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Sergio Caputo Live Tour 2007

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Teatro Italia - Gallipoli (LE) - 19.03.2007

Bisogna dare atto a Sergio Caputo: le sue sono canzoni jazz. Punto. Nessun verso a Fred Buscaglione o a Gorni Kramer, come più di qualcuno ha spesso sostenuto. Il parallelo con la canzone di Broadway, condita però con un gusto della scrittura ironico , surreale, caustico ci sta tutto. Un vero e proprio “Sergio Caputo style”, che il musicista e cantante romano rivendica con un certo orgoglio, come ha dimostrato nel concerto di Gallipoli, quinta data di un tour che ha toccato una decina di città italiane, tra cui Barletta, Milano e Roma.

Da anni residente in California, Caputo torna ad esibirsi in Italia con una certa regolarità. E qui ritrova il suo pubblico di sempre, i trentacinquenni che sono cresciuti con i suoi dischi, da “Un sabato italiano” a “Effetti personali” e - sorpresa - un’agguerrito manipolo di giovanissimi pronti a cantare (e a ballare in platea) tutte le sue canzoni. Segno che il cantautore sta vivendo una seconda giovinezza.

L’inizio del concerto è molto intimo. Voce e chitarra per recuperare “Io e Rino” e “Cimici e bromuro”, canzoni tra le meno battute del suo repertorio. “Spesso i miei fans mi scrivevano e-mails chiedendomi di tornare ad esibirmi in Italia anche solo con la chitarra - dice - e per questo ho pensato ad un regalo per loro, un disco di canzoni in acustico, dal titolo “A tu per tu””. Quando sul palco salgono Giulio Visibelli (sax soprano e flauto), Roberto Nannetti (chitarra), Edu Hebling (basso elettrico) e Mauro Beggio (batteria) l’atmosfera cambia. Il quartetto è una macchina da swing perfetta, precisa, senza sbavature. Il climax che riesce a raggiungere nella delicata ballad “Spicchio di luna” (bellissimo inno all’amore perduto) fa scorrere un brivido lungo la schiena.

Scorrono applauditissime la canzoni che hanno fatto epoca, “Metamorfosi”, “L’astronave che arriva”, “Ma che amico sei”, “Il Garibaldi innamorato”. Il pubblico applaude e canta. Stare dietro al cantante è a volte impossibile: Caputo reinterpreta e reiventa tutto, a tratti dimentica le parole e improvvisa uno scat. Ancora una parentesi molto intima (“Week end, Effetti personali”) e si riprende la corsa con “Italiani mambo!”, “Un sabato Italiano”, “Mercy bocù”, le più recenti “Blu elettrico” e “Briosche, cappuccino”. Nel mezzo del concerto un piccolo saggio dell’esperienza americana: “Guess I miss again”, un mieloso brano smooth jazz tratto dal Cd “That kind of thing” che rifà smaccatamente il verso a George Benson. “Un gioco” come lo ha definito lo stesso Caputo, decisamente trascurabile.

Foto di Barbara Ferocino

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