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: Pieces of Treasure

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: Pieces of Treasure
È stata una relazione lunga e tormentata quella tra Rickie Lee Jones e il songbook jazzistico. Una relazione iniziata con le sue prime esibizioni pubbliche, oltre quarant'anni fa, che va avanti alimentata dall'amore, nonostante tutto.

Diciamo questo perché la risposta di pubblico e critica è stata fredda e talvolta feroce. Jazz standards costellano molti suoi album e ne troviamo in particolare in Girl at Her Volcano del 1983 e in Pop Pop del 1991 ma solo oggi con Pieces of Treasure il repertorio è esclusivamente jazzistico.

Nel 1988 il duo col bassista Rob Wasserman in "Autumn Leaves" (Duets, GRP) le aveva procurato una nomination al Grammy come Best Jazz Vocal Performance ma la recensione di Leonard Feather sul Los Angeles Times calò su Pop Pop come una pietra tombale. «Questo coraggioso ma mal concepito sforzo—scrisse il grande critico-è l'ultimo e più basso esempio del crossover tra pop e quasi-jazz. Il timbro di Rickie Lee Jones ha tutta la maturità di una dodicenne che cerca di sembrare adulta. (...) Tutti suoi problemi spiccano come mal di gola: la dizione della bocca marmorea, il fraseggio imbarazzante, i vuoti di intonazione...».

Quei giudizi erano certamente feroci. Prodotto da David Was (fratello di Don, l'attuale presidente della Blue Note) con un cast stellare (Charlie Haden, Joe Henderson, Dino Saluzzi e altri) l'album non aveva chiari intenti commerciali ed è stato il meno venduto della sua carriera.

Riascoltandolo oggi il disco rimane valido, nonostante il tono monocorde e quei limiti tecnici. Coinvolgimento emotivo e grazia erano infuse in "Second Time Around" e "I'll Be Seeing You." Spiccavano l'escursione infantile di "Dat Dere" e la bella tensione colloquiale dell'hendrixiana "Up from the Skies," supportata da Charlie Haden e Robben Ford.

La voce di Rickie Lee Jones non aveva le qualità di una jazz singer e non erano possibili paragoni con le grandi interpreti in ambito d'intonazione, timbro, flessibilità espressiva e timing. Ma Rickie Lee Jones è stata qualcos'altro, non ha voluto mai essere una cantante jazz e la sua interpretazione degli standard nasce dall'appartenenza al grande songbook statunitense che ha costellato la sua infanzia.

In poche parole feeling. Non è un caso che la recente autobiografia Last Chance Texaco resta molto sull'adolescenza e lei si definisce col termine troubadour.

E oggi? Dopo tre decenni Pieces of Treasure offre un prospettiva ovviamente diversa rispetto a Girl at Her Volcano e Pop Pop. Diverso dal patinato pop-jazz oggi di moda.

Con l'età la pronuncia s'è irrobustita, certe inflessioni sono forzate (fino ad apparire sgraziate) e le interpretazioni possono risultare spiazzanti. Anche il riferimento con le sue storiche incisioni s'indebolisce ma sotto la patina delle classiche jazz ballad c'è l'esperienza innovativa e tenebrosa di Ghostyhead, il suo disco più bello degli ultimi anni.

I brani particolarmente riusciti sono più d'uno: la disadorna quanto intensa interpretazione di "Nature Boy," il blues colloquiale "One for My Baby," il palpitante contrasto tra la sua voce e gli archi in "All the Way," l'intima esposizione di "Here's That Rainy Day." La bella conclusione di "It's All in the Game" ci riporta al clima notturno delle ballad condivise con Tom Waits.

Un disco che cresce ad ogni ascolto.

Album della settimana.

Track Listing

Just in Time; There Will Never Be Another You; Nature Boy; One for My Baby; They Can’t Take That Away from Me; All the Way; Here’s That Rainy Day; September Song; On the Sunny Side of the Street; It’s All in the Game.

Personnel

Russell Malone
guitar, electric
Mike Mainieri
vibraphone
Additional Instrumentation

Rob Mounsey (piano)

Album information

Title: Pieces of Treasure | Year Released: 2023 | Record Label: Modern Recordings


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May 3 Fri

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