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Storia di un processo evolutivo: intervista a Luciano Biondini
BySe parliamo di musica ciò che fa la differenza non è lo strumento in sé, ma il musicista, è lui che può cambiare la musica in meglio o in peggio, a prescindere dallo strumento che suona.
All About Jazz: La fisarmonica sta trovando spazi sempre più ampi in ambito jazzistico. A tuo avviso per quale motivo?
Luciano Biondini: Senza dubbio è un buon momento, grazie soprattutto a Richard Galliano che è stato colui che ha avviato un processo evolutivo che ha portato la fisarmonica fuori dal suo ghetto, facendola apprezzare a jazzofili che non si sarebbero mai aspettati uno strumento con queste potenzialità. Grazie a lui sono cominciati a uscire non pochi fisarmonicisti, compreso me, che hanno iniziato un percorso nuovo nella musica jazz e oggi stanno contribuendo, ognuno a proprio modo, a tracciare delle strade personali.
AAJ: Pensi che sia una situazione legata al momento, oppure l'interesse verso questo strumento potrà farsi consistente?
L.B.: Dipenderà solo dall'evoluzione musicale di ognuno di noi.
AAJ: Una jazz-band sotto quale aspetto trova vantaggio nell'includere nel proprio organico un fisarmonicista?
L.B.: La sonorità senza dubbio, ma se parliamo di musica ciò che fa la differenza non è lo strumento in sé, ma il musicista, è lui che può cambiare la musica in meglio o in peggio, a prescindere dallo strumento che suona.
AAJ: Hai iniziato il tuo cammino artistico fin da piccolo. Oggi è più difficile che un bambino si avvici a questo strumento?
L.B.: Per alcuni aspetti forse oggi è più facile: quando ho iniziato la fisarmonica non viveva un bel momento, era considerata uno strumento di serie B, i miei compagni mi prendevano persino in giro, gli altri strumentisti mi guardavano con superiorità. Oggi la gente ha rispetto e ammirazione per questo strumento.
AAJ: Sei uno dei migliori fisarmonicisti italiani e sicuramente tra i più virtuosi. Che effetto ti fa tutta questa considerazione?
L.B.: Sicuramente mi rende orgoglioso, ma sono molto concentrato sull'aspetto musicale e credo che la chiave sia lì, essere un grande strumentista è importante, ma per essere un grande musicista serve molto di più della bravura strumentale.
AAJ: All'inizio del tuo cammino artistico hai avuto una figura di riferimento?
L.B.: Sì, ma non un fisarmonicista, anche se ho grande stima e rispetto per tanti di loro. Un musicista molto importante per me è stato senza dubbio Keith Jarrett che reputo in assoluto il più grande improvvisatore, libero da linguaggi codificati e accademici, sempre alla ricerca della melodia, un musicista che concettualmente canta ogni nota che suona e la fa sentire viva come pochi al Mondo. Non mi voglio certo paragonare a lui, ma quando suono cerco sempre di avere questo approccio perché lo sento parte integrante della mia essenza musicale.
AAJ: Nel tuo percorso hai esplorato diversi stili e avuto esperienze di vario genere. Qual è stata quella che ti ha insegnato di più dal punto di vista espressivo?
L.B.: Tutto ciò che ho fatto è stato importante, da ogni esperienza ho imparato e continuo a imparare. La fisarmonica, musicalmente, è uno strumento dalla giovane età, ha bisogno di sperimentazione ed evoluzione, importantissimo è utilizzarlo sotto forme diverse, sia musicali che progettuali. Questo insieme ti dà la capacità di portare alla luce le sue grandi potenzialità.
AAJ: Di recente ti abbiamo apprezzato in duo con Fabrizio Bosso nell'album Face to Face. Com'è nato questo progetto?
L.B.: Grazie a Klaus Widman, direttore artistico del Festival Sud Tirol di Bolzano. Io e Fabrizio eravamo stati invitati al suo festival come ospiti di Noa, fu lui a proporci di fare anche un concerto in duo visto che eravamo lì.
AAJ: Qual è stato l'aspetto più difficile da mediare per sviluppare un dialogo tra fisarmonica e tromba?
L.B.: Musicalmente ci conoscevamo già e abbiamo avuto subito una grande intesa. Devo dire che non ci sono state difficoltà, non sono gli strumenti che ostacolano la capacità di dialogare, ma la natura di un musicista. Poi il tempo e il suonare insieme influsicono, e se c'è un'intesa di partenza migliorano di molto il risultato finale.
AAJ: Un altro artista con il quale hai dimostrato di avere un grande feeling è Javier Girotto, come dimostra l'album Iguazù. Immagino che alla base di questo tipo di collaborazioni ci sia una grande intesa caratteriale.
L.B.: Sono ormai tredici anni che questo duo esiste, ogni concerto è sempre fresco, la simbiosi raggiunta con Javier è il risultato di anni di concerti, di amicizia e grande rispetto che ognuno ha verso l'altro.
AAJ: Anni fa hai dato alle stampe l'album in solo Prima del cuore. Suonare da solo è la dimensione che prediligi?
L.B.: Non è quella che prediligo, mi piacciono tutte le dimensioni, come nella vita, a volte si ha il bisogno di stare da soli, ma poi c'è anche il bisogno di comunicare e stare con gli altri. Quando suono in solo è come fare una passeggiata solitaria, con la libertà di andare dove vuoi.
AAJ: Hai, musicalmente parlando, un obiettivo da raggiungere?
L.B.: Solo poter continuare così. Sono soddisfatto di quello fatto fino a ora e domani vorrei esserlo altrettanto.
AAJ: La situazione del jazz in Italia negli ultimi tempi si è fatta difficile a causa della crisi economica e dei conseguenti tagli operati dai governi. Quale potrebbe essere la soluzione per uscire da questo momento di difficoltà?
L.B.: Purtroppo dipenderà tutto dai buoni propositi di chi ci governerà in futuro, certo è che una buona parte bisognerebbe farla anche noi, l'arte in genere va considerata una ricchezza alla quale non si può rinunciare, cercare di difenderla significa difendere la nostra libertà.
AAJ: Al di fuori della musica hai degli interessi che influenzano il tuo modo di suonare ed esprimere te stesso attraverso lo strumento?
L.B.: La famiglia prima di tutto, con due bambine di otto e tre anni parte del tempo è già loro. Poi amo leggere, mi piace il cinema, viaggiare e ascoltare musica ovviamente.
AAJ: Cosa c'è scritto sulla tua agenda musicale?
L.B.: Fortunatamente ho molte cose da fare, grazie a una collaborazione nata circa due anni fa ho il piacere di suonare Rita Marcotulli, un'artista straordinaria, con lei abbiamo già realizzato due progetti e ne stiamo pensando altri per quest'anno. Poi sto preparando il materiale per il secondo CD in trio con Michel Godard e Lucas Niggli per la Intakt Records e altre cose in cantiere.
Foto di Antonio Baiano (la prima) e Andrea Feliziani (la seconda, la terza, la quarta).
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