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Rusconi - Una piccola rivoluzione che viene dalla Svizzera

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Pur senza arrivare alla definizione di una scuola nazionale, il jazz in Svizzera ha sempre rappresentato una presenza attiva e vitale, grazie anche alla vicinanza con Italia, Francia e Germania che ne hanno influenzato lo sviluppo musicale. Per cui non deve stupire l'emergere sulla scena internazionale di musicisti o gruppi svizzeri decisamente interessanti. È questo il caso anche di un trio attivo ormai da una decina d'anni (il primo CD, Scenes & Sceneries, risale al 2004), ma che solo ultimamente ha cominciato a destare l'attenzione della stampa specializzata in modo più deciso e costante, soprattutto con la pubblicazione del nuovo lavoro, Revolution.

Il gruppo assume la denominazione di Rusconi dal nome del pianista, Stefan Rusconi, che però non riveste la figura di leader assoluto; all'interno del trio i ruoli sono perfettamente paritari, sia a livello compositivo che esecutivo, e la compattezza è sicuramente uno dei pregi principali di questa formazione. La loro musica è lontana da quella di un piano trio tradizionale; il jazz vi è presente solo occasionalmente, e la struttura dei brani è più vicina a quella della canzone pop, fatta di melodie semplici e accattivanti, ritmi marcati e incisivi, armonie immediate e non troppo elaborate, perlopiù di breve durata. Il suono è rigorosamente acustico, anche se nell'ultimo lavoro è presente una maggiore elaborazione; ma l'insieme di tutti gli ingredienti dà vita a a un mix indefinibile (loro lo chiamano Uberjazz), gradevole e frizzante, che strizza l'occhio al mondo giovanile senza tuttavia trascurare altre realtà musicali (e relativi pubblici), un po' in analogia a certe cose del trio Medeski, Martin & Wood o di Brad Mehldau alle prese con un repertorio non jazzistico.

Abbiamo avuto l'occasione di rivolgere qualche domanda al pianista del trio (nonché loro portavoce) Stefan Rusconi per approfondire alcuni aspetti della loro musica e del loro ultimo album, Revolution, nell'intervista che segue.

All About Jazz: Puoi dirci qualcosa del vostro background musicale, e di come il vostro trio sia nato?

Stefan Rusconi: Abbiamo tutti studiato musica in Svizzera, abbiamo all'incirca la stessa età, e siccome la scena là è molto ridotta ci siamo incontrati e abbiamo fatto amicizia.

AAJ: Nelle vostre biografie individuali menzionate tutti l'ascolto di molti generi musicali differenti tra loro (pop, rock, jazz, classica). Quali generi e musicisti considerate come le maggiori influenze sulla vostra musica?

S.R.: La musica con un impatto emotivo energico. Può trattarsi di jazzisti come Keith Jarrett, Miles Davis, Paul Bley, John Coltrane o Jason Moran, ma anche gruppi e musicisti come Sonic Youth, Sex Pistols, Flying Lotus, Pink Floyd, Peter Fox o Bonnie "Prince" Billy.

AAJ: Descrivete la vostra musica come "Uberjazz". Qual è il vostro rapporto col jazz, e in particolare col formato del piano trio?

S.R.: Noi tutti abbiamo ascoltato (e lo facciamo tuttora) ogni tipo di musica jazz. In effetti pensiamo che il Jazz giochi un ruolo importante nella maggior parte della musica che ci piace anche se qualche volta può essere etichettata come Folk o Rock o Alternativa. L'interazione di tre musicisti è per noi una situazione ideale per poterci esprimere. Ognuno ha un sacco di spazio per fare le proprie affermazioni ed essere ascoltati dagli altri ed essere ancora in grado di reagire agli altri due. Questo numero dispari ha una simmetria molto ispiratrice.

AAJ: Col vostro album più recente, Revolution, sembrate staccarvi dal jazz per sperimentare con suoni (come il tuo piano preparato) e voci, che ora sono utilizzate preminentemente. Quale direzione musicale avete per i vostri progetti futuri?

S.R.: Il fatto è che siamo interessati a nuovi suoni, ritmi e armonie e che ci piace sperimentare qualsiasi talento la natura ci abbia dato, e siamo sempre felici quando un membro del gruppo porta nuovi input. Abbiamo anche cominciato a suonare strumenti diversi in modo da poterci avvicinare a quello che si potrebbe chiamare il bambino in noi. Fa tutto parte di un viaggio e in realtà non vediamo dove ci stia portando. Il nostro obiettivo è mantenere viva la musica - soprattutto per noi.

AAJ: Parlaci della collaborazione con Fred Frith sul vostro ultimo album. Come vi siete incontrati? Progettate di ripetere l'esperienza con lui, o con altri musicisti?

S.R.: Ci siamo incontrati a Basilea dove lui insegnava e noi stavamo registrando il nostro album. Una sera gli abbiamo chiesto se fosse interessato a provare un po' di musica insieme e il risultato è "Alice in the Sky." In seguito abbiamo fatto insieme uno spettacolo entusiasmante a Zurigo, e faremo altri spettacoli in Germania, Svizzera e forse Italia nel 2014. È un musicista eccezionale con un impatto di grande ispirazione per il nostro lavoro.

AAJ: Avete un atteggiamento differente quando suonate dal vivo o in studio? Quanto è importante per voi la presenza di un pubblico?

S.R.: Amiamo il pubblico, l'atmosfera live, l'eccitazione e il brivido. Il lavoro di studio è molto più focalizzato e fa attenzione a dettagli che non brillerebbero in una situazione live.

AAJ: Puoi spiegarci la vostra filosofia riguardo la distribuzione della musica nell'era digitale, riassunta nel vostro manifesto? Quali sono state le reazioni del pubblico e della vostra casa discografica?

S.R.: Il nostro approccio è che ogni tipo di medium, ogni canale virale ha il suo proprio pubblico. CD, vinile, streaming, download gratuito con donazione libera su Bandcamp, download da itunes, eccetera - e pensiamo davvero che questo funzioni. C'è voluto parecchio per convincere la nostra etichetta partner BEEJAZZ in Francia a provare questo modello. Vedremo dopo qualche tempo se l'esperimento avrà avuto successo. Ma siamo contenti di avere lasciato il nostro accordo con la major Sony e ora siamo in grado di comunicare e connetterci più rapidamente e da vicino con la nostra comunità di fan.

AAJ: Nei vostri concerti dedicate un piccolo spazio all'ascolto della musica di altri da un LP, selezionato a turno da ciascun membro del vostro trio. Il vinile in particolare ha un significato speciale per voi? È collegato al concetto più generale di condivisione della musica, e al vostro manifesto?

S.R.: Sì, amiamo davvero il suono e il formato del vinile, E volevamo rievocare il ricordo dei tempi della nostra adolescenza, ritrovarci con gli amici e ascoltare insieme qualche bel disco. Dividere la musica con gli altri e per mezzo di ciò forse anche ottenere una nuova prospettiva sul materiale condiviso, e avere questa sensazione di godersi la vita insieme.

AAJ: Qual è la situazione generale del jazz in Svizzera? C'è una 'via svizzera' comune al jazz, o solo un mucchio di musicisti scollegati?

S.R.: Dal momento che la Svizzera è molto piccola ma tuttavia ha quattro lingue nazionali e anche regioni culturali la scena è differente, ma ci sono grandi cose in corso nella sua parte francese e nelle città più grandi come Zurigo, Basilea e Berna. Queste città hanno anche Jazz Club ben noti come Moods a Zurigo o Birdseye a Basilea e università musicali che aiutano a creare una scena vivace.

AAJ: Quali sono i vostri attuali progetti di registrazioni e concerti?

S.R.: Registreremo presto un nuovo album, non abbiamo ancora tutte le canzoni ma credo che siamo pronti. Ci saranno altri concerti con questo album in Europa, possibilmente anche in Italia, e forse anche un'altra volta in tour in Corea e Cina in ottobre. Siamo curiosi del futuro.

Foto di Dragan Tasic (Stefan Rusconi)

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