Home » Articoli » Interview » Tra rarità e futuro: alla Porter Records la musica creat...

Tra rarità e futuro: alla Porter Records la musica creativa è di casa

Poche righe bastano, nel sito web dell'etichetta, per riassumere la filosofia della Porter Records: "creata per l'appassionato di musica che crede che si possa trovare ottima musica in ogni genere. Jazz, hip hop, elettronica, internazionale, sperimentale e inclassificabile, tutto trova casa alla Porter Records".

Fondata da Luke Mosling e già con un catalogo piuttosto corposo per la giovanissima età, la Porter è davvero un'etichetta figlia dei nostri tempi, tempi nei quali l'attenzione degli appassionati alle ristampe più rare si affianca al desiderio che lo spirito di ricerca e di sperimentazione dei decenni passati venga portato avanti da altri musicisti.

Ne esce così un catalogo nel quale accanto a dischi recuperati dall'oblio ritroviamo ristampe di improvvisatori afroamericani come Byard Lancaster, Joe Chambers o Khan Jamal e dischi nuovi di artisti noti e meno noti, da Henry Grimes e Rashied Ali a Heikki Sarmanto, da Odean Pope a Nate Wooley, passando per autori italiani giovani come Valerio Cosi o Fabio Orsi.

Oltre a recensire alcune delle ultime uscite, abbiamo raggiunto Luke Mosling per conoscere qualcosa di più di questa etichetta e per capire cosa spinga un giovane appassionato a credere ancora in una label in uno scenario nel quale il formato disco e lo stesso concetto di "comprare" della musica sta attraversando una profonda crisi [anche se su questo punto la risposta di Mosling, come leggerete, aggira elegantemente la questione].

All About Jazz Italia: Com'è iniziata l'avventura della Porter Records?

Luke Mosling: Nel 2005 un amico è venuto in possesso di un vinile dal titolo Natural Food; così ha pensato di chiamarmi e mi ha detto che il disco era così bello che bisognava che qualcuno lo ristampasse. Per scherzare gli ho detto che lo avrei ristampato io, ma lui si è messo sul serio sulle tracce del produttore originario, Mait Edey (che gestiva la Seeds nei primi anni Settanta) e un paio d'anni dopo ecco pronto il CD insieme a quello di Birigwa e a Moonflower di Heikki Sarmanto!

AAJ: Come scegli i dischi da produrre o ristampare?

L.M.: Quando ho avviato la Porter Records, ho spulciato la mia collezione di dischi e ne ho tirato fuori una piccola pila di vinili che mi piacevano e che non erano mai stati ristampati: nel mucchio spiccavano Tapestry di Ted Daniel [foto in basso], New World di Joe Chambers e Live at Macalester College di Byard Lancaster che sono state le prime ristampe della Porter.

Molti musicisti che incidono per la Porter si conoscono tra di loro e questo significa che quando prendi contatto con uno di loro e lui si fida, è facile poi estendere il contatto anche a altri.

Uno dei primi che ho contattato è stato Byard Lancaster, che è stato preziosissimo anche dal punto di vista promozionale: come vecchio amico di Khan Jamal e Odean Pope, mi ha permesso di conoscerli, Khan poi ha suonato su Tapestry di Ted Daniel e così via... tanto che ora Ted e io stiamo lavorando alla realizzazione di una vecchia registrazione del 1969 con la sua prima band, i Brute Force.

AAJ: Parliamo un po' dei dischi in catalogo: dove diavolo hai scovato Birigwa e Natural Food?

L.M.: Sia Natural Food che Birigwa arrivano attraverso Mait Edey e la sua etichetta, la Seeds. Mait è stato lontano dall'ambiente musicale per un sacco di tempo ed era estremamente sorpreso che ci fosse qualcuno interessato a quello che aveva prodotto 35 anni prima!

AAJ: Byard Lancaster [nella foto a destra] & Odean Pope, una coppia di sassofonisti molto sottovalutata, non trovi?

L.M.: Sfortunatamente sono sottovalutati, ma alla fine sono ancora riconosciuti nel mondo del jazz: è un mondo nel quale è davvero dura tirare avanti, specialmente di questi tempi e dal momento che non è poi così vasto: prova a fermare qualche passante e chiedergli di dirti il nome di qualche jazzista, se sei fortunato ne sa nominare tre o quattro, ma spesso nemmeno arriva a tre!

AAJ: Mi interessa molto sapere qualcosa di più su Heikki Sarmanto: come sei entrato in contatto con la sua musica?

L.M.: Mi sono inbattuto in Heikki grazie a Craig Herndon e Lance Gunderson che avevano suonato nel disco Natural Food. Sia Craig che Lance avevano suonato in Finlandia con Heikki all'inizio degli anni Settanta e un giorno Heikki, che vive a Helsinki, mi ha chiamato e abbiamo iniziato a parlare di musica. Chiacchierando è venuto fuori che la suocera di Heikki sta a venti minuti da casa mia qui a Orlando, in Florida e che lui sarebbe venuto a trovarla nel giro di qualche settimana. Così quando è venuto qui è passato anche a farmi visita e mi ha portato una borsa piena di suoi vecchi dischi che abbiamo ascoltato per un intero pomeriggio.

È stato allora che ho ascoltato per la prima volta il disco Moonflower: devo ammettere che non avevo mai sentito il suoi dischi degli anni Settanta per la EMI, ma solo dalla copertina ero certo di volerli ristampare. Così, quando alla fine sono riuscito a sentire quei dischi per la EMI, sono impazzito: in quel periodo ascoltavo un sacco di free e spiritual jazz americano, ma anche jazz inglese e tedesco e la Finlandia era per me qualcosa di pressoché sconosciuto, il che ha reso il tutto ancora più eccitante. Sto lavorando anche alla riedizione di alcuni lavori di Eero Koivistoinen e Vesa-Matti Loiri.

AAJ: Le ristampe Porter coprono un periodo del jazz, quello degli anni Settanta, spesso oggetto di fraintendimenti, con il suo mix di funk, free, improvvisazione, localismi: che cosa ti attrae di questa musica e quali caratteristiche della musica di allora pensi siano ancora rilevanti?

L.M.: Nello stesso periodo nel quale mi ero appassionato di jazz, ho incominciato anche a ascoltare un sacco di musica elettronica vecchia e nuova, cosicché, alle mie orecchie, il jazz elettrico degli anni Settanta non è mai suonato particolarmente strano. Con il senno di poi è un po' ridicolo quando leggi quei vecchi articoli di puristi jazz che se la prendono con i musicisti free degli anni Sessanta o quelli fusion del decennio successivo. La domanda che io ti pongo è: dall'inizio del Novecento, quando mai la musica è rimasta ferma? E d'altronde nella musica di oggi, anche nell'hip-hop o nel pop più commerciale, ci senti molte più sonorità jazz anni Settanta che non di jazz tradizionale.

AAJ: Parliamo ora del tuo rapporto con l'Italia: hai ristampato alcuni lavori splendidi di Valerio Cosi e scorrendo la lista delle prossime uscite troviamo i nomi di Becuzzi & Orsi o di Giannico...

L.M.: Valerio Cosi è stato il primo musicista italiano a mettersi in contatto con me: mi ha spedito cinque CD-R e sono rimasto molto colpito dal suo lavoro, perché nonostante il suo stile principale sia jazz, nella sua musica puoi trovare le tracce di moltissimi altri generi. Una traccia di Valerio ha elementi psichedelici e magari quella dopo riecheggia sonorità orientali. Valerio mi ha poi messo in contatto con Zenlo e Fabio Orsi. In Zenlo ho trovato diversa musica inedita del passato, che come sai è la ragione principale dell'etichetta: Zenlo trae influenza dal rock progressivo, dal free e dal krautrock e li intreccia in una specie di strano frullatore cosmico. Francesco Giannico è un altro grande musicista giovane italiano e crea dei paesaggi sonori mozzafiato con l'elettronica, gli strumenti acustici e i field recordings.

AAJ: L'attenzione del pubblico specialistico [del noise, dell'elettronica, di quel che è] è in continua crescita, ma come portare questa musica anche a un pubblico più generalista?

L.M.: Internet ha reso molto più semplice per tutti accedere all'avant jazz e alla musica sperimentale: con la mente torno a quindici anni fa e alla mia passione per Sun Ra che grazie al cielo è stata supportata dalle ristampe della Evidence, ma all'epoca oltre al CD e alle scarne note di copertina, era arduo saperne qualcosa di più. Ora prova a digitare Sun Ra su Google e puoi trovare tutto quello che desideri. Quando non si è preparati, l'avant jazz e la musica sperimentale sono un boccone non facile da digerire per la maggior parte delle persone e questo è il motivo per cui non spingo troppo la musica verso situazioni nella quale non sarebbe ben recepita.

Una volta mi è successo di essere dal dentista e chissà come dallo stereo è uscito Ascension di John Coltrane: mentre io ero felicissimo, la ragazza che mi faceva la pulizia dei denti sembrava molto infastidita e davvero non è il caso che chi sta mettendo le mani sui tuoi denti sia infastidita, no?

AAJ: Hai parlato di internet e questo ci porta a uno dei temi di maggiore attualità, quello del downloading che sta mettendo in difficoltà il mondo del disco.

L.M.: Personalmente non scarico musica, ma non ho problemi a renderla disponibile per coloro i quali la preferiscono in quel formato. Ho letto decine di articoli e libri contro il downloading, ma credo che non abbia tanto senso lottare contro questo, dal momento che le persone fanno poi quello che credono e io sono felice quando la gente compra della musica, indipendentemente dal formato.

AAJ: Che cosa stai ascoltando in questo momento e quali artisti vorresti produrre nel prossimo futuro?

L.M.: Per quanto riguarda i miei ascolti, beh, posso dirti che sto ascoltando la ristampa Flying Dutchman di Flight for Four del quartetto di John Carter & Bobby Bradford. La maggior parte del jazz che ascolto è degli anni Sessanta e Settanta, cose di Andrew Hill, Horace Parlan, Albert Ayler, John Patton, Charles Tyler, Bobby Hutcherson, Sun Ra o Herbie Nichols, così per farti qualche nome. Certamente c'è del fantastico jazz sperimentale fatto oggi, basta incuriosirsi e cercare, dal momento che le etichette più grandi non sanno nemmeno di cosa stiamo parlando. Gran parte della mia giornata la passo ascoltando demo, ci sono artisti che mi mandano cinque o dieci CD-R per volta e magari di cose interessantissime, cerco sempre di ascoltare tutto.

Se poi mi chiedi con quali artisti vorrei lavorare in futuro, beh, la porta è aperta, basta che la musica sia buona.

Tags

Comments


PREVIOUS / NEXT




Support All About Jazz

Get the Jazz Near You newsletter All About Jazz has been a pillar of jazz since 1995, championing it as an art form and, more importantly, supporting the musicians who make it. Our enduring commitment has made "AAJ" one of the most culturally important websites of its kind, read by hundreds of thousands of fans, musicians and industry figures every month.

Go Ad Free!

To maintain our platform while developing new means to foster jazz discovery and connectivity, we need your help. You can become a sustaining member for as little as $20 and in return, we'll immediately hide those pesky ads plus provide access to future articles for a full year. This winning combination vastly improves your AAJ experience and allow us to vigorously build on the pioneering work we first started in 1995. So enjoy an ad-free AAJ experience and help us remain a positive beacon for jazz by making a donation today.

More

Popular

Read Take Five with Pianist Irving Flores
Read Jazz em Agosto 2025
Read SFJAZZ Spring Concerts
Read Bob Schlesinger at Dazzle
Read Sunday Best: A Netflix Documentary
Read Vivian Buczek at Ladies' Jazz Festival

Get more of a good thing!

Our weekly newsletter highlights our top stories, our special offers, and upcoming jazz events near you.