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Storia della Fusion
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Storia della Fusion
Vincenzo Martorella
281 Pagine
Arcana
La nuova edizione del saggio sulla fusion di Vincenzo Martorella, pubblicato originariamente da Castelvecchi nel 1998, è molto di più di una semplice ristampa (che già sarebbe stato motivo sufficiente a consigliarne l'acquisto). L'autore ha operato infatti non tanto una revisione del testo originale, lasciato sostanzialmente immutato, ma una corposa espansione ragionata, che aggiorna il discorso sulla fusion alla luce degli anni trascorsi dalla sua prima apparizione, approfittando della pubblicazione di parecchi materiali critici quasi completamente assenti all'epoca, e suggerendo nuove prospettive di lettura del fenomeno fusion.
La tesi di fondo del saggio non è cambiata: la fusion come genere a se stante non esiste più, avendo esaurito il suo ciclo vitale in un ambito temporale ristretto e concluso da tempo; ma il suo lessico è stato assimilato dalle musiche del nuovo secolo, diventando un nuovo elemento a disposizione nelle grammatiche musicali di jazz e pop, generi che aveva contribuito ad avvicinare trasversalmente. Diventata a tutti gli effetti parte del jazz più recente, la fusion è stata finalmente sdoganata anche dalla critica più ostile, consentendo a gruppi come gli Yellowjackets di essere finalmente considerati pienamente jazzistici dopo essere stati per anni tenuti ai margini della scena ufficiale.
Il testo originale non ha quindi avuto bisogno di revisioni, se non di carattere tipografico e pratico (come l'eliminazione dei numeri di catalogo degli album, informazione ormai invecchiata e inutile). Il nucleo originale del libro mantiene immutati i capitoli dedicati all'iniziale tentativo di definizione e storicizzazione del fenomeno fusion, per passare poi ai successivi nei quali vengono analizzate le opere di quelli che sono considerati i gruppi e i musicisti di riferimento, ovvero Weather Report, Yellowjackets, Steps Ahead e Don Grolnick. Segue una panoramica della fusion per area geografica, e una carrellata dei suoi principali esponenti suddivisi per strumento.
Nella lunga postfazione aggiunta per questa riedizione l'autore inizia cercando di aggiornare il discorso critico sulla fusion rivedendo alcune delle posizioni e definizioni di allora alla luce degli anni nel frattempo trascorsi e dei contributi analitici apparsi sulla stampa specializzata. Il nuovo inquadramento storico porta al discorso su cosa sia la fusion oggi. Il capitolo successivo riproduce alcuni articoli originariamente apparsi su varie riviste che raccolgono spunti e riflessioni su aspetti e musicisti in qualche modo legati alla fusion come Jaco Pastorius, David Linx, Joni Mitchell, Michael Brecker, Steely Dan, Django Bates e perfino Elio e le Storie Tese, per finire con un ricordo di Joe Zawinul. Il capitolo conclusivo cerca di fare il punto della situazione odierna, individuando alcuni degli esponenti principali non tanto di un genere, che non esiste più in quanto tale, ma di un linguaggio che ha permeato tante forme contemporanee di espressione musicale. Ecco allora una analisi dei lavori di Snarky Puppy (presenti anche nel nuovo sottotitolo di questa riedizione del volume) e Dirty Loops, un aggiornamento sugli irriducibili Yellowjackets e uno sguardo alle speranze per il futuro con la citazione di alcuni tra i più recenti interpreti come Kneebody, Marius Neset, e la vocalist Lalah Hathaway.
Il volume è naturalmente da considerare un lavoro imperdibile per chiunque voglia avere una base critica per comprendere non solo il fenomeno fusion nel suo complesso, ma soprattutto l'influsso più o meno evidente che ha avuto in tanta musica contemporanea. Martorella conosce bene l'argomento, e la sua analisi rimarrà saldamente a lungo come punto di riferimento critico. Unico appunto, a voler proprio essere pignoli, la mancanza di un indice analitico che avrebbe facilitato la consultazione del testo.
Vincenzo Martorella
281 Pagine
Arcana
La nuova edizione del saggio sulla fusion di Vincenzo Martorella, pubblicato originariamente da Castelvecchi nel 1998, è molto di più di una semplice ristampa (che già sarebbe stato motivo sufficiente a consigliarne l'acquisto). L'autore ha operato infatti non tanto una revisione del testo originale, lasciato sostanzialmente immutato, ma una corposa espansione ragionata, che aggiorna il discorso sulla fusion alla luce degli anni trascorsi dalla sua prima apparizione, approfittando della pubblicazione di parecchi materiali critici quasi completamente assenti all'epoca, e suggerendo nuove prospettive di lettura del fenomeno fusion.
La tesi di fondo del saggio non è cambiata: la fusion come genere a se stante non esiste più, avendo esaurito il suo ciclo vitale in un ambito temporale ristretto e concluso da tempo; ma il suo lessico è stato assimilato dalle musiche del nuovo secolo, diventando un nuovo elemento a disposizione nelle grammatiche musicali di jazz e pop, generi che aveva contribuito ad avvicinare trasversalmente. Diventata a tutti gli effetti parte del jazz più recente, la fusion è stata finalmente sdoganata anche dalla critica più ostile, consentendo a gruppi come gli Yellowjackets di essere finalmente considerati pienamente jazzistici dopo essere stati per anni tenuti ai margini della scena ufficiale.
Il testo originale non ha quindi avuto bisogno di revisioni, se non di carattere tipografico e pratico (come l'eliminazione dei numeri di catalogo degli album, informazione ormai invecchiata e inutile). Il nucleo originale del libro mantiene immutati i capitoli dedicati all'iniziale tentativo di definizione e storicizzazione del fenomeno fusion, per passare poi ai successivi nei quali vengono analizzate le opere di quelli che sono considerati i gruppi e i musicisti di riferimento, ovvero Weather Report, Yellowjackets, Steps Ahead e Don Grolnick. Segue una panoramica della fusion per area geografica, e una carrellata dei suoi principali esponenti suddivisi per strumento.
Nella lunga postfazione aggiunta per questa riedizione l'autore inizia cercando di aggiornare il discorso critico sulla fusion rivedendo alcune delle posizioni e definizioni di allora alla luce degli anni nel frattempo trascorsi e dei contributi analitici apparsi sulla stampa specializzata. Il nuovo inquadramento storico porta al discorso su cosa sia la fusion oggi. Il capitolo successivo riproduce alcuni articoli originariamente apparsi su varie riviste che raccolgono spunti e riflessioni su aspetti e musicisti in qualche modo legati alla fusion come Jaco Pastorius, David Linx, Joni Mitchell, Michael Brecker, Steely Dan, Django Bates e perfino Elio e le Storie Tese, per finire con un ricordo di Joe Zawinul. Il capitolo conclusivo cerca di fare il punto della situazione odierna, individuando alcuni degli esponenti principali non tanto di un genere, che non esiste più in quanto tale, ma di un linguaggio che ha permeato tante forme contemporanee di espressione musicale. Ecco allora una analisi dei lavori di Snarky Puppy (presenti anche nel nuovo sottotitolo di questa riedizione del volume) e Dirty Loops, un aggiornamento sugli irriducibili Yellowjackets e uno sguardo alle speranze per il futuro con la citazione di alcuni tra i più recenti interpreti come Kneebody, Marius Neset, e la vocalist Lalah Hathaway.
Il volume è naturalmente da considerare un lavoro imperdibile per chiunque voglia avere una base critica per comprendere non solo il fenomeno fusion nel suo complesso, ma soprattutto l'influsso più o meno evidente che ha avuto in tanta musica contemporanea. Martorella conosce bene l'argomento, e la sua analisi rimarrà saldamente a lungo come punto di riferimento critico. Unico appunto, a voler proprio essere pignoli, la mancanza di un indice analitico che avrebbe facilitato la consultazione del testo.
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Instrument: Band / ensemble / orchestra
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