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Vinicius, poeta dell'incontro

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La canzone d'autore è fenomeno ormai sufficientemente attempato da poter celebrare i suoi primi centenari: ci sono già stati Woody Guthrie (14 luglio '12) e Charles Trenet (18 maggio '13) e a breve toccherà a un altro caposcuola (lui della costola brasiliana), Vinicius de Moraes, poeta, drammaturgo, autore di canzoni non di rado interpretate in prima persona, di fatto una di quelle figure polivalenti che in Italia hanno sempre fatto un po' fatica ad attecchire (mentre la Francia, pressoché contemporaneamente, godeva per esempio del talento di un Boris Vian).

Nato a Rio de Janeiro il 19 ottobre 1913 (lo stesso giorno di Vasco Pratolini), Marcus Vinícius da Cruz de Mello Moraes ha visto ruotare la propria esistenza (in compagnia della bellezza di nove mogli...) praticamente tutt'intorno all'allora capitale del Brasile (fino al 1960, quando è stata soppiantata da Brasilia) fino a spegnervisi non ancora sessantasettenne il 9 luglio 1980. La sua vicenda umana e artistica si è tuttavia intrecciata con svariati altri luoghi, tra i quali l'Italia gode di un ruolo tutt'altro marginale.

La sua vicenda umana narra di origini benestanti, studi in patria (giurisprudenza) e poi a Oxford (letteratura), una carriera diplomatica (primo incarico come vice-console a Los Angeles nel 1946), un notevole successo letterario con Orfeu da Conceição (1954), che nel '59 Marcel Camus traspone per il grande schermo col titolo Orfeu Negro, vincendo la Palma d'Oro a Cannes e, nel '60, l'Oscar destinato al miglior film straniero.

Nel corso della lunga lavorazione del film, Vinicius conosce (fin dal 1956) Tom Jobim, incaricato di curarne la colonna sonora. Ne nasce un sodalizio destinato a partorire una serie di capolavori della canzone brasiliana (e non, viste le innumerevoli riletture che ne seguono in giro per tutto il mondo) che va da "Chega de saudade" a "Garota de Ipanema," "Eu sei que vou te amar" e "Insensatez," ecc. Testi di Vinicius saranno peraltro musicati nel corso degli anni anche dai vari Edu Lobo, Carlos Lyra, Baden Powell (in particolare "Samba Saravah," che nella versione francese di Pierre Barouh compare nel 1966 nella colonna sonora di Un uomo, una donna di Claude Lelouch, a sua volta Palma d'Oro e Oscar come miglior film straniero) e soprattutto Toquinho.

È proprio il chitarrista nativo di San Paolo, più giovane di ben trentatre anni, il principale tramite di Vinicius con l'Italia a partire dai tardi anni Sessanta (ricordiamo il golpe militare del '64 che porta ad espatriare per periodi più o meno lunghi molti dei più bei nomi della vita culturale e artistica brasiliana). È il 1969 quando i due partecipano, a Roma, all'album La vita, amico, è l'arte dell'incontro, con Giuseppe Ungaretti, che declama sue traduzioni di versi di Vinicius, e Sergio Endrigo, che ne interpreta una serie di canzoni (fra cui la celeberrima "La casa," di cui Vinicius è autore di testo e musica) tradotte in italiano da Sergio Bardotti, un grande amico del Brasile che dell'opera è il principale collante (oltre che produttore).

È invece del 1976 l'altro caposaldo della produzione demoraesiana in Italia, di cui stavolta Toquinho figura anche come cofirmatario (della Vita, amico, è l'arte dell'incontro era semplicemente il chitarrista), accanto ovviamente a Vinicius, e a Ornella Vanoni. Ci riferiamo a La voglia la pazzia l'incoscienza l'allegria, sempre con in cabina di regia Bardotti, il cui ruolo non è meno rilevante di quello giocato sette anni prima: suoi svariati testi, a iniziare dal brano che dà il titolo al disco, in cui Vinicius compare in voce, nonché come autore -una volta tanto -soprattutto delle musiche (con Toquinho, naturalmente, e poi Jobim, Baden Powell e altri).

L'anno prima, cioè nel 1975, Vinicius de Moraes è stato frattanto il secondo Premio Tenco (dopo Georges Brassens) nel prestigioso palmares del club fondato nel '72 da Amilcare Rambaldi. Il 1978 lo vede invece compiere un lungo tour europeo ancora in compagnia di Toquinho. Si sposa anche per la nona volta, ma proprio rientrando dall'Europa, alla fine del '79, viene colpito da un'ischemia cerebrale mentre si trova in aereo. Sembra riprendersi, ma in primavera ha una ricaduta, mentre è a casa di Toquinho, a San Paolo. Viene operato, pare faticosamente risalire la china, ma la mattina 9 luglio è vinto da un edema polmonare.

Da allora la sua è una presenza serpeggiante entro la migliore canzone d'autore internazionale (e la poesia, e la musica), vuoi per le continue rivisitazioni dei suoi brani, vuoi per ciò che Vinicius rappresenta come emblema, come icona, se vogliamo; l'icona di un qualcosa che risulta mirabilmente sintetizzato nel titolo dell'album con Endrigo e Ungaretti: la vita come arte dell'incontro. È questa, fra l'altro, la massima che proprio il Club Tenco ha fatto da subito propria, come ben ricorda Antonio Silva, storico presentatore della relativa rassegna, in una bella intervista apparsa sull'ultimo numero di Art App, sfizioso quadrimestrale di "arte, cultura e nuovi appetiti."

E proprio il Premio Tenco, nel corso della sua ultima edizione, svoltasi a Sanremo ai primi di ottobre, ha reso omaggio al poeta con un incontro pomeridiano (il 2 ottobre) illuminato dalla chitarra di Armando Corsi e dalla voce di Jade. E un altro binomio, quanto mai brillante, ha di recente riportato agli onori delle cronache (se ce ne fosse bisogno) l'arte di Vinicius rileggendo il suo (nonché di Baden Powell per la parte musicale) "Canto de Ossanha." Stiamo parlando di Hamilton de Holanda e Stefano Bollani nel bellissimo O que serà (ECM).

Gli spunti per tornare una volta di più su un personaggio di tale spessore nel centenario della nascita ci sembra proprio che non manchino.

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