Gebhard Ullmann: New Basement Research

Il polistrumentista tedesco afferma una personalità di alto livello, in occasione dei suoi 50 anni, che gli suggeriscono di rivisitare parte del suo repertorio abituale con un nuovo organico.

Il clarinetto basso e il sax tenore del leader incrociano il soprano e il baritono di Julian Arguelles (inglese emerso a suo tempo nei Loose Tubes); un ruolo dialettico e propulsivo svolge il trombone di Steve Swell, mentre la ritmica inedita è formata dal basso di John Hebert e dalle percussioni di Gerald Cleaver.

Ullmann coltiva da tempo una poetica di sintesi, che non rinuncia ad alcuna delle conquiste della free music, bilanciate da uno sguardo acuto sul camerismo contemporaneo.

New Basement Research privilegia senz’altro i toni decisi, i ritmi ardenti, il calore delle improvvisazioni simultanee a più voci.

L’eccezione di “Gospel” funge da riflessione storica all’interno di pagine invece pulsanti, evocative al massimo grado del binomio metropolitano Berlin - New York. “Gospel” mette in luce un aspetto intimista di Ullmann, che nel palpitante fraseggiare del clarinetto basso riprende il passo cadenzato di un David Murray, così come diversi passaggi potrebbero appartenere al World Saxophone Quartet con ritmica aggiunta (“Seven 9-8”).

Il collettivo si organizza spesso dopo cadenze solitarie di apertura, che chiamano il gruppo ad intonare riff di notevole fascino, a loro volta veicolo di esposizioni sonore muscolari eppure lucide, razionali.

Tutti i protagonisti danno il meglio: Ullmann come leader, Swell come valore aggiunto e creatore di timbri irresistibili, Arguelles in sortite solistiche e contrappuntistiche esemplari, Hebert come roccia bassistica e sponda dialogica, Cleaver in termini di sottigliezze percussive che nulla tolgono alla forza del suo drumming.

La magmatica e ayleriana “Almost Twenty-Eight” chiude efficacemente un disco che tornerà a lungo nei vostri lettori.

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