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Stefano Bollani Que Bom all'Estate Fiesolana

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Stefano Bollani Que Bom
Estate Fiesolana
Teatro Romano
Fiesole
10.7.2018

A distanza di dieci anni dalla precedente immersione nella musica brasiliana con Carioca, Stefano Bollani convoca nuovamente tre dei suoi compagni di allora —Jorge Helder Rodrigues al contrabbasso, Jurim Moreira alla batteria e Armando Marçal alle percussioni —e aggiunge un altro percussionista —Thiago da Serrinha —per tingere di giallo-oro una musica perlopiù della sua penna.

A differenza di quel lontano lavoro, infatti, questo spettacolo —tratto dall'appena uscito disco Que bom —non si basa su composizioni brasiliane, bensì —come ha detto lo stesso Bollani nel corso del concerto con la consueta ironia —su musiche di "un compositore italiano contemporaneo che usa una ritmica brasiliana." Aperte peraltro da un virtuosistico piano solo, in classico stile Bollani, che ha infiammato subito lo strapieno Teatro Romano di Fiesole —nel quale peraltro il pianista giocava in casa, vuoi perché fiorentino d'adozione, vuoi perché proprio qui ha per anni diretto il festival Vivere Jazz.

L'oltre ora e mezza di concerto ha visto susseguirsi gran parte dei brani inclusi nel disco, da "Galapagos" a "Ho perduto il mio pappagallino," da "Habarossa" ad "Accettare tutto," fino a "La Nebbia a Napoli," nel disco cantata da Caetano Veloso e qui giocoforza interpretata come bis dallo stesso Bollani.

Tra momenti malinconici nei quali l'anima brasiliana emergeva con chiarezza e passaggi lirici nei quali viceversa al centro rimaneva quella mediterranea, la serata è vissuta soprattutto sulle indiscutibili qualità di Bollani, certo non appannate né dal tempo, né dai suoi mille impegni extramusicali. Alla tastiera il pianista è infatti apparso una volta di più vivacissimo, ricco di inventiva e di entusiasmo —suonando, infatti, ballava, saltava e si dimenava senza posa. E le variazioni —ritmiche, cromatiche, dinamiche —cui sottoponeva i temi sembravano interminabili e sempre coinvolgenti.

Il limite —del concerto, ma forse ancor più del disco, visto che la dimensione live ampliava gli spazi creativi —è semmai parso quello di un progetto un po' angusto, di fatto limitato a una "brasileirizzazione" di temi nati dalla passione di Bollani per la canzone italiana degli anni Sessanta e Settanta. Adatto forse a catturare un pubblico "popular" più che gli appassionati del jazz.

Sia chiaro però che —a differenza di tante altre proposte di anche autorevoli jazzisti nazionali —quella di Que Bom è musica jazz, non foss'altro per la ricchezza di variazioni, invenzioni e improvvisazioni che Bollani vi riversa, ma anche —aggiungeremmo —per un sincero e divertito spirito comunicativo, che era una delle chiavi del jazz delle origini (e che forse si è oggi un po' troppo ridotto). Un jazz forse poco sorprendente, ma non per questo di bassa qualità. Un jazz, dunque, che sarebbe ingiusto svalutare, se non altro perché, così proposto, può davvero alzare il livello dell'ascolto di coloro che si recano ai concerti più per il personaggio Bollani che per la musica che suona. Una cosa che, francamente, non si può dire di tutte le proposte del jazz nazionale, spesso assai più patinate e appiattite.

Foto: Andrea Paoletti.

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