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Basso & Valdambrini, maestri del jazz moderno in Italia
I due giovani maestri del jazz moderno in Italia seppero assorbire gli stimoli più interessanti provenienti dagli Stati Uniti e presentarli in forme compiute, ancor oggi avvincenti.
Molti anni dopo ci vengono recapitati sette CD dell'etichetta Dejavu di Paolo Scotti, con sede a Savio (Ravenna) e un grande amore per il jazz, l'eleganza della presentazione e la perfetta resa sonora. Quattro sono ristampe preziose, dischi introvabili da molti anni, qui dimenticati, ma già attesi in Giappone dove andranno in breve esauriti. Delle tre novità (tutte legate al nome di Gianni Basso) parleremo nel prossimo articolo.
Sono i lavori delle formazioni guidate da Valdambrini e Basso lungo un periodo che va dal 1959 al 1971. Un arco ampio, durante il quale i due giovani maestri del jazz moderno in Italia seppero assorbire gli stimoli più interessanti provenienti dagli Stati Uniti e presentarli in forme compiute, ancor oggi avvincenti. Entrambi vantavano una formazione strumentale assai solida: Gianni Basso era nato nel 1931 e dopo il diploma in clarinetto suonò con musicisti americani in Belgio e Germania (1946-50). Le sue doti lo portarono nelle migliori orchestre italiane (Gorni Kramer, Armando Trovajoli), ma non smise di confrontarsi con i jazzisti americani, sfruttando il fertile ambiente delle jam session milanesi.
Qui crebbe l'amicizia con Oscar Valdambrini, figlio di un Primo Violino sinfonico, passato alla tromba dopo aver studiato lo strumento paterno. Artista colto (Marcello Piras ci ricordava di aver parlato con lui a lungo di musica classica del Novecento), si trovò presto a suonare in jam con musicisti come Rex Stewart (1948) e a essere considerato fra i migliori trombettisti di jazz moderno, assieme a Sergio Fanni e Nunzio Rotondo. La solida preparazione tecnica e le doti di solista lo portarono nelle orchestre di Armando Trovajoli, Gil Cuppini, Giorgio Gaslini e addirittura Duke Ellington (1968).
A partire dagli anni Settanta le loro strade si incontrarono più di rado, Basso era ormai al centro della vita jazzistica settentrionale, dove animava orchestre, jam e contribuiva alla crescita di giovani come Stefano Battaglia, Fabrizio Bosso, Francesco Cafiso. Valdambrini era membro stabile dell'orchestra della RAI a Roma, che all'epoca ospitava in concerti memorabili artisti come Frank Rosolino, Conte Candoli, Freddie Hubbard e Mel Lewis. Nel frattempo ebbe modo di suonare con Dusko Goykovich e Kai Winding. La sua salute andò deteriorandosi nel corso degli anni Ottanta portandolo al progressivo ritiro dalle scene, fino alla morte avvenuta nel 1997.
Gianni Basso si è spento lo scorso agosto, ma il suo lascito discografico è ampio e include collaborazioni con Chet Baker, Buddy Collette, Slide Hampton e Maynard Ferguson. Membro negli anni Settanta dei Sax Machine, nei due decenni successivi fu partner abituale di Guido Manusardi. Le sue registrazioni più recenti sono per Philology e Dejavu.
Il primo CD oggetto della nostra recensione è del febbraio 1959, registrato a Milano, con le note di copertina di Arrigo Polillo e il semplice titolo Basso Valdambrini Quintet. Con loro Renato Sellani, Gianni Azzolini e Gianni Cazzola, forse la miglior ritmica jazz italiana del momento. Venivano dall'esperienza del Sestetto Italiano di Giampero Boneschi e si esibivano in modo regolare alla Taverna Messicana di Milano. Un ambiente strano, che riuniva prostitute e giovani di buona famiglia in cerca di avventura a jazzisti americani di passaggio che spesso salivano sul palco (fra i tanti Billie Holiday e Miles Davis). Qui elaborarono uno stile dalle forti connotazioni west coast, come era normale in Europa negli anni Cinquanta. Valdambrini e Basso erano sotto l'influenza di Chet Baker e Stan Getz sul piano strumentale e compositivo. Per le loro prime registrazioni richiesero gli arrangiamenti di George Gruntz, scritti secondi l'estetica cool del contrappunto e della polifonia.
Il repertorio si muove fra composizioni americane scelte con cura e pregevoli brani originali. Troviamo una rivisitazione veloce e swingante di "Parlami d'amore Mariù" e una "Ballad Medley" che mette in luce la ricerca timbrica e l'intensità emotiva dei due fiati. Valdambrini si rivela già ottimo compositore con "Lo struzzo Oscar" e "Chet to Chet," brani che meriterebbero di essere eseguiti più spesso. La fantasia esuberante di Cazzola è in bella evidenza, Azzolini padroneggia senza sforzo il walking post-bebop e Sellani ha già quelle doti nel tocco e nell'armonizzazione che, ancor oggi, sono la sua firma.
Dopo una seduta d'incisione con Lars Gullin nel dicembre del '59, Basso e Valdambrini incontrarono Dino Piana, il terzo piemontese del gruppo, che suonava il trombone a pistoni sulla scia dei maestri moderni dello strumento e si era messo in luce nel concorso radiofonico La Coppa del Jazz (incredibile pensare cosa mandavano i media pubblici dell'epoca!). Il Quintetto divenne Sestetto e commissionò arrangiamenti complessi a Gruntz e Giorgio Libano, preparandosi a registrare. All'epoca Piana leggeva assai male, ma fu sottoposto a un trattamento intensivo da parte di Valdambrini che gli suonò le parti per ore, seguì una serata alla solita Taverna e la mattina dopo in sala. Questa preparazione frettolosa non lascia tracce negative in Basso Valdambrini Quintet Plus Dino Piana, registrato fra il 29 febbraio e il 10 maggio 1960. Il gruppo suona con straordinaria energia e compattezza.
E' chiaro il superamento della fase cool a favore di un approccio hard bop: gli arrangiamenti ricordano spesso i Jazz Messenger di Art Blakey o il Jazztet di Art Farmer e Benny Golson. Anche negli assolo si nota quanto avessero ascoltato e maturato i Nostri in pochi mesi. Valdambrini resta il solista in maggior evidenza, sempre più avventuroso e aggressivo, assai influenzato da Farmer. Basso iniziava a guardare in direzione di Sonny Rollins, Dexter Gordon e Hank Mobley, unendo al loro fraseggio misto di bop e blues, il controllo finissimo dell'emissione seguito alla studio di Stan Getz. Il disco, introdotto da una versione fast di "Crazy Rhythm," prosegue lungo standard celebri, brani originali come "Guess Who" (Bill Russo) e "Il Grimmo" (Valdambrini), il classico "Topsy" e un'originale rivisitazione di un brano piemontese, "Ciao Turin". Quest'ultimo prosegue "Parlami d'amore Mariù" del disco precedente e mostra una capacità di elaborare canzoni italiane in chiave jazz che è ancor oggi esemplare.
Con Exciting 6 siamo nel 1967 e quanto ascoltiamo dimostra che Basso e Valdambrini non si erano fermati, anzi avevano tenuto le orecchie ben aperte, assimilando quanto appariva loro confacente. La vittoria nel 1962 della competizione Arden for Men, con un tour USA in premio, permise di verificare sul posto quale era lo stato del jazz.
Il risultato è un disco di brani originali, arrangiati con grande efficacia dal trombettista, nei quali troviamo la cura e fusione di stili che caratterizzavano la coeva produzione Blue Note. E' sempre più presente un forte "tocco" Messenger anche nel modo di improvvisare: Valdambrini seguiva con interesse le novità di Hubbard e Davis, Basso aveva ormai consolidato una personalità forte e generosa, molto evidente in "Donna Lu," suo futuro cavallo di battaglia. Piana aveva superato le difficoltà di lettura dell'esordio e ora contribuiva all'assieme senza esitazioni. La ritmica era quasi la stessa da 15 anni, con l'eccezione di Lionello Bionda al posto di Cazzola. Il disco è percorso da stimoli afro ("Guernica"), modali ("Agitazione"), mingusiani ("Before Ten O' Clock" e "Suspense"). I tre fiati riescono spesso a dare l'impressione di un organico più ampio, grazie alla lunga pratica orchestrale e all'ascolto attento di quanto Count Basie proponeva in quel periodo. La crescita di Sellani lo porta a muoversi lungo i percorsi del piano jazz contemporaneo con classe e scioltezza.
Stella by Starlight è un inedito del 1970-1971 di nuovo in quintetto senza Piana, ma con Cuppini alla batteria e Angel "Pocho" Gatti al posto di Sellani. Gatti era un argentino nato nel 1930, arrivato in Italia dopo aver lavorato negli USA, dove aveva lavorato con Frank Sinatra, Sarah Vaughan e Nat "King" Cole. I brani che ascoltiamo sono di grande interesse e mostrano come le capacità creative dei due leader non si fossero annacquate. L'apertura spetta a "Eighty One," brano fra i più celebrati del secondo quintetto di Davis, con Valdambrini a esplorare ciò che si sarebbe poi chiamato suonare inside-outside (dentro e fuori gli accordi), mentre Basso alterna disegni melodici aerei alla manipolazione di piccoli frammenti melodici. Il trombettista mostra il suo interesse per l'arte di Davis anche nelle composizioni, sempre molto belle, con una nota particolare per "Conseguenza". "Sweet Little May" di Jimmy Garrison e "Ricorda Me" di Valdambrini risultano ancor più interessanti, in quanto mostrano la totale padronanza del linguaggio di Ornette Coleman e Don Cherry da parte di tutti i membri del quintetto. Viene da pensare a quanta minor competenza in materia di free jazz aveva la media dei contemporanei maestri "creativi" italiani. "Donna Lu" ripropone il brano "sigla" di Basso in un arrangiamento diverso da quello di Exciting 6 e fornisce un ulteriore modo per apprezzare l'evoluzione continua del sassofonista. (Curioso come questo brano appaia qui intestato ad Attilio Donadio, ma in Steppin' Out nel 2007 lo stesso tema porta il titolo "Mr. G.B." e come compositori Basso e Fulvio Albano).
Con Stella by Starlight si chiude questa prima serie dedicata alla più longeva formazione del jazz italiano, con tanti dischi ancora da ristampare e molti inediti da scoprire. Speriamo che la Dejavu ottenga l'attenzione meritata e non solo in Giappone, in modo da pubblicare altri dischi di Gianni Basso e Oscar Valdambrini.
Segnaliamo la cura editoriale di queste ristampe, notevoli nella resa audio e belle come confezione, con le copertine cartonate che ripropongono quelle originali dei CD. Qualche carenza nelle note di copertina: a volte mancano date di registrazione esatte (Stella by Starlight) o indicazione completa dei compositori (Exciting 6).
Valutazione complessiva: 5 stelle
Elenco dei brani:
Basso Valdambrini Quintet:
Come Out Wherever You Are (Styne); 02. Fan-Tan (Freeman); 03. I Wanna Be Kissed (Spina); 04. Parlami d'amore Mariù (Bixio); 05. Everything Happens to Me (Dannis); 06. Lo struzzo Oscar (Oscar Valdambrini); 07. Lotar (OV); 08. Like Someone in Love (Van heusen); 09. C'est si bon (Betty); 10. Gone with the Wind (Steiner); 11. "Ballad Medley": I Can't Get Started, Lover Man (Duke-Davis); 12. Chet to Chet (OV).
Basso Valdambrini plus Dino Piana:
Crazy Rhythm (Meyer-Cahn-Caesar); 02. But Not for Me (Gershwin); 03. Guess Who (Bill Russo); 04. Polka Dots and Moonbeams (Van Heusen); 05. Ciau Turin (Carlo Prato); 06. Il Grimmo (OV); 07. I Should Care (Stordhal-Weston-Cahn); 08. Topsy (Battle-Durham); 09. Lucy ed io (Attilio Donadio); 10. Autumn Leaves (Kosma).
Exciting 6:
01. Guernica; 02. Exotic (OV); 03. Aura; 04. Look Out; 05. Young Man; 06. Leit Motiv; 07. Before Ten O'Clock; 08. Agitazione; 09. Suspense; 10. Navarra; 11. 'Nduma (Giulio Libano); 12. Donna Lu (Attilio Donadio).
Stella by Starlight:
01. Eighty One (Miles Davis); 02. Spanish Mood (Gil Evans); 03. Uroni (OV); 04. Sweet Little Maya (Jimmy Garrison); 05. Donna Lu (AD); 06. Conseguenza (OV); 07 Ricorda Me (OV); 08; Inver Time (Agoni); 09. Stella by Starlight (Young-Washington); 10. Ginger Bread Boy (Jimmy Heath).
Musicisti:
Oscar Valdambrini (tromba); Gianni Basso (sax tenore); Dino Piana (trombone a pistoni); Renato Sellani, Angel "Pocho" gatti (pianoforte); Gianni Azzolini, Bruno Crovetto (contrabbasso); Gianni Cazzola, Lionello Bionda; Gilberto Cuppini (batteria).
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