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Henry Threadgill Zooid: This Brings Us to Volume II

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Henry Threadgill Zooid: This Brings Us to Volume II
Che Henry Threadgill sia uno dei compositori più originali e significativi della musica del nostro tempo non lo si scopre adesso e non lo si scopre necessariamente con questo disco [ma qualsiasi punto di approdo al suo mondo è estremamente interessante in una carriera dal segno formale così importante]: dagli inizi degli anni Settanta, attraverso le esperienze del trio Air e del Sextett, tra grandi pause e evidenti idiosincrasie nei confronti di un ambiente - quello del "jazz" - che si muove inevitabilmente con altre logiche, il sassofonista di Chicago ha saputo tracciare un disegno espressivo che meriterebbe di stare nei grandi festival di musiche contemporanee.

Già, perché il rigore compositivo e la emozionante trasversalità del processo creativo di Threadgill sono [sarebbero, viene da dire, stante la cronica avversione dell'ambito contemporaneo/accademico verso esperienze di tradizione improvvisativa afroamericana] un esito che avrebbe parecchio da dire a molti autori, anche giovani, impelagati in una scrittura involuta e autoreferenziale, nonché estremamente arida dal punto di vista dell'impatto comunicativo.

Questo secondo volume di This Brings Us To proviene dalla medesima seduta di registrazione del Volume I e non può che confermare l'altissimo livello di questa musica: gli Zooid sono un organico [ma potremmo tranquillamente definirlo organismo] che si muove al meglio nel disegno piramidale e mobile della scrittura di Threadgill, con alla base la batteria di Elliot Humberto Kavee a scandire asimmetrie e scarti ritmici.

Le due fasce appena sopra, il basso elettrico di Stomu Takeishi e quella di Jose Davila [che alternando trombone e tuba aggiunge un ulteriore mobilità verticale] muovono le rotazioni con incastri mai prevedibili, sostenendo così le linee stranianti della chitarra di Liberty Ellman e, in cima, l'umore melodico agrodolce del flauto o del contralto del leader.

È musica mai semplice, che richiede attenzione e che vive di un nervosismo inquieto, più sottile e per questo più inafferrabile di alcune delle migliori pagine "espressioniste" del Threadgill di vent'anni fa. È musica che attraverso il rigore della concezione compositiva riesce a evocare inquietudini contemporanee dalle ombre anche spaventevoli, quasi una condizione deformata del desiderare sonoro che si mette a danzare con movenze da marionetta spezzata.

Ma è anche forse una delle poche musiche oggi che rifiuta le lusinghe citazioniste e che si muove con una ostinazione vagamente allucinata verso il nucleo rovente del senso. Sublime, ma non dovrebbe essere una novità!

Track Listing

01. Lying Eyes; 02. This Brings Us To; 03. Extremely Sweet William; 04. Polymorph; 05. It Never Moved.

Personnel

Henry Threadgill (flauto, sax contralto); Liberty Ellman (chitarra); Jose Davila (trombone, tuba); Stomu Takeishi (basso elettrico); Elliot Humberto Kavee (batteria).

Album information

Title: This Brings Us to Volume II | Year Released: 2011 | Record Label: Pi Recordings


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