Eleonora Strino Quartet: Matilde

Se cercate un disco "bello senz'anima" (fin dalla copertina, funzionale nonché sufficientemente ammiccante), con questo Matilde l'avete trovato. Vi agisce un quartetto con dentro almeno due elementi di vaglia (Corini e De Rossi) capitanato dalla chitarrista napoletana Eleonora Strino, attraverso otto brani tutti della leader (in un caso in comproprietà col pianista Vignali) a loro volta funzionali e ammiccanti quanto basta, nel senso che toccano corde che ogni ascoltatore avvertirà come sufficientemente familiari da farlo sentire a proprio agio, che si tratti di un appassionato di un jazz rassicurante e ampiamente storicizzato (diciamo così) o di chi pratichi invece itinerari più agili e commestibili.

Perché largamente commestibile questo album lo è dal primo all'ultimo dei suoi quarantotto minuti, inducendo in chi dalla musica—e da un cd in particolare, cioè da qualcosa che rimane, che si tramanda—si attende qualcosa che contenga qualche idea degna di questo nome, almeno un po' originale, magari persino coraggiosa, invece di lisciare semplicemente il pelo all'ascoltatore più generico che esista, un senso di disagio, per ciò che, appunto, dovrebbe sempre essere e invece qui non è mai, non in un passaggio, in una soluzione un po' più identitaria o addirittura ardita.

Il fascino della (pur dorata) banalità, insomma. Per chi ne è ammaliato.

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