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Sandro Zerafa - Direttore artistico del Malta Jazz Festival

Sandro Zerafa - Direttore artistico del Malta Jazz Festival
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Il Malta Jazz Festival è uno degli appuntamenti significativi dell'estate musicale in area mediterranea. Ha una vita quasi trentennale e dal 2009 è diretto dal chitarrista Sandro Zerafa, maltese di nascita ma operante professionalmente a Parigi. Come emerge dall'intervista, Zerafa è convinto che un festival jazz può trovare ampi consensi senza uscire dai confini di questa musica. Una politica attenta all'innovazione, dunque, in equilibrio con gli stili che ne hanno caratterizzato la storia.

All About Jazz Italia: Iniziamo dall'ultima edizione del Malta Jazz Festival, che ha ospitato tra gli altri i gruppi Al Di Meola, Antonio Sanchez e Mark Guiliana. Hai incontrato difficoltà a organizzare il cartellone?

Sandro Zerafa: No, non in modo particolare. La sfida di ogni volta è trovare un equilibrio tra un jazz di maggior richiamo e proposte innovative, per così dire "cuttin' edge." Purtroppo da qualche tempo alcuni festival europei includono nei loro programmi gruppi e stili che non hanno niente a che fare col jazz. Lo fanno per attirare il grande pubblico ma è molto triste. È vero che oggi è difficile definire i confini del jazz ma credo che si possa ancora trovare un filo conduttore che dal passato arrivi ai nostri giorni. È importante avere rispetto per la tradizione, come dico sempre in inglese: "One foot in the past, one foot in the future." A Malta in estate ci sono moltissime attività culturali e, anche se le cose stanno migliorando, il pubblico non è particolarmente esposto al jazz. Quindi, lavorando alla programmazione, cerco di trovare soluzioni variopinte, accostando anche stili o gruppi differenti. In passato la stessa sera di Brad Mehldau ho presentato un ensemble di cubani oppure il trio The Bad Plus seguito dalla fusion di Randy Brecker e Mike Stern. La risposta del pubblico è stata enorme. Non mi piacciono invece le serate tematiche come accade in alcuni festival francesi: qui non funzionerebbero.

A differenza di quanto alcuni pensano, io non credo che il pubblico vada accontentato nelle scelte più ovvie. Il pubblico va stimolato ma oggi i direttori artistici hanno paura, non vogliono prendere rischi e il risultato è questa musica, tutta uguale, che sta invadendo ogni festival...Alcuni dicono che non è diverso dagli anni settanta quando c'era il jazz elettrico di Herbie Hancock e Miles Davis ma io dico no, perchè loro mantenevano un forte legame col passato, anche nelle proposte più commerciali.

AAJ: Mi pare che il festival di Malta abbia un consistente contributo pubblico. Non credi che sia un fattore importante per garantire maggiore libertà nelle scelte di programmazione? Intendo dire che una gestione privata pensa essenzialmente a riempire la sala.

SZ: Beh, anche nel nostro caso c'è un po' di pressione. È comunque vero che gli amministratori si fidano di me, anche perchè ho sempre fatto un festival di buon livello artistico. Recentemente è sorta l'esigenza d'incrementare la popolarità del festival e la mia scelta di presentare concerti gratuiti la prima sera e altri, sempre gratuiti a mezzogiorno o delle jam session, va in questa direzione. Rendere un festival popolare non significa modificare il contenuto artistico ma portare la musica più vicina alle persone, creare il pubblico per questa musica. Ovviamente non possiamo fare tutto gratis ma tentiamo di incuriosire, stimolare, l'interesse della cittadinanza e dei turisti ospiti.

AAJ: Restando ai concerti gratuiti pensati per incuriosire ti confermo che hanno fuzionato anche con me. Non conoscevo Munir Hossn ed è stato una rivelazione. Come lo hai contattato?

SZ: Sono un grande appassionato di musica brasiliana e oltre a questo abbiamo amici in comune. Alcuni miei colleghi musicisti mi avevano parlato di Munir che fino a qualche tempo fa viveva a Parigi. Così ci siamo incrociati, l'ho conosciuto e apprezzato. Lui è un artista carismatico che fa una musica molto interessante, che ricorda un po' le cose di Hermeto Pascoal, ed è sostenta dai ritmi del Nordeste. Anche se ha già avuto una bella carriera e collaborato con musicisti come Quincy Jones merita di essere conosciuto di più. Ero presente al suo concerto che ha avuto grande successo.

AAJ: Il tuo essere musicista rappresenta un aiuto per il ruolo di direttore artistico?

SZ: Il fatto di essere un musicista credo che aiuti molto. Conosco bene ciò che accade nel jazz e ho una visione molto chiara di ciò che voglio programmare negli anni successivi.

AAJ:: Da otto anni hai sostituito la prima direzione artistica del festival, quella di Charles Gatt. Puoi tracciare un bilancio del tuo operato?

SZ: Ho iniziato nel 2009 e sono stato chiamato a colmare una gestione triennale piuttosto problematica. Per questioni economiche, il festival jazz era stato affidato a una gestione privata e questo ne aveva rovinato l'anima con una programmazione che aveva poco a che fare col jazz. Quindi mi hanno chiamato per ridare identità al festival e ci fu un avvio grandioso: nella prima edizione ricordo d'aver invitato Brad Mehldau, John Scofield, Eliane Elias, Miguel Zenon eccetera. A parte i musicisti invitati avevo rispettato il formato dell'iniziale gestione di Charles Gatt. C'era però una cosa che mi dava fastidio. Entrando a Valletta nei giorni del festival non ti rendevi conto della sua presenza, come se la manifestazione non appartenesse alla città. Ho così iniziato a programmare concerti gratuiti nelle piazze, masterclass, jam session dando anche molta importanza alla scena locale. Ho fatto ad esempio dei concorsi musicali, degli scambi con scuole musicali europee, tra cui il Centro Didattico Produzione Musica di Bergamo. Prima il festival si esauriva in tre serate di concerti mentre io credo che debba lasciare risonanze nel territorio. Io sono diventato musicista grazie al festival e vorrei che questo possa accadere anche ad altri.

AAJ:: Com'è la composizione del pubblico? Ci sono parecchi turisti suppongo.

SZ: Si, la presenza è alta e sta aumentando. Non ho le ultime statistiche ma il fatto nuovo è che molti scelgono di fare le vacanza proprio nei giorni del festival.

AAJ:: Quale, tra le edizioni del festival che hai diretto, ti ha dato più soddisfazioni?

SZ: Sicuramente la prima edizione, non solo per il livello dei musicisti che ha ospitato ma perchè ha riportato il festival a Malta dopo quella misera parentesi triennale che ti ho detto. Per la comunità di appassionati maltesi il festival era stato qualcosa di molto importante. Io stesso sono partito per Parigi e sono diventato un musicista professionista grazie al festival. Di quell'edizione fu memorabile anche per i musicisti invitati e tra tutte ricordo la magica performance di Brad Mehldau.

AAJ:: Ci sono dei musicisti che ti piacerebbe ospitare nelle prossime edizioni ?

SZ: Ci sono tanti musicisti che amo ma ho difficoltà a invitare in un palcoscenico all'aperto perchè danno il meglio di sé in un club e non sarebbero apprezzati per il loro valore. Ad esempio i gruppi di Mark Turner richiedono quella concentrazione e intimità che una serata con centinaia di persone non permette. Però nel contesto del festival mi piacerebbe tanto ospitare Pat Metheny oppure far ritornare Herbie Hancock ... il problema è che abbiamo fatto venire quasi tutti i migliori...

AAJ:: L'ultima domanda è rivolta al Sandro Zerafa chitarrista. Su cosa stai lavorando, quali sono i tuoi ultimi lavori?

SZ: È uscito qualche mese fa il mio quarto album che s'intitola More Light, pubblicato dall'etichetta francese Jazz and People su iniziativa del giornalista Vincent Bessières. L'ho registrato col mio gruppo comprendente il pianista Yonathan Avishai, che suona anche con Avishai Cohen, il batterista cubano Lukmil Perez-Herrera, che collabora con Jacky Terrasson e il contrabbassista Yoni Zelnik. Poi continuo a collaborare con il collettivo Paris Jazz Underground che è anche un'etichetta ed ha pubblicato i miei due dischi precedenti. Passando ad altri progetti ho appena registrato con la sassofonista Sophie Alour. Poi sono sempre attivo nella musica brasiliana e insegno in un conservatorio alla periferia di Parigi.

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