, meno nelle parti composte e/o cantate, in alcuni casi più prossime agli orizzonti della canzone d'autore di altissimo livello. Winand ha una bella voce calda, e indugia assai raramente in quegli stilemi e vocalismi che spesso ci rendono insopportabile il jazz cantato. Un album sempre teso verso una linea melodica, anche quando l'interplay sconfina nella libera esplorazione strumentale. Molto interessante anche la metrica dei testi, le cui cadenze non sono sempre perfettamente sovrapposte a quelle della musica e creano quindi una particolare interazione tra la voce di Winand ed il resto della band.

Kálmán Oláh - Kristóf Bacsó - Sébastien Boisseau

Fitting

BMC Records

(2006)

Pianista di formazione classica, Oláh ama fondere nella sua musica le sue tre grandi passioni: il jazz, la musica contemporanea, e gli orizzonti classici (soprattutto Bartók e Bach). Nonostante le composizioni portino la firma di tutti i membri del trio, l'album dà una sensazione di grande compattezza ed omogeneità, quasi come se tutti i brani fossero scaturiti dalla stessa penna. Segno che questa formazione è davvero un trio, nel senso stretto del termine. Ottime le melodie, interessanti le articolazioni ritmiche (soprattutto la scansione in sette della quinta traccia). Un album in cui rigore formale e massima libertà convivono serenamente mentre a tratti, nel fraseggio ma soprattutto nel timbro del sax soprano di Bacsó, affiora lo spirito di Steve Lacy. Dal canto suo, Boisseau (presente anche nell'album di Winand) si conferma il migliore esponente della nuova generazione di contrabbassisti francesi, che su questo strumento vantano una scuola almeno pari a quella scandinava.

Szakcsi Generation with Jack DeJohnette and John Patitucci

8 Trios For 4 Pianists

BMC Records

(2006)

Anche se in questo album ritroviamo il pianista Kálmán Oláh, in realtà si tratta del manifesto della famiglia Szakcsi Lakatos (oltre al capostipite Belá, i figli Belá Jr. e Róbert, anch'essi pianisti), o forse, più semplicemente, di un demo promozionale dei suddetti musicisti, in grado di attirare l'attenzione degli ascoltatori più distratti (o distanti dall'Ungheria) grazie alla presenza della sezione ritmica statunitense DeJohnette-Patitucci. Ogni pianista ha infatti a propria disposizione due brani (una composizione originale ed un brano altrui), che vengono eseguiti in trio. Con Oláh, ritroviamo - in una forma strumentale più tradizionale - gli elementi visti poc'anzi quando abbiamo commentato l'album Fitting. E dei quattro pianisti presentati nell'album, Oláh è senza dubbio quello che ci convince di più. Per quanto riguarda la famiglia Szakcsi Lakatos, paradossalmente il più anziano dei tre, Belá, ci sembra quello dalle idee più aperte (sia pure senza esagerare), nonché quello dotato della vena compositiva più felice. La sua Little Gipsy Song For You è infatti un piccolo gioiellino. Robert si muove su territori intermedi, mentre Belá Jr. è decisamente più orientato verso la tradizione. E' comunque curioso verificare quanto sia ben stato assimilato il linguaggio jazzistico nella famiglia Szakcsi Lakatos (una sorta di Marsalis Family ungherese). Se invece che dedicarsi tutti al pianoforte avessero scelto strumenti diversi ...

Unit

Time Setting

BMC Records

(2006)

Qui siamo di fronte ad un vero e proprio progetto europeo. Francia, Belgio, Ungheria, Danimarca. Questi sono i paesi d'origine dei musicisti coinvolti. Ognuno con i propri punti di vista ed orizzonti geografici; una porta aperta verso l'esplorazione di nuovi territori. Non a caso, in copertina troviamo bandiere di ogni paese del mondo. E così echi di Ed Blackwell convivono, in brani dal titolo fortemente evocativo, con reminiscenze di Bergen (Norvegia), scene notturne di Cremona (Italia), Haarlem (Olanda) ed Orléans (Francia), celebrazioni di universi in costante movimento (la zona di Schengen e la libera circolazione di merci e persone). Anche qui, tutti i membri del gruppo hanno contribuito alla scrittura delle composizioni, in un album che alterna tracce decisamente strutturate a miniature di improvvisazione collettiva. Il sound è asciutto ed essenziale, grazie ad una configurazione strumentale molto leggera (anche la chitarra di Gadó procede sempre in modo lieve), e la giovane età dei componenti della band ci fa molto ben sperare per il futuro.

Monio Mania

Monio Mania 2

BMC Records

(2006)

Realizzato in Ungheria, questo è in realtà un album - visti i nomi coinvolti - di jazz francese cui partecipano due musicisti magiari. L'elettronica vi trova grande spazio: ritmiche dub, assenza del basso (a volte compensata dalle tastiere), effetti vari. Come sempre quando l'uso dell'elettronica è massiccio, non tutto è impeccabile. Qualche volta la grana diventa un po' grossa, altre volte l'arrangiamento diventa sovraccarico di suoni ed appesantisce la musica. Tutto questo accade soprattutto nella prima metà del CD. E però in Monio Mania 2 c'è anche molta sostanza, soprattutto nelle ultime quattro tracce. Quando il metronomo corre veloce, e l'atmosfera si fa torrida, la musica diventa travolgente. Quando ci si muove su tonalità soffuse o blues, ci si lascia cullare da dolci melodie. E quando effetti e campionature vengono messi da parte per dare vita ad un jazz contemporaneo molto tirato ed assolutamente acustico, il ruolo disturbatore e divergente viene affidato alle corde delle chitarre o del violino, facendo crescere la musica a livelli eccellenti.

Musicisti

Opera Budapest: Matthieu Donarier: sax, Airelle Besson: tromba; Sébastien Boisseau: contrabbasso; Joe Quitzke: batteria; Ákos Ács: clarinetti; Ferenc Schreck: trombone; Dániel Viktor Nagy: trombone; Boglárka Fábry: vibrafono; Balazs Bujtor: violino.

Fitting: Kálmán Oláh: pianoforte; Kristóf Bacsó: sax alto e soprano; Sébastien Boisseau: contrabbasso.

8 Trios for 4 Pianists: Béla Szakcsi Lakatos: piano; Robert Szakcsi Lakatos: piano; Béla Szakcsi Lakatos Jr.: piano; Jack DeJohnette: batteria; John Patitucci: contrabbasso.

Time Setting: Laurent Blondieau: tromba e flicorno; Matthieu Donarier: sax e clarinetti; Gábor Gadó: chitarra; Sébastien Boiseeau: contrabbasso; Stefan Pasborg: batteria

Monio Mania 2: Christophe Monniot: sax ed elettronica; Emil Spanyi: tastiere; Denis Charolles: batteria ed elettronica; Manu Codjia: chitarra; Marc Ducret: chitarra; Balázs Bujtor: violino; Cécile Daroux: flauti; Sylvaine Hélary: flauti.


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