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Lawrence D. "Butch" Morris: Verona
ByIl doppio Verona, confezionato dall'italiana Nu Bop, ci riporta alla metà dei Novanta, alle Conduction numero 43 e 46 che andarono in scena sul palco del Teatro Romano a un anno e un giorno di distanza: The Cloth il 26 giugno del 1994, Verona Skyscraper il 27 giugno del 1995. Le due formazioni allestite si assomigliano parecchio, anche se le differenze ci sono e si sentono. Per la prima esibizione Butch calò in riva all'Adige con alcuni fedelissimi, ai quali si aggiungessero il pianista Riccardo Fassi, il violista Stefano Montaldo e l'oboista Mario Arcari. Per la seconda furono confermati quattro dei cinque newyorchesi utilizzati l'anno prima (il quinto, Bill Horvitz, prese il posto di Brandon Ross), con l'aggiunta, stavolta, di sei musicisti veronesi. Come sempre accade quando di mezzo ci sono gli "autoctoni," la 46 fu preceduta da alcuni giorni di prove, necessari per far digerire a chi non lo conosceva il linguaggio gestuale che Morris utilizza per "suonare" l'orchestra.
The Cloth è il pezzo pregiato del doppio. I 55 minuti e passa della Conduction sono stati suddivisi in cinque tracce per facilitarne l'ascolto. Due, tra i tanti, gli aspetti che colpiscono. Innanzitutto la brulicante e tumultuosa vitalità delle dinamiche musicali. L'impressione è quella di avere a che fare con qualcosa di vivo, un essere dalla struttura molecolare altamente instabile. Inutile cercare di afferrarlo o intrappolarlo: in un modo o nell'altro riesce sempre a sfuggire, a scomporsi e ricomporsi in una serie infinita di soluzioni e figure. Passaggi nervosi e tellurici si alternano a improvvise aperture, dissonanze di matrice eurocolta lasciano spazio a pittoresche distensioni.
L'altro aspetto che merita un appunto è la tavolozza timbrica. Una viola, due violoncelli, un vibrafono, un oboe, due pianoforti, l'arpa camaleontica di Zeena Parkins, le percussioni coloratissime di Le Quan Ninh, la chitarra elettrica di Brandon Ross, il trombone e l'effettistica di J.A. Deane: i colori non mancano. Il clou della Conduction, e dell'intero disco, sono la quarta e la quinta traccia. "Omega" pare rubata a un Filmworks di John Zorn, mentre la deliziosa "Long Goodbye" guarda verso Oriente: la colonna sonora che Ryuichi Sakamoto non ha mai scritto per il film che Nagisa Oshima non ha mai girato. Brividi nipponici.
Più "convenzionale" Verona Skyscraper. I quattro fiati donano all'impasto un umore più terroso e sanguigno, per certi versi familiare. Siamo sempre a livelli molto alti, e quanto detto poche righe sopra riguardo a vitalità e tumulti resta valido. Manca, rispetto alla strepitosa The Cloth, un pizzico di poesia. Non mancano, invece, i passaggi memorabili. Su tutti un lungo e placido scambio tra chitarra e pianoforte in apertura di "Crossdresser," sporcato, di tanto in tanto, da brutali strappi dell'orchestra. Notevoli anche le deflagrazioni che sconquassano i 23 minuti di "Testament": maestosi unisono dei fiati sorretti dal martellare delle percussioni e dalle trame oscure dei pianoforti.
Che si diceva all'inizio? Ah, si: di Butch Morris non ce n'è mai abbastanza.
Track Listing
The Cloth 1. The Cloth - 5:44; 2. Via Talciona - 22:32; 3. Dust to Dust (part 1) - 9:59; 4. Omega - 9:49; 5. Long Goodbye - 7:02. Verona Skyscraper 1. Skyscraper Mutiny - 11:41; 2. Crossdresser - 13:23; 3. Testament - 23:44.
Personnel
Myra Melford
pianoThe Cloth Riccardo Fassi e Myra Melford (piano), Zeena Parkins (arpa), Mario Arcari (oboe), Stefano Montaldo (viola), J.A. Deane (trombone ed elettronica), Brandon Ross (chitarra), Bryan Carrot (vibrafono), Martin Schutz e Martine Altenburger (violoncello), Le Quan Ninh (percussioni). Verona Skyscraper J.A. Deane (trombone ed elettronica), Stefano Benini (flauto), Marco Pasetto (clarinetto), Rizzardo Piazzi (sax contralto), Francesco Bearzatti (clarinetto basso), Zeena Parkins (arpa), Myra Melford e Riccardo Massari (piano), Bill Horvitz (chitarra elettrica), Carlo "Bobo" Facchinetti (batteria), Le Quan Ninh (percussioni).
Album information
Title: Verona | Year Released: 2012
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