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Maurizio Brunod e Giovanni Palombo: due chitarristi eclettici

Per quanto appartenenti a due mondi distinti (quello del jazz per Brunod, quello del folk per Palombo) sono molti i punti di contatto tra i due chitarristi. In primis, la grande apertura mentale che li spinge a esplorare continuamente nuovi territori musicali, senza rimanere rinchiusi in un genere predefinito. Questo si evince anche dalle influenze dichiarate, che per entrambi comportano una cospicua esposizione in età giovanile (ma non solo) al rock progressivo, in aggiunta alla musica folk e alla chitarra fingerpicking per Palombo, e al jazz e musica improvvisata per Brunod. Un altro punto di contatto tra i due è la comune ammirazione per Ralph Towner, il musicista che più di ogni altro ha saputo incarnare la perfetta fusione sulla chitarra di composizione classica e improvvisazione jazzistica. Il suo stile compositivo, legato all'esposizione di una precisa melodia successivamente sviluppata attraverso l'improvvisazione sostenuta da una base armonico-ritmica di grande modernità, rappresenta il modello di riferimento ideale per più di una generazione di chitarristi, come appunto Brunod e Palombo, che si riconoscono nella sua stessa concezione della musica e dello strumento.

Per entrambi, infatti, il tema melodico, possibilmente cantabile, è un punto di partenza imprescindibile delle proprie composizioni, e non soltanto un pretesto come per molti altri musicisti. Questo fatto ha sicuramente favorito la collaborazione tra i due, che hanno subito trovato una base comune su cui lavorare, e che rappresenta lo sbocco naturale di un percorso di avvicinamento reciproco intrapreso dai due negli ultimi anni: infatti, se da un lato Palombo ha notevolmente accentuato gli influssi jazz già presenti nella sua musica collaborando con musicisti come Francesco Lo Cascio, Gabriele Mirabassi e Gabriele Coen, Brunod ha incrementato il suo lato acustico dedicandosi con continuità crescente alla chitarra classica.

C'erano tutte le premesse perché la collaborazione tra i due desse frutti succosi: e dopo qualche breve tour di rodaggio, è arrivato il momento della registrazione, che ha portato alla realizzazione del disco Tandem Desarpa, di cui parliamo più diffusamente nella recensione. Abbiamo inoltre approfondito con i due musicisti, già incontrati singolarmente in un recente passato (vedi qui e qui per le interviste realizzate in quelle occasioni), alcuni aspetti della loro collaborazione nell'intervista doppia che vi presentiamo di seguito.

All About Jazz: Come vi siete conosciuti, e a quando risale il vostro primo incontro?"

Giovanni Palombo: Credo che ciascuno di noi conoscesse l'altro come musicista. Io ho conosciuto la musica e lo stile chitarristico di Maurizio dai suoi CD, ne avevo recensito diversi per la rivista "Chitarre". Mi aveva colpito la versatilità della produzione, che copriva diversi settori: musica jazz, ma soprattutto musica di contaminazione, con numerosi cambiamenti di indirizzo musicale, mentre alcuni CD erano coraggiose produzioni di sola chitarra. In un certo senso un parallelo a quello che accadeva nel mio settore più specifico, il fingerstyle, ma con chitarre di vario tipo, e con un grande lavoro sugli effetti e il suono.

Maurizio Brunod: Ero a Roma in occasione di un mio concerto in solo alla Casa del Jazz tre anni fa circa e in programma c'era anche un intervista per il mensile "Chitarre" che mi fece appunto Giovanni Palombo alla scuola dove insegna.. il CIAK.

AAJ: Come è nata la vostra collaborazione? Di chi è stata l'idea?

G.P.: Maurizio era di passaggio a Roma, mi ha contattato, e abbiamo deciso di fare una serata insieme, scambiandoci via internet gli spartiti. Inoltre io dovevo intervistarlo, sempre per "Chitarre". Ci siamo trovati subito in sintonia per il retroterra musicale comune legato al jazz europeo, e ci siamo subito trovati anche dal punto di vista umano, abbiamo fatto amicizia in poco tempo. Successivamente all'incontro romano, Maurizio mi ha proposto di preparare in modo più approfondito alcuni brani insieme, che avrebbero portato ad alcuni concerti in duo e a una possibile registrazione. E questo è avvenuto puntualmente, circa sei mesi dopo, con la registrazione del nostro CD Tandem Desàrpa.

AAJ: Cosa conoscevi del tuo collega prima del vostro incontro e che opinione avevi di lui?

G.P.: Come dicevo prima, conoscevo Maurizio per la sua attività musicale, i CD recensiti, e mi incuriosiva molto il suo approccio chitarristico, così vario e aperto. Avevo senz'altro una opinione positiva, la sensazione di un musicista che si metteva in gioco, e che amava incontrare la musica degli altri per ricavarne una esperienza di vita, un arricchimento. Nello stesso tempo comunicava un grande slancio energetico, molto propositivo.

M.B.: Sapevo che era uno dei migliori chitarristi nel giro fingerstyle, ma non avevo ascoltato molto di suo, invece lo leggevo da anni sulla rivista "Chitarre," era uno dei pochi che scriveva di musicisti che mi interessavano di jazz/world music.

AAJ: Cosa apprezzi particolarmente di lui come chitarrista e musicista (e cosa invece ti convince meno)?

G.P.: Sicuramente la sua passione e dedizione per la musica, che sfocia nella sua caratteristica versatilità. Mi piacciono molto alcune sue composizioni, sia per sola chitarra che per gruppo, e anche i suoi arrangiamenti per sola chitarra, cito per tutti lo standard "Blue in Green," di cui ha fatto una bellissima elaborazione. Apprezzo (e invidio anche un po'), la sua capacità di lavorare sul suono e sugli effetti. Inoltre ha un approccio molto 'accogliente' quando interagisce con le composizioni degli altri, e mostra sempre molta attenzione a quello che gli altri vogliono esprimere. Quello che a volte fatico a seguire è l'approccio più sperimentale, quando questo prende il sopravvento, ma il problema è più mio, perché la manipolazione 'spinta' dei suoni non è molto nelle mie corde. Però, anche in questo caso c'è un risvolto positivo, che è proprio quello di essere costretto a portare attenzione a una 'zona' della musica che trascuro.

M.B.: La cosa che mi piace di piu' di Giovanni sono le sue composizioni, melodie bellissime e armonie interessanti... bravo!

AAJ: Come è organizzata la vostra attività in duo, in particolare la scelta dei temi in repertorio e l'approccio ai brani?

G.P.: Abbiamo organizzato un repertorio di base, che è poi quello che è contenuto nel nostro CD Tandem Desàrpa, a cui cerchiamo di apportare aggiornamenti, man mano che capitano concerti da fare. C'è anche da dire che nel nostro repertorio ci sono diverse parti di improvvisazione, e ovviamente questo concorre a farci suonare in modo un po' diverso ogni concerto. Chi compone o propone un brano, propone anche una prima idea di arrangiamento in duo, che poi viene elaborata. Suonandolo possono nascere idee nuove, o un approccio diverso, come solitamente avviene quando ti confronti in modo propositivo con un altro musicista.

M.B.: Non abbiamo un vero e proprio metodo, suoniamo principalmente brani nostri nuovi o vecchi, cercando di ottenere un "nostro suono" e una certa varietà di sonorità.

AAJ: Quali sono le principali somiglianze e differenze tra voi nell'approccio alla musica e allo strumento?

G.P.: Come dicevo, c'è il terreno comune del jazz europeo, l'ammirazione condivisa per Ralph Towner ed Egberto Gismonti, per John Abercrombie, John Scofield, Bill Frisell e Pat Metheny (per fare alcuni nomi), l'ascolto del jazz in generale, ma anche della musica classica. Le differenze poi sono legate alla nostra storia personale, il fingerstyle, il blues acustico, e il folk progressive nel mio caso, il jazz più sperimentale e il rock progressive per Maurizio. Questi percorsi individuali hanno creato nella nostra vita musicale delle caratteristiche specifiche, e hanno realizzato il nostro percorso artistico, che emerge ogni volta in cui ti metti in gioco per realizzare un progetto musicale.

M.B.: Abbiamo un approccio allo strumento molto differente, abbiamo suoni e colori diversi, ma questo è anche il bello, il nostro comune denominatore sono forse le nostre composizioni intrise di lirismo e influenze etniche.

AAJ: Pensi che la vostra collaborazione sia più avvantaggiata dalle somiglianze o dalle differenze che esistono tra voi?

G.P.: Secondo me è proprio nell'incontro delle differenze che si crea una sintesi diversa e originale. "Un duo anomalo ma per questo più interessante dei classici incontri tra due chitarre," recita tra le varie belle cose che dice, la recensione di Musica Jazz dello scorso febbraio, e mi sembra che riassuma bene il contenuto del nostro CD. Tra l'altro ci tengo a dire che è stata un'operazione aperta e coraggiosa, perché mette in comunicazione mondi quasi sempre lontani e che non si parlano, quello jazz e quello della chitarra acustica.

M.B.: Be' le differenze sono quelle che stimolano, no?

AAJ: Cosa ti ha dato e come ti ha arricchito questa esperienza in duo?

G.P.: L'interazione con un musicista creativo e pieno di esperienze non può che arricchire la propria esperienza. Questo duo contribuisce ad allargare i miei orizzonti sonori, la mia musicalità, oltre che a stimolare la pratica della musica condivisa, e la gioia e pienezza che da questo può derivare.

M.B.: Arrivando da due background differenti è stato interessante lavorare sui brani con un approccio diverso da quello a cui ero abituato, meno improvvisativo ma piu' scritto.

AAJ: Come vorresti che proseguisse questa collaborazione?

G.P.: Mi piacerebbe riuscire a suonare di più insieme, e in futuro registrare un nuovo CD, magari con qualche ospite in alcuni brani. Comunque a maggio faremo un paio di date a Roma, quindi tenete d'occhio i nostri siti web.

M.B.: Be' speriamo di trovare tanti concerti... poi mi piacerebbe registrare delle cose nuove, vedremo!

AAJ: Hai un messaggio da mandare al tuo partner?

G.P.: ...sto aspettando il Barbera profetico che mi hai promesso...

M.B.: Aooo quando me porti a magna' la coda alla vaccinara?? Ciaoooo!

Foto di Simone Cecchetti (la seconda), Roberto Cifarelli (la terza) e Luca D'Agostino (la quarta)

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