Roy Paci & CorLeone: Blaccahénze

La scelta stilistica che connota Blaccahénze riguarda innanzitutto la timbrica d'insieme, spinta di norma verso un espressionismo programmatico. La potenza dei fiati sommata alla frenesia delle chitarre porta il suono verso la saturazione. L'iniziale "Cinematic Conventions of Murder" funge bene da manifesto per l'album: una cavalcata mozzafiato che evoca facilmente lo Zorn di Electric Masada per l'abilità di far scorrere riff semplici ma implacabili, per la pronuncia del sax di Guglielmo Pagnozzi e per l'abilità nell'inserire atmosfere noir e fratture ritmiche alternate a metri più comuni. Il finale del brano ricorda i King Crimson di "21th Century Schizoid Man".

Ma è solo un accenno, perchè l'album poi si costruisce in modo più personale, in particolare utilizza materiali bandistici, o espliciti o allusivi, che fanno da collante a diverse sezioni o assoli ("Moshpit Comedy," "Umuntu Ngumuntu Ngabantu"). Si percepisce la volontà di Paci di far tesoro di ogni esperienza maturata nelle musiche del mondo, e di tradurle in questa lingua brutale di efferata immediatezza, dove poco spazio è riservato alle sfumature e si afferma una spinta ritmica, catartica, spesso di danza impazzita.

Ci sono comunque anche le oasi più riflessive, come nell'ottima "Lookin' for Work" o nella cadenza di sola tromba che introduce "Tromba L'Oeil Reloaded". I suoni generali sono molto luminosi, la tromba del leader fluttua veloce verso i sovracuti, la chitarra di Capelli morde senza pietà, il contralto di Pagnozzi è affilato, tesissimo, il baritono di Motta è l'unica macchia di colore bruno, a volte surrogato di un basso che non c'è.

Roy Paci ci ricorda con questa band che la sua passione per l'aggressività dei suoni contemporanei non si è stemperata, semmai si intreccia con diverse grammatiche. La sintesi è difficile, ma lo sforzo è riuscito.

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