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Mantova Jazz 2025: Pianisti in Primo Piano
Courtesy Nicola Malaguti
Auditorium Monteverdi, Teatro Bibiena
Mantova
2-22 novembre 2025
Quattro serate di alto profilo artistico con pieno successo di pubblico, hanno caratterizzato l'edizione 2025 di Mantova Jazz, in una formula che da decenni offre il meglio del panorama internazionale. In questi anni di crisi, dove le amministrazioni pubbliche hanno fortemente eroso i finanziamenti all'arte e alla cultura, l'Amministrazione comunale tiene fede al ruolo di Mantova come città Patrimonio Mondiale Unesco di Arte e Cultura, nella collaborazione con Arci e Circolo del Jazz Chiozzini.
Il nuovo cartellone ha privilegiato i pianisti. Grandi nomi erano ospitati in specifiche serate (Danilo Pérez, Gonzalo Rubalcaba e Shai Maestro) ma anche il concerto d'apertura con Immanuel Wilkins vedeva Micah Thomas alle tastiere, uno dei nomi più innovativi dell'ultima generazione. Altro elemento significativo nel successo dell'edizione è stato il ritorno di due serate nel settecentesco Teatro Bibiena, riaperto dopo il restauro: la bellezza del luogo ha galvanizzato Danilo Pérez, Gonzalo Rubalcaba e i loro partner, che hanno regalato lunghe e avvincenti esibizioni.
Sul versante delle proposte più innovative del jazz contemporaneo la presenza d'Immanuel Wilkins col progetto Blues Blood è stata il fiore all'occhiello. Era l'unica data italiana della formazione, che ha aperto la rassegna il 2 novembre all'Auditorium Monteverdi registrando il tutto esaurito. Rispetto all'organico del disco c'era qualche assenza ma la cosa non ha inciso sulla ricchezza della proposta: erano confermati il pianista Micah Thomas, il batterista Kweku Sumbry, i cantanti June McDoom e Yaw Agyeman. La vocalist Malaya Redding Lapuz sostituiva Ganavya Doraiswamy e il bassista Ryoma Takenaka era al posto di Rick Rosato.
Com'è noto il progetto ha aperto una pagina nuova nell'arte di Wilkins: una maestosa celebrazione dell'identità afro-americana formatasi nel dolore dell'ingiustizia sociale, con brani ampiamente vocalizzati, fondali elettronici e l'eclettico sax contralto del leader a improvvisare. Il magnetico concerto mantovano ha aggiunto al commovente lirismo del disco un nuovo e più intenso fervore. Il solenne "Apparition" introdotto dalla limpida voce di June McDoom ha aperto il concerto creando un clima estatico, dove l'impronta coltraniana si coniugava a suggestioni gospel. Sono seguiti altri brani del disco presentati con nuove soluzioni. Ad esempio il successivo "If That Blood Runs East," introdotto dall'intensa voce di Yaw Agyeman, s'è dilatato per 15 minuti, in una versione ipnotica comprendente un fervido assolo del leader. È stata poi la volta della soul ballad "Dark Eyes Smile" (luminosi assoli di Takenaga, Thomas e Wilkins) e del solenne inno "Matte Glaze," introdotto dall'evanescente canto di June McDoom e seguito dal lungo intervento del sassofonista su un tessuto vocale iterativo.
Il clima solenne ha lasciato il posto al boppistico e swingante "Blues Blood" col lungo e intenso intervento del sassofonista seguito dai suggestivi innesti vocali di Malaya e Yaw Agyeman. È stato questo il momento più entusiasmante del concerto, dove il progetto musicale ha espresso in pieno le sua forte tensione, alimentata dalle radici blues e gospel, da Parker e Coltrane, da Abbey Lincoln e dal tumulto del free. Lunghi applausi di un pubblico in delirio hanno costellato il finale col bis su "Afterlife Residence Time."
Nuovo appuntamento l'8 novembre al Teatro Bibiena con il trio di Danilo Pérez, John Patitucci e Adam Cruz, abbastanza di casa in Italia negli ultimi anni. Sono tre stelle del mainstream jazz, per il valore individuale e l'intenso interplay che manifestano in ogni esibizione. Com'è noto Perez e Patitucci hanno fatto parte per due decenni del quartetto di Wayne Shorter e la loro connessione con Cruz s'è consolidata negli anni. La bellezza del teatro e la consapevolezza di esibirsi nel luogo dove suonò il giovane Mozart ha colpito Pérez ed ha influenzato in qualche modo il concerto.
Hanno iniziato con il tema "Whistle Through Adversity," tinto di atmosfere mozartiane a cui è seguito "Rediscovery of the Pacific Ocean," caratterizzato dal lungo confronto tra il piano rarefatto ed il basso pulsante. Dopo un paio di brani ancora esplorativi, l'anima latina ha orientato il dinamico "Panama Libre," vecchio classico di Pérez ora dedicato alla scomparsa di Jack DeJohnette. Dopo alcuni brani ricercati (tra cui il lirico e descrittivo "Beloved" dedicato alla scrittrice Toni Morrison) il trio ha espresso la sua vena migliore nella seconda parte: un jazz che ha alternato episodi raffinati ad altri dinamici, caratterizzati da smaglianti assoli e vivaci interscambi tra i partner. Tra i momenti più intensi ricordiamo l'intima versione di "'Round Midnight" (che sfumava dolcemente in "Estate"). Bis conclusivo con un coinvolgente brano percussivo panamense, infarcito di lunghi assoli e caratterizzato dalla partecipazione del pubblico. Standing Ovation.
Qualche giorno dopo (mercoledi 12), sempre al Teatro Bibiena, erano di scena il cubano Gonzalo Rubalcaba e il brasiliano Hamilton de Holanda. Un duo piano/bandolim di sfrenata creatività e perfezione tecnica che ha riproposto gran parte del repertorio tratto da Collab, il loro acclamato disco del 2024. In genere chi ama il jazz tende a privilegiare il feeling e l'inventiva alla perfezione tecnica, perché non sempre le due cose coesistono, ma qui siamo di fronte a una magnifica eccezione. L'empatia tra Gonzalo e Hamilton è elevata e neppure la vertiginosa velocità dei loro fraseggi si trasforma in una gara che soffoca la poesia e la ricchezza melodica delle esecuzioni. L'ammaliante fragranza dei loro temi contribuisce alla particolare riuscita delle performance.
Il concerto mantovano è iniziato con la radiosa composizione di João Bosco "Incompatibilidade de genios" esposta nella linea melodica da Hamilton sugli accordi pregnanti del partner, per poi invertire i ruoli nella lunga sequenza improvvisata e creare serrate meraviglie ritmico-melodiche. Sono seguiti "Mandalagh," un brano profumato da tango e "Yolanda Anas," lirico tema di Rubalcaba ricco di delicati confronti melodici. Dopo un amabile colloquio col pubblico in cui ha espresso la sua felicità di stare due giorni a Mantova (e della gastronomia locale), Gonzalo ha presentato "Blues Lundvall," altro tema del repertorio ricco di velocissimi unisono.
L'alternanza tra brani frenetici e altri di toccante lirismo è proseguita fino alla fine. Lo struggente solo di Hamilton nel suo "Flor da vida" e il magico piano solo per Charlie Haden con "First Song" hanno rappresentato momenti centrali del concerto, sviluppatosi in un clima di crescente feeling col pubblico. Finale entusiasmante con tre bis: "Spain" di Chick Corea, il classico "Besame mucho" e "Don't You Worry 'Bout A Thing" di Stevie Wonder.
L'eccellente bilancio della rassegna (alta partecipazione del pubblico e grande musica) ha avuto conferma nell'appuntamento conclusivo con Shai Maestro, il 22 novembre all'Auditorium Monteverdi. Meno conosciuto di quanto dovrebbe, il 38enne pianista israeliano s'è imposto tra i solisti più originali della sua generazione. Dopo 20 anni di attività e una proficua permanenza in ECM, Maestro ha dato una svolta alla sua carriera artistica. Ha lasciato l'etichetta di Monaco per la piccola Naïve Records, debuttando in piano solo con l'intenso Miniatures & Tales. Il concerto mantovano non è stata la trasposizione di quanto inciso nel disco, sia per l'esecuzione di un repertorio in parte nuovo, sia per l'accentuazione dei tratti tumultuosi e percussivi del suo stile. Un aspetto apparso chiaro nella lunga e pregnante libera improvvisazione che ha introdotto la bella linea melodica di "Gloria," il brano d'apertura. A questo sono seguite la toccante e sontuosa esecuzione di "Hallelujah" di Leonard Cohen e il rapsodico "The Dream Thief," caratterizzato dall'incalzante fraseggio e la pregnante ossessività sui bassi della prima parte.
Shai Maestro ha impressionato per la straordinaria padronanza strumentale, le fluenti improvvisazioni che si snodano come animate da un fuoco sotterraneo, sostenute da lunghi arpeggi, possenti clusters e una tessitura ritmica cangiante. Questi aspetti non hanno soppiantato la riflessiva profondità che ha caratterizzato i suoi album per l'ECM e si sono riproposti anche nell'esecuzione di "Stardust." Dopo un altro brano percussivo il pianista, visibilmente emozionato, s'è esplicitamente dissociato dalla "violenza genocida" (testuali parole) d'Israele a Gaza, affermando la sua vicinanza alle associazioni israeliane che si battono per la pace con i palestinesi ed i popoli vicini. Per l'occasione ha interpretato un solenne brano d'impronta concertistica composto 18 anni prima. La serata s'è conclusa con due bis. Il primo era un'improvvisazione dall'articolato e magnetico flusso sonoro, dove la ricercatezza delle soluzioni armoniche e melodiche si coniugava con la tensione percussiva del finale. Il secondo bis ha riproposto "From One Soul to Another," dall'iterativa e ammaliante linea melodica di base.
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