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Ab Baars Trio + Ken Vandermark

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Scuola popolare di musica Ivan Illich - Bologna - 17.10.2007

Periferia nord di Bologna: un vialetto fra siepi e ghirlande di lampadine appese agli alberi del parco costituiscono l'invito alla Scuola popolare di musica Ivan Illich. L'ambientazione sembra quella delle balere della bassa padana nel primo dopoguerra; quelle balere che è ben raro vedere oggi e che Ermanno Olmi con una rievocazione nostalgica ha voluto inserire nel suo ultimo Cento chiodi lungo un Po improbabilmente bucolico. Nel sobrio interno della scuola, dove vige un'atmosfera informale e amichevole, la linda stanza dei concerti contiene non più di cinquanta persone: pregio e difetto di quella che con enfatica autoironia viene denominata Royal Ivan Hall. Non essendoci un palco sopraelevato il pubblico fronteggia da vicino i musicisti.

In uno spazio come questo l'amplificazione è del tutto inutile; il contatto diretto fra le persone fa sì che l'ascoltatore si trovi immerso nel suono, percependo all'istante lo sforzo creativo e fisico dei musicisti, gli ammiccamenti e i cenni che guidano il loro interplay. La situazione tipica dei migliori jazz club quindi, quella che si verificava oltre dieci anni fa all'Osteria dell'Orsa o talvolta, molto tempo prima, alla Tavernetta Sampieri, dove alla metà degli anni Settanta mi capitò di assistere ad uno strepitoso set del quartetto di Elvin Jones a due metri di distanza dal maestro. Una situazione e uno spirito che difficilmente oggi si possono ritrovare nei pur attivissimi jazz club bolognesi.

La rassegna di incontri-concerti "Ivan il terribile, il terzo orecchio" si è aperta il 17 ottobre con un gruppo estremamente interessante: il trio olandese di Ab Baars, integrato dal chicagoano Ken Vandermark. I due sassofonisti, che in passato hanno suonato assieme in numerose ma fugaci occasioni, per questa serie di concerti europei (il 21 si sono esibiti alla BimHuis di Amsterdam) hanno predisposto un repertorio di nuove composizioni, scritte dall'uno o dall'altro: per lo più temi asciutti, ma con incastri, entrate e conclusioni che richiedono la dovuta attenzione ed il giusto atteggiamento mentale. Del chicagoano da segnalare "Waltz for Monk", dall'efficace andamento spigoloso e dinamico. Fra i brani dell'olandese sono risultati particolarmente riusciti "Portrait of Straw", dedicato a Strawinskij, in cui i clarinetti dei due leader si sono intrecciati in un dialogo astratto e "sporco" al tempo stesso, e "Portrait of an Honest John", dedicato a John Gilmore, dove invece si sono messi in evidenza i due tenori.

Le personalità dei due sassofonisti, con i loro diversi retroterra culturali, hanno influito sul modo di concepire ed esporre le strutture improvvisative, di affrontare la sonorità e i fraseggi, pur risultando la complementarità del loro affiatato abbinamento. Il linguaggio surreale di Baars si è basato su uno sviluppo tematico ponderato ma obliquo, fatto di note scandite, anche se deformate, e spaziate da frequenti pause. Vandermark, ovviamente di scuola più americana, ha invece costruito il suo solismo su un fraseggio più legato, su una sonorità più vibrante, inserendo reiterazioni e progressioni liriche. Il contrabbassista Wilbert De Joode ed il batterista Martin Van Duynhoven, collaboratori abituali di Baars, hanno fornito un sostegno incisivo e generoso, con una pronuncia scabra del tutto pertinente, priva di leziosi virtuosismi.

Foto di Claudio Casanova Altre immagini tratte da questo concerto sono disponibili nella galleria immagini

Visita i siti di Ab Baars e Ken Vandermark

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