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Ah-Um Milano Jazz Festival – XI Edizione
ByMilano, quartiere Isola. Nonostante l'incombere di grattacieli senz'anima - che crescono come funghi nelle aree immediatamente adiacenti i confini del quartiere per soddisfare manie di grandezza politiche o più prosaici obiettivi di profitto - l'Isola è una delle poche zone di Milano che tenta di mantenere una propria identità. Non sempre con successo, ma quanto meno ci prova. Jazz-club, negozietti di prossimità, gallerie d'arte, circoli proletari, atelier, varia umanità. A fine maggio, passeggiare per le vie dell'Isola diventa ancora più piacevole grazie all'Ah-Um Jazz Festival, che per qualche giorno riempie il quartiere di musica con decine di concerti.
Certo quest'anno i budget erano molto limitati. Il festival ha dovuto abbassare il tiro. Eliminare i cosiddetti eventi collaterali come vernissage, mostre fotografiche, presentazioni di libri. Concentrare tutte le proprie risorse sulla musica (il che, sia detto per inciso, è cosa buona e giusta), creando comunque un evento in grado di avere un forte impatto sulla vita del quartiere.
Nel corso di cinque giornate sono stati proposti oltre trenta concerti, coinvolgendo ben centoventi musicisti di varia estrazione anagrafica ed artistica. Da sempre, l'Ah-Um è un festival inclusivo, che volutamente ignora le mille parrocchie in cui si divide la comunità jazzistica milanese, e che propone invece un programma che spazia dal dixie al latin all'avant, senza porre steccati di genere.
La maggior parte dei concerti, con protagonisti gruppi più o meno emergenti, si è svolta all'interno di locali o, meteo permettendo, direttamente sui marciapiedi ad essi adiacenti. Tra i gruppi che abbiamo ascoltato (l'elenco completo dei concerti è disponibile sul sito dell'Ah-Um Jazz Festival), ci hanno favorevolmente impressionato il Rudi Manzoli Trio, lo Smack Up Quartet, il Samoa Wedding Trio e il Paolo Profeti Quartet.
Come consuetudine, oltre a questi concerti sparsi per le vie del quartiere, il festival ha anche proposto una serie di eventi "maggiori". Il primo, con protagonista il cantautore milanese Marco Massa in compagnia di un quartetto jazz (i fratelli Brioschi a piano e tromba, Francesco D'Auria alla batteria, Tito Mangialajo Rantzer al contrabbasso) e con ospite Francesco Baccini, è stato purtroppo interrotto bruscamente dalla pioggia dopo pochi minuti. Una jam improvvisata sotto una tettoia ha comunque permesso di ascoltare un po' di musica, sia pure non esattamente come da programma.
Alla Zona K si è esibito il trio Atlantico Negro, con Patrizia di Malta a percussioni e voce, Manfred Trugenberger alle tastiere e Nené Ribeiro a chitarra e voce. In repertorio musiche dal mondo. Il Brasile, ovviamente, ma anche l'Africa, Serge Gainsbourg, Capo Verde. Un concerto molto delicato, sempre sul filo della malinconia.
Alla Fonderia Napoleonica Eugenia, spazio talmente bello da far passare in secondo piano l'acustica non ottimale, abbiamo ascoltato il solo del chitarrista Valentino Tamponi, che ha proposto una ricerca che combina l'uso di chitarra preparata e di elettronica. Tra le altre cose, il chitarrista è anche organizzatore del Taphros Jazz Festival della Maddalena e questa sua partecipazione all'Ah-Um segna l'avvio di una collaborazione tra i due festival.
Last but not least, come si suol dire, il concerto dell'Artchipel Orchestra di Ferdinando Faraò, che ha proposto il recente progetto sulle musiche dei Soft Machine. Da qualche anno il batterista milanese ha intrapreso un percorso di scrittura per grandi organici con esiti musicali molto felici. Siamo consapevoli che, di questi tempi, proporre un organico di oltre venti elementi è impresa ardua. Tuttavia l'entusiasmo del pubblico, accorso numeroso nonostante il brutto tempo e la concomitante finale di Champions League, permette di essere ottimisti. Ci piace pensare che proposte di questo tipo possano essere accolte favorevolmente, e meritino dunque di trovare spazi ed occasioni di ascolto.
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