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Voci e corde dalla Norvegia all’India
ByArianna Savall - Petter Udland Johansen
Hirundo Maris
ECM - distr. Ducale
Valutazione: 3,5 stelle
Sfoggia per esempio un aplomb di chiara matrice classica (nel senso di eurocolta) il primo album di cui ci occupiamo, Hirundo Maris (sottotitolo, quanto mai appropriato, Chants du Sud et du Nord), cofirmato dalla coppia formata dalla svizzera (di Basilea, ma di origini catalane) Arianna Savall e dal norvegese Petter Udland Johansen, entrambi cantanti (e non). Il repertorio visitato è quanto mai composito, inglobando brani di tradizione scandinava, catalana, sefardita (cioè ebreo-ispanica) e scozzese, oltre a un paio di temi originali (uno a testa per ciascuno dei firmatari).
Gli umori popolari, palpabili, si sposano come si sarà intuito con un incedere prezioso ed elegante, solenne e asciutto, che elude tentazioni intrinseche a molta musica di tradizione folk, quali un abbandono - in special modo - in favore di soluzioni più emotivamente pregne, lasciate con la briglia sul collo. Il controllo della materia è di conseguenza sempre piuttosto inattaccabile, destando ammirazione forse più che schietta partecipazione. Ma la prima basta e avanza per farci apprezzare senza riserve i raffinati effluvi emanati dal lavoro.
Rebis
Naufragati nel deserto
Gutenberg Music / Primigenia
Valutazione: 3 stelle
Si sposa invece con la canzone - d'autore ma non necessariamente, come approccio - il CD da poco pubblicato dal duo genovese composto dalla cantante Alessandra Ravizza e dal chitarrista/multistrumentista Andrea Megliola, entrambi anche autori (testi a titolo pressoché esclusivo della Ravizza, musiche di entrambi) del materiale presente in questo che è il loro album d'esordio.
L'uso di siciliano, arabo (copiosamente) e francese accanto all'ovvio italiano indica una via, che è quella che (e lo stesso canto, piuttosto nasale, della Ravizza evoca del resto voci isolane quali una Carmen Consoli o, in misura più defilata, una Marisa Sannia seconda maniera) intreccia episodi di chiara eredità etnica (a conti fatti i più interessanti) con altri in cui ci si dirama verso un pop un po' più generico per quanto mai sbracato. Notevole il parterre di strumentiisti coinvolti, a iniziare dalle ance di Edmondo Romano e Anna Palumbo.
Gordon Grdina's Haram
Her Eyes Illuminate
Songlines Recordings - distr. IRD
Valutazione: 3,5 stelle
È per contro il jazz nelle sue declinazioni più squisitamente contemporanee il terreno di digressione di Her Eyes Illuminate, realizzato dal tentetto Haram diretto dal canadese (di Vancouver) Gordon Grdina. Lo strumento imbracciato da Grdina, l'oud, ci dice peraltro in maniera eloquente quanto il lavoro si sporga verso il bacino arabo, già (più marginalmente) toccato dai Rebis. Né la stessa voce è estranea all'album.
Ciò che colpisce è innanzi tutto la pienezza della tavolozza cromatica, e il suo intrecciarsi con i relativi tracciati ritmici, il tutto sempre mirabilmente ricondotto su un binario di ordine, di quadratura, che la musica riesce comunque a imboccare. È così che le voci più squisitamente jazzistiche e quelle più ammantate di sinuosità etniche (col clarinetto a far da ideale trait d'union) convivono fecondamente, sciorinando, alla fine, un prodotto assolutamente solido e conseguente.
Fabio Tricomi - Faraz Entessari
Esfahan
Felmay - distr. Egea
Valutazione: 4 stelle
Il bacino arabo (nello specifico iraniano, cioè persiano) è il terreno sul quale si muove il primo dei tre album in cui l'elemento popolare vive senza far ricorso a ibridazioni di sorta (ciò che del resto caratterizza di regola l'esemplare produzione Felmay). Né guasta certo il fatto che il lavoro sia di notevolissimo livello estetico. A firmarlo sono Faraz Entessari, virtuoso (nel senso più alto del termine) di tar, strumento a sei corde annettibile (abbastanza alla lontana, invero) alla famiglia dei liuti, e il catanese Fabio Tricomi, musicista ed etnomusicologo, nello specifico impegnato in primo luogo su un paio di tamburi di tradizione, nonché su un cordofono per parte sua ben più prossimo al succitato liuto quale il barbat.
È d'altro canto innegabile che l'asse attorno a cui ruotano di preferenza i ventitre episodi del disco sia Entessari (non a caso colto a più riprese in completa solitudine), a disegnare i contorni di un musica per più versi prodigiosa, nel suo sposare magia e rigore, ascetismo e vivacità, asciuttezza e godibilità. Disco assolutamente da non perdere per i patiti del settore. Nonché consigliabilissimo per tutti gli altri.
Vardan Grigoryan
In the Shadow of the Song
Felmay - distr. Egea
Valutazione: 3,5 stelle
Solo apparentemente fuori contesto, non prevedendo né voci né cordofoni, è il CD dell'armeno Vardan Grigoryan, solista di quello strumento incredibilmente fascinoso, seduttivo, che è il duduk (che la voce, del resto, con quel suo timbro carico di pathos simile a un lamento, fra l'umano e l'animalesco, evoca parecchio).
Ancestrale come pochi, il "tubo" armeno a doppia ancia dialoga con suoi pari, così come, qua e là, con percussioni a loro volta di grande spessore emotivo come il dhol, grosso tamburo di area indo-pakistana, e il daf, tamburo a cornice di origine persiana. Ne vien fuori un magma pacato e contemplativo quanto fortemente evocativo (e come potrebbe essere altrimenti, del resto), che sa peraltro vivacizzarsi a intermittenza, generando atmosfere diversificate, dialettiche, fino al conclusivo "Just Put It On," in cui Vardan Grigoryan passa alla zurna, com'è noto simile alla cornamusa (o a quella gloriosa chinese musette che amava imboccare il grande Dewey Redman).
Gundecha Brothers
Night Prayer
Felmay - distr. Egea
Valutazione: 3 stelle
Chiude la carrellata un album che ci porta fino in India (benché inciso a Torino), quella del nord, piuttosto lontana dall'immagine per noi più commestibile della musica indiana, tutta popolata di sitar e tabla. Qui è invece la voce umana - per chiudere idealmente il cerchio - a farla da padrona, in un'accezione liturgico-antifonale non a caso legata precipuamente alla pratica religiosa.
Ne sono nella fattispecie interpreti i fratelli Umakant e Ramakant Gundecha, entrambi appunto alla voce (con un terzo fratello, Akhilesh, a sostenerli molto discretamente sul tamburo tipico di quella tradizione, il pakhawaj). Il risultato è di una sostanziale monoliticità espositiva, del resto del tutto fisiologica, nel contesto specifico. Si tratta, in effetti, di una di quelle proposte forse non troppo coglibili, nella loro essenza, alle nostre orecchie occidentali. Rigore e coerenza assolute fanno d'altra parte da sicuro contraltare-contrappasso per la proposta.
Elenco dei brani:
Hirundo Maris:
01. El Mestre; 02. Buenas Noches; 03. Ya Salió De La Mar; 04. Om Kvelden; 05. El Mariner; 06. Le Chant Des Etoiles; 07. Morena Me llaman; 08. Bendik Og Årolilja; 09. Ormen Lange; 10. Tarantela; 11. The Water Is Wide; 12. El Noi De La Mare; 13. Josep I Maria; 14. Penselstrøk; 15. Halling; 16. Yo M'enamorí D'un Aire; 17. Trollmors Vuggesang.
Naufragati nel deserto:
01. La terza via; 02. Pir Meu Cori Alligrari; 03. L'attesa; 04. Un mare; 05. Domani; 06. Naufragata nel deserto; 07. La neve e le rose; 08. Ya Yasmina attunsiyya; 09. La notte di San Giovanni; 10. Tra le nuvole; 11. Alla luce; 12. Riflessi di tegole; 13. Qualcuno, nessuno.
Her Eyes Illuminate:
01. Raqs Al Jamal (Dance Of Beauty); 02. Tilli Edhakilo (Go Out And Laugh Wih Him); 03. Sharpening; 04. En Shakawt Al Hawa (If You Complain About Love); 05. Alf Leila Wa Leila (A Thousand And One Nights); 06. Sama'i Farafhaza; 07. Ana Wa Habibi (Me And My Love); 08. Laktob Aourak Al Chagar (I Will Write To You On The Leaves Of Trees); 09. Che Mali Wali (Because I Am Abandoned); 10. Longa Farahfaza.
Esfahan:
01. Pish-Daramad; 02. Daramad; 03. Ciarmezrab I; 04. Avaz; 05. Ciarmezrab II; 06. Bayat-Rage; 07. Naghme-e Bayat Raje; 08. Avaz-e Bayat Raje; 09. Charmezrab-e Bayat Raje; 10. Avaz-e Bayat Raje; 11. Sus o Godaz (Lament); 12. Pange Kordi; 13. Oj, Zarbi (rhythmic song); 14. Shur, Shahnaz; 15. Qarace, Rasavi; 16. Kereshme-e Rasavi, Avaz-e Rasavi; 17. Naghme-e Rasavi, Forud; 18. Charmezrab-e Shur; 19. Forud-e Bayat-Esfahan; 20. Busalik, Forud; 21. Tasnif Ey Mah e Man; 22. Masnavi, Forud; 23. Charmezrab-e Bayat Esfahan.
In the Shadow of the Song:
01. My Heart Broke Through (in Memory of Aram Asatryan); 02. In the Shadow of the Song; 03. Rumblan; 04. Vardan's; 05. In the Shade; 06. Following the Old; 07. Close To Fast; 08. Just Put It On.
Night Prayer:
01. Alap; 02. Gat Jayati Jayati Shri Ganesh; 03. Gat Shankar Girijapati.
Musicisti:
Hirundo Maris:
Arianna Savall (voce, arpa gotica, arpa tripla italiana); Petter Udland Johansen (voce, violino norvegese, mandolino); Sveinung Lilleheier (chitarra, dobro, voce); Miquel Àngel Cordero (contrabbasso, voce); David Mayoral (percussioni, voce). Naufragati nel deserto:
Alessandra Ravizza (voce); Andrea Megliola (chitarre, mandolino, fisarmonica); Edmondo Romano (mizmar, sax soprano, clarinetto in do, low whistle, bansuri); Roberto Izzo (violino); Edoardo Lattes (basso elettrico); Paolo Marasso (contrabbasso); Luciano Zingari (batteria); Anna Palumbo (clarinetto) in 06; Victor Hernan Godoy Martini (violino) in 08; Andrea Trabucco (pandeiro), Guido Ponzini (viola da gamba) in 11.
Her Eyes Illuminate:
JP Carter (tromba); François Houle (clarinetto); Chris Kelly (sax tenore); Emad Armoush (voce, ney); Gordon Grdina (oud); Jesse Zubot (violino, elettronica); Tim Gerwing (darbuka); Tommy Babin (basso elettrico); Kenton Loewen (batteria); Liam McDOnald (riq).
Esfahan: Faraz Entessari (tar); Fabio Tricomi (tombak, dayere zanghi, barbat).
In the Shadow of the Song:
Vardan Grigoryan (duduk, zurna); Nerses Grigoryan, David Minasyan (duduk); Alik Peloshyan, Avetis Yepremyan, Souren Grigoryan (dhol); Norair Kartashyan (daf). Night Prayer:
Umakant Gundecha, Ramakant Gundecha (voce); Akhilesh Gundecha (pakhawaj).
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